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Guinea 157 massacrati allo stadio, tifavano per la Libertà

E prumisuru libertà, Pi Curpa Da ‘gnuranza. Traducetelo se credete, è italiano anche questo.

Stavo per riportare la notizia della strage a Conakry, in Guinea, poche ore fa, e avevo annotato la cifra di 128 persone uccise nello stadio, trovando anche un video su Euronews dove un manifestante in francese, sì, in Guinea si parla anche il francese per antiche memorie, dichiarava: “Dobbiamo conquistare la libertà. Vogliamo costruire una vera democrazia in questo paese, per questo lottiamo”.

L’informazione seguitava così: ”Davanti all’enorme folla – lo stadio poteva contenere 25mila persone ed era gremito – l’esercito ha cominciato a sparare ad altezza d’uomo. Subito dopo camion militari sono stati visti caricare cadaveri nel tentativo di mascherare l’entità del massacro. Centinaia i feriti e gli arrestati, tra questi anche i leader dell’opposizione Cellou Dalein Diallo e Sidya Touré”.

Poche ore, i corpi ritrovati diventano al momento 157, un dato parziale e ufficioso. Uccise 157 persone dall’esercito governativo nello stadio di Conackry, in Guinea, dove l’opposizione, i manifestanti, si erano organizzati per protestare contro la ventilata candidatura del capo della giunta militare, il capitano Moussa Dadis Camara, alle presidenziali in programma nel prossimo gennaio. Le notizie sono giunte tramite il partito dell’oppositore Sydia Tourè in un comunicato ricevuto dalla Afp a Dakar. La Francia condanna la repressione, gli Stati Uniti si dicono preoccupati, l’Onu “deplora l’uso eccessivo della forza”.

Sui nostri giornali online, la notizia è quasi scomparsa, in altri non è mai comparsa, campeggiano in prima pagina: “Mancino a Brunetta: basta violenza verbale, Annozero il governo insiste. Richiesta verifica è legittima”; Franceschini: "Io il leader"; Mancino a Brunetta: "No violenze verbali minano il prestigio dello Stato; "Nucleare, Iran a Ginevra non discuterà suo programma” e da ultimo, sempre in prima pagina, la straordinaria notizia su un altro stadio: Stadio Franco Sensi: 55mila posti e tribune a pochi passi dal campo.

Vogliono tutti lavorare e serenamente come lo dice anche una signora di nome e di fatto, Serena Dandini, oggi sulla Striscia Rossa de L’Unità: “La censura non è solo chiudere un programma è anche non farti lavorare serenamente su qualunque argomento. Mandare il governo a controllare un programma giornalistico toglie serenità”.

Chiedo alle redazioni della carta stampata e online: chi decide la prima e ultima pagina e le notizie da sopprimere? Forse è meglio parlare di Guido in libertà, piuttosto che di 157 abitanti in Guinea che la libertà l’hanno trovata in uno stadio, ammazzati come mosche, con la morte?

I volti sono di un nero profondo, ne ho conosciuto uno due anni fa, di Conakri, si chiama Marcelline, e abbiamo cantato insieme Pata Pata quando morì Miriam Makeba, che la Guinea la conosceva bene. Fu l’ultima canzone Pata Pata, che cantò a Castel Volturno, per gli ultimi. Poi ci fu un temporale, si scatenò “o pata-pata“.

Pata Pata è il nome di una danza. Mi fa muovere anche i ricordi, altra canzone: “Quello che domandiamo è libertà. Quello che rifiutate è libertà. Quello che non sapete è che noi ad ogni costo ce la prenderemo. Quello che non sapete è che siamo in tanti al mondo. Troppi a volere ancora libertà. Quello che volevamo è libertà. Quello che negavate è libertà. Ora però sapete: è arrivato quel momento. Subito la vogliamo: libertà. Ora però sapete…”.



Uno dei nostri pochi a cantarla, Sergio Endrigo, detto anche il poeta triste, chissà perché, anzi che non l’hanno definito maledetto o uno jettatore. Il testo della canzone venne scritto da Lucignani, ed era il ‘68.

E prumisuru libertà, Pi Curpa Da ‘gnuranza. Traducetelo se credete, è italiano anche questo.





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