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I concerti di Asolo Musica allo Squero

Quattro ottimi concerti prima della pausa estiva. Protagonisti il Quartetto di Venezia, L’Arte dell’Arco e Mario Brunello

Il Quartetto di Venezia, il primo, storicamente, a collocarsi sulla pedana dell’Auditorium Lo Squero nell’isola di San Giorgio a Venezia, da sempre “Ensemble in residenza”, è ritornato per riproporre, assieme a programmi di autori diversi, l’integrale dei Quartetti per archi di Beethoven (16 più La Grande Fuga), che tanto successo incontrarono nell’edizione inaugurale.

Il programma del primo concerto è iniziato con il Quartetto in Sol maggiore, op.18, n.2 – L’opus 18 si compone di sei Quartetti, completati e pubblicati nel 1801 - , una tonalità spesso impiegata dall’autore per situzioni di umorismo scherzoso. Molto bello, quasi meditativo il secondo dei quattro movimenti (Adagio Cantabile), che mette in risalto il suono sempre più lucido e fresco del quartetto veneziano. Assai brillante lo “Scherzo. Allegro”, dominato dal primo violino, che si lancia, squillante, su un fraseggio tematico del violoncello (un superbo Angelo Zanin).

A seguire il Quartetto in Fa minore, op.95, n.11”Serioso”, ultimo dei cosiddetti ‘Quartetti di mezzo’, composti nel 1810. Il nome di Quartetto serioso, apposto da Beethoven sull’autografo, si riferisce alla coerente severità del contenuto espressivo, mentre prosegue l’esperienza delle Sonate per pianoforte, op. 78 e 81a, dal carattere intimo e dal temperamento romantico.

Una breve pausa prelude al Quartetto in Do diesis minore, op.131, n. 14, composto tra novembre 1825 e luglio 1826, e che rientra fra le opere tarde, com’ebbe a scrivere Fabrizio Scipioni : il vecchio concetto di melodia subisce profonde mutazioni e tutti i temi utilizzati dal compositore si riducono a poche battute. Per quanto riguarda il ritmo e l’andamento dei movimenti non sembra più possibile far riferimento a schemi preesistenti (proprio nell’op. 131 viene fatto un uso molto libero dei tempi e il ritmo è sempre piegato a fini espressivi).

Quello che più mi ha colpito è che si avverte un senso di sospensione/attesa di qualche cosa che sta per accadere (o che potrebbe accadere).

Nel secondo concerto, il QDV ha eseguito altri due quartetti dall’op. 18 : il n. 3 in Re maggiore ; il n.1 in Fa maggiore. E il Quartetto n. 15 in La minore, op. 132 (1825).

Il Quartetto n. 3 è cronologicamente il primo dell’opus, dato che i suoi schizzi risalgono al 1798. Improntato ancora allo spirito settecentesco, il tessuto sonoro è particolarmente trasparente. In quattro movimenti, colpisce il quarto (Presto), in forma di Sonata, che somiglia a una Giga, in 6/8, caratterizzata da bruschi scarti dinamici, da sonorità contrastanti e da un inaspettato pianissimo conclusivo.

Il Quartetto n.1, sempre in quattro tempi, è noto soprattutto per l’Adagio, una pagina patetica e appassionata, per la quale Beethoven avrebbe pensato alla scena shakespeariana di Giulietta e Romeo presso la tomba. Emerge un’espressione carica di pathos, a cominciare dal tema iniziale svolto dal primo violino – il brillante Andrea Vio – sulla pulsazione sommessa degli altri strumenti (il secondo violino, Alberto Battiston; la viola, Marco Paladin e il già citato Angelo Zanin).

Una breve pausa, e i musicisti ritornano, concentrati, per eseguire il Quartetto in La minore, op. 132, n.15. Composto nella primavera del 1825, dopo una lunga malattia, può essere interpretato come un percorso dal dolore, alla malattia, alla felicità della guarigione, secondo le indicazioni del terzo tempo (Canzona di ringraziamento offerta alla divinità da un guarito, in modo lidico).

In questo, come in tutti gli ultimi quartetti, scritti tra il 1822 e il 1826, la successione delle idee, dei temi, delle armonie, segue un filo narrativo diverso rispetto al passato.

Poco dopo essere iniziato il terzo movimento, squilla nella sala silente un telefonino. Il primo violino, innervosito, si ferma, attende di calmarsi e ricomincia l’esecuzione.

Applauditissimi, i musicisti ritornano in pedana per eseguire l’Adagio ma non troppo dal Quartetto op.18, n. 6.

Tra i due concerti alla Cini, il QDV si è esibito al Conservatorio veneziano nel “Concerto per Edmondo Malenotte”(Terni, 1912 – Padova, 1960), pretigioso violinista e docente, alla presenza della figlia Paola.

In programma, il Quartetto op. 18, n. 2 di Beethoven ; l’unico quartetto per archi composto dall’attuale direttore del conservatorio, Roberto Gottipavero (Venezia, 1959), il Quartetto per archi Der Erste (1981), scritto appositamente per il QDV, opera giovanile, in quattro movimenti ; il Quartetto per archi in Do minore, op. 51(1873) di Johannes Brahms.

Dopo gli applausi dei convenuti e prima di un brindisi festoso, i musicisti, come bis, hanno eseguito dal Quartetto K 428 di Mozart il Minuetto – Allegro in Mi bemolle maggiore.

Ritorniamo allo Squero, per ascoltare un concerto intitolato Venezia dimenticata, protagonista il quintetto L’Arte dell’Arco, già ospite allo Squero. Fu fondato nel 1994 da Giovanni e Federico Guglielmo (Padova, 1965), oggi primo violino e concertatore dell’ensemble, ed è completato da Elisa Imbalzano, secondo violino ; Francesco Galligioni, violoncello ; Diego Cantalupi, tiorba e chitarra barocca ; Roberto Loreggian, clavicembalo.

Il titolo dato al concerto, secondo quanto scrive il leader nella presentazione, sta a significare che Venezia in musica non è solo Vivaldi, anche se nell’immaginario collettivo il Prete Rosso ne è diventato il compositore più rappresentativo e quasi iconico. Questo programma si focalizza – con una sola e particolarissima incursione nel repertorio vivaldiano – su quei compositori che in quel periodo gravitavano nell’ambiente musicale veneziano, ma che oggi sono totalmente, o quasi, negletti. E allora spazio a Giorgio Gentili (Venezia, ca.1688 – post 1730) ; Padre Diogenio Bigaglia (Murano, 1678 - Venezia, 1745) ; Tomaso Albinoni (Venezia, 1671 – 1751) ; Antonio Caldara (Venezia, 1670 – Vienna, 1736) ; Benedetto Marcello (Venezia, 1673 – Brescia, 1739) ; Giovanni Reali (Venezia, 1681 – 1751).

Musiche di pregiata fattura, eseguite con competenza e passione hanno deliziato il pubblico presente. In special modo Follia, Trio Sonata in Re Minore per due violini e basso, op. 2, n. 12, di Reali, di singolare ampiezza con ben 17 variazioni, ripetute, in parte, nel bis.

Con il secondo appuntamento de La giusta distanza (il primo risale alla stagione precedente), Mario Brunello ha concluso l’esecuzione del ciclo delle Sonate (n. 1, 2, 3, 4) per violoncello solo di Mieczyslaw Weinberg (Varsavia, 5 dicembre 1919 – Mosca, 26 febbraio 1996), alternandole con le stesse Suites, numericamente parlando, di J.S.Bach.

L’inclito violoncellista di Castelfranco Veneto ha eseguito, nell’ordine, la Suite n. 3 in Do maggiore, BWV 1009, di Bach ; la Sonata n. 3, op. 106 di Weinberg ; la Suite n. 4 in Mi bemolle maggiore, BWV 1010 di Bach ; la Sonata n. 4, op. 140, di Weinberg.

Nella presentazione al Recital, Brunello ha sottolineato che Weiberg, ebreo-polacco, sta vivendo finalmente il suo tempo. Aveva vissuto sempre nell’ombra, oscurato da Dmitrij Sostakovic (San Pietroburgo, 1906 – Mosca, 1975), - di cui era amico sincero, ndr. - . Il suo linguaggio per violoncello solo è originale. Non omaggia la musica di Bach come hanno fatto tutti. Ogni episodio ha il suo tempo.

La terza Sonata è come un episodio teatrale ; come se una persona anziana avesse voglia di raccontare tutti gli episodi della sua vita.

La quarta Sonata appartiene all’ultimo periodo. Ci sono piccoli accenni alla serie dodecafonica, ma alla sua maniera.

Infine, una notazione tecnica : tutti i movimenti che hanno un po’ di allegria sono da eseguirsi con sordina.

Analizzando il titolo, come nel vivere assieme c’è bisogno di tenere una giusta distanza nei rapporti per non ferirsi a vicenda, così nella musica è bene ricercare un equilibrio tra modalità espressive nuove e imperituri linguaggi di un passato imprescindibile (Luisa Bassetto, violinista, dalle note del programma di sala).

Applaudito a lungo, Brunello ha proposto due bis :

Il Preludio n.21 (in tutto sono 24) di Richard Wagner, quale omaggio a Sostakovic ;

la Sarabanda, dalla Suite n.2 per violoncello solo di Bach.

Nell’occasione, il musicista ha suonato uno strumento nuovo (terminato 10 giorni prima), costruito da Filippo Fasser, liutaio di Salò (Brescia).

La stagione di Asolo Musica allo Squero riprende il 26 ottobre alle 16 e 30 con una nuova puntata dell’integrale dei Quartetti per Archi di Beethoven, a cura del Quartetto di Venezia.

Nel frattempo, Asolo Musica promuove i seguenti avvenimenti :

il XXXVI Festival Organistico Internazionale Città di Treviso e della Marca Trevigiana ;

il XXVII Festival Concertistico Internazionale di Vicenza ;

PADOVA URBS ORGANI “Convergenze” ;

Festival Organistico del Pedemonte e del Canal di Brenta.

Da non perdere, ma concluderà la stagione dello Squero, il 19 ottobre Bach e l’Italia – Ramin Bahrami, concerto a Villa Priuli Crisanti (Vicenza), alle 18 e 30, per la giornata delle Ville Venete.

 

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