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I giovani calciatori ed il passaggio saltato

Quando perdiamo le battaglie in Italia sappiamo subito, appena un secondo dopo, cosa andava fatto per vincerle (quando perdiamo le guerre invece ci alleiamo con gli avversari). Le battaglie perse in terra sudafricana, con un esercito più impantanato della ritirata di Russia, ha emesso nel day after il rimedio per far ripartire il nostro calcio: puntare tutto sui giovani e che siano ventenni, già i venticinquenni sanno di stantio.


Ragionando sul male e il medicamento suggerito, anzi consigliato a forza, c’è da appuntare una cosa che pochi (nessuno?) ha evidenziato. I ventenni che hanno giocato un buon numero di partite in questi ultimi 3 anni chi sono e come sono messi? Santon, Pato, Balotelli, Poli sono chi per un motivo chi per un altro tutti infortunati. Prendere un ragazzo dalle giovanili e spararlo bello fresco in un tourbillon di partite a rapidissima successione, a cui aggiungere allenamenti pensati per trentenni al massimo della forma e dello sviluppo fisico, può essere un male peggiore. I calciatori di venti anni oggi non sono pronti fisicamente per il calcio contemporaneo(lo dimostra anche la nidiata Juventus che ha avuto per molto tempo Giovinco, De Ceglie e Marchisio infortunati). Sforzarli troppo in un ritmo di partite forsennato procura danni di crescita fisica che li costringe a frenarsi troppe volte, facendogli non solo perdere l’abbrivio della carriera iniziata presto ma influendo negativamente anche sui primi 5 anni di carriera, decisivi per prendere un posto da titolare in una squadra top.


Rispetto al passato, dei due passaggi decisivi per formare i giovani calciatori, uno è rimasto, mentre l’altro, forse ancora più decisivo, è completamente saltato. La formazione fisica e caratteriale attraverso la serie B e la C è un passaggio che ancora viene cercato, nella speranza di non dimenticarsi il giovane lì dov’è. Il secondo step fondamentale invece non esiste più, l’entrata in squadra con calma, giocando a partita iniziata per 15-30 minuti. Con rose enormi e calciatori già formati, che non sopporterebbero essere scavalcati da un giocatore di primo pelo, viene meno questa fase fondamentale per far comprendere al calciatore cosa vuole dire grande calcio, senza spremerlo troppo e subito, lasciandolo in balia degli infortuni.

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