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Guerre e catastrofi, ma la Borsa sale

Caos e turbolenze in Africa e Medio Oriente, il Giappone colpito da una catastrofe naturale e nucleare, scoppia la guerra in Libia, eppure le Borse mondiali sembrano viaggiare con cauto ottimismo.

All'apertura della seduta di lunedì 21 marzo, Wall Street ha guadagnato l'1,5% ed i listini europei l'1,76%chiudendo la terza giornata consecutiva di rialzo.
La Borsa americana, dopo le perdite subite a causa del terremoto in Giappone e dal picco del 18 febbraio, ha lasciato sul terreno un modesto 3,3%, anche se nel frattempo è successo di tutto.
 
Tokyo ha recuperato il 2,72%, nel Vecchio Continente Londra ha guadagnato l'1,19%, Parigi il 2,47%, Francoforte il 2,28% e Milano l'1,56%.
 
Anomalo il comportamento degli investitori sui titoli di stato, utilizzati come tradizionale bene rifugio, che lunedì invece sono stati venduti.
 
Potrebbero essere diversi i motivi per un ritrovato buon umore sui mercati (anche se oggi, martedì 22 marzo, si registrano nuovi cali, seppur di lieve entità).
 
Inanzitutto una percezione "diversa" delle conseguenze degli ultimi tragici eventi: la situazione in Giappone sembra più gestibile ogni giorno che passa (in realtà resta gravissimo l'allarme nucleare ed il rischio contaminazione di acqua e cibo), la guerra in Libia non sembra ostica e di lunga gestione come in Iraq o Afghanistan (ma questo è tutto da vedere).
 
Forse una spinta positiva è arrivata dalla notizia della vendita di T-Mobile Usa da Deutsche Telekom ad At&T (che ha trascinato al rialzo tutti i titoli legati al settore delle telecomunicazioni, con il sotto-indice europeo a +3,65%), un'operazione interpretata come un ritorno alla normalità ed alla sana voglia di investire.
 
Sembrerà strano, ma la Storia insegna che è sempre andata così:allo scoppio di una guerra le Borse sono in preda a un'esaltante ondata di acquisti.
E' successo dopo il 17 gennaio 1991: appena partì l'operazioneDesert Storm in Iraq il rialzo a Wall Street fu del 3,7%.
 
Dopo il 24 marzo 1999 (bombardamenti Nato nella ex Jugoslavia) si registrò un +1,7%, e anche il 20 marzo 2003 (+ 2,3% con Iraq Freedom).
 
Con la guerra in Afghanistan, a partire dal 7 ottobre 2001, l'S&P perse inizialmente lo 0,8%, ma a distanza di tre settimane l'indice salì del 3% (nonostante l'Orso dominava i mercati).
 
Ovviamente lo scenario globale non è stabile ed i mercati potranno oscillare ancora per molto.
 
Sullo sfondo restano aperte una serie di questioni: la Banca d'Italia ha quantificato i costi dei danni in Giappone fra i 122 ed i 235 miliardi di dollari (cifra approssimativa e ancora lontana da un dato certo), pari a circa il 4% del Pil nipponico.
 
Il prezzo del petrolio, dopo una leggere flessione, è tornato a salire (nella seduta del 21 marzo il Wti ha chiuso in rialzo a 102,2 dollari ed il Brent a 114,8) e se il Giappone dovesse sostituire l'energia nucleare con l'oro nero, la domanda crescerebbe, secondo i calcoli della Iea, di 200 mila barili al giorno.
infine in Europa la situazione precaria dei debiti sovrani continua a farla da padrona: il Portogallo, sull'orlo di una crisi di governo, per bocca del suo ministro delle finanze ha ventilato l'ipotesi di ricorrere agli aiuti dell'Europa, considerato il peggioramento dei conti pubblici. 
 
Appena un mese fa solo questa notizia sarebbe bastata a creare il panico sui mercati.
 
Il 21 marzo invece, lo spread dei titoli di stato portoghesi sui Bund tedeschi è sceso di 9 centesimi, a 4,32 punti percentuali.
Misteri dell'homo finanziarius.

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