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Home page > Attualità > I DPCM non sono idonei a limitare le libertà individuali

I DPCM non sono idonei a limitare le libertà individuali

Essi non hanno forza di legge: quindi, anche nello stato d’emergenza, non sono atti a disciplinare i diritti soggettivi sanciti in Costituzione.

Quod Lex voluit, dixit

I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), emanati uno dopo l’altro nel corso degli ultimi due mesi, violano il principio della riserva di legge, ledono il ruolo e le prerogative del Parlamento quale supremo organo legislativo e sono irrispettosi dei poteri del Capo dello Stato. Non è infatti pensabile, neanche in uno stato d’emergenza come quello attuale, ritenere di poter limitare i diritti soggettivi mediante il ricorso massiccio ai DPCM. Essi sono a tutti gli effetti decreti ministeriali, non leggi, cioè fonti secondarie, gerarchicamente inferiori e perciò inidonei a disciplinare una materia delicata quale quella delle libertà individuali. Vero è che la Costituzione prevede agli artt. 16 (libertà di circolazione e di soggiorno) e 17 (libertà di riunione), due libertà alle quali abbiamo dovuto rinunciare in questo periodo, precise limitazioni per comprovati motivi di sanità, sicurezza e incolumità pubblica. Tuttavia, tali limitazioni, che si traducono in precisi obblighi di osservanza da parte dei cittadini, devono scaturire da leggi o atti aventi forza di legge. Perciò le libertà e i diritti fondamentali costituiscono una materia che stricto iure appartiene al potere legislativo esercitabile dal Governo esclusivamente mediante decreti-legge o decreti legislativi. Ciò emerge chiaramente anche dal testo costituzionale: l’art. 16 Cost., ad esempio, stabilisce che “ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge [o decreto legge, o decreto legislativo, ma non DPCM] stabilisce in via generale...”. Si potrebbe tuttavia obiettare che le limitazioni stabilite dal Governo trovino la loro legittimazione nell’art. 32 Cost., che sancisce che “La Repubblica [in questo caso il Governo] tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività...”. Anche qui, però, si ricade nell’ambito dei diritti soggettivi (“fondamentali”, come afferma la disposizione), disciplinabili esclusivamente mediante legge o atto avente forza di legge.

Un ulteriore critica che può essere avanzata rispetto al DPCM è che esso, a differenza del decreto-legge o del decreto legislativo, non coinvolge direttamente né il Parlamento, che non converte l’atto in legge, né il Capo dello Stato, che non lo emana. Di tale atto, infatti, ne è esclusivamente responsabile il Presidente del Consiglio dei ministri. Di contro, il decreto-legge, ai sensi dell’art. 77 Cost., produce sì i propri effetti dal momento della sua pubblicazione, ma il Governo ha l’obbligo di presentarlo il giorno stesso alle Camere, che entro 60 giorni devono convertirlo in legge, pena la perdita di efficacia ex tunc (ovvero dal momento in cui ha prodotto i suoi effetti). Inoltre, ai sensi dell’art. 87 Cost., dopo la conversione in legge da parte delle Camere, il decreto-legge deve necessariamente essere promulgato dal Capo dello Stato. Per quanto riguarda i decreti legislativi, essi sono, ai sensi dell’art. 76 Cost., licenziati dal Governo attraverso un meccanismo di delega parlamentare. In altre parole, entrambe le Camere decidono di delegare il Governo per disciplinare nel dettaglio una certa materia (non coperta da riserva di legge formale, cioè che può essere normata anche attraverso fonti diverse dalla legge parlamentare), fissando principi e criteri direttivi e determinando un tempo limitato e un oggetto definito. Questi rappresentano la c.d. “cornice” entro la quale dovrà operare il Governo. Qualora quest’ultimo dovesse eccedere i limiti fissati dalla legge-delega del Parlamento, la Corte costituzionale potrebbe dichiarare illegittimo il decreto legislativo per “eccesso di delega”. Come i decreti-legge, anche i decreti legislativi richiedono l’intervento diretto da parte del Capo dello Stato, cui spetta emanarli.

Un’ultima critica può essere appuntata a proposito dell’eccessiva decretazione d’urgenza alla quale stiamo assistendo, peraltro utilizzando lo strumento del DPCM. Vero è che stiamo vivendo una crisi senza precedenti e che richiede interventi tempestivi. Tuttavia, il governo, anche in tale situazione, avrebbe potuto optare per lo strumento del decreto-legge che, come stabilisce la Costituzione (art. 76), viene usato proprio in “casi di straordinaria necessità e urgenza” – nonostante da anni si registri un abuso anche quando non vi sia il bisogno di ricorrervi – e che produce immediatamente i propri effetti. “La pandemia non è una guerra – ha affermato in un’intervista rilasciata nei giorni scorsi su Il Dubbio Sabino Cassese, giudice emerito della Corte costituzionale - [e] nell’interpretazione della Costituzione non si può giocare con le parole. Non si può quindi ricorrere all’art. 78”. E, anche in stato di guerra, le Camere conferiscono al Governo i “poteri necessari” (art. 78 Cost.), non i pieni poteri. Perciò, sorge un dubbio: perché il governo ha preferito limitare le libertà individuali ricorrendo allo strumento del DPCM, non coinvolgendo direttamente né il Parlamento né il Capo dello Stato, anche se vi erano, e vi sono tuttora, le condizioni che giustificano pienamente il ricorso ai decreti-legge? Sorge poi una preoccupazione: l’eccessivo ricorso al DPCM per affrontare la pandemia in atto potrebbe rappresentare un pericoloso precedente per futuri governi, i quali potrebbero pensare di utilizzare lo stesso strumento per affrontare crisi economiche e sociali, o solamente per imporre le proprie politiche in determinati settori, anche i più delicati. Pertanto, occorre sottolineare che se risulta comprensibile – e necessaria – una limitazione delle libertà individuali per far fronte alla pandemia in atto, è doveroso che essa sia proporzionata, duri per un tempo determinato e operi nei limiti imposti dalla Costituzione.

 

...quod non dixit, noluit

 

Per approfondire:

- “Il diritto costituzionale d’eccezione”, Gaetano Azzariti, in Costituzionalismo.it, 31 marzo 2020

- “Il premier non era competente”, Domenico Cacopardo, in Italia Oggi, 24 aprile 2020.

- “La pandemia non è una guerra. I pieni poteri al governo non sono legittimi”, intervista a Sabino Cassese di Paolo Armaroli, in Il Dubbio, 14 aprile 2020.

Foto: Governo.it

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