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Grazie Silvio: lo sciopero delle tele-vittime

Il Presidente de Consiglio torna a suggerire uno sciopero dei lettori dei giornali che non riportano, nei modi secondo lui doverosi, le iniziative sue e del Governo.

Potrebbe essere una grande idea: uno sciopero dei telespettatori e, soprattutto, dei consumatori per protestare contro un’informazione televisiva ormai indegna di un paese democratico.

Grazie Silvio: lo sciopero delle tele-vittime

Di ritorno dal suo giro oltre oceano in cui, tra l’altro, ha “riportato a casa lavoro per un buon punto del PIL” - accidenti Silvio, perchè mai sei tornato? Restatene in giro per il mondo, porta a casa altri quattro o cinque punti e usciamo alla grande dalla crisi – l’ineffabile Presidente del Consiglio che Tutto il Mondo C’Invidia ha subito occupato i telegiornali – espressione impropria perché, in fondo, sono già suoi – per spiegare agli italiani, come sempre senza minimo il contraddittorio, la sua visione dello stato delle cose e rassicurarli che, se problemi pure ci sono, possono dormire sonni tranquilli: da oggi ci penserà lui.

 

Tra un invettiva contro le toghe rosse e una smentita alla notizia dei tagli alle tredicesime dei poliziotti, e prima di informare il paese che “la sinistra sa solo insultare”, il Capo del Governo ha, con indubbio coraggio, messo il dito sulla più sanguinante delle piaghe italiane: “Troppo spesso siamo di fronte a un’informazione schierata e a senso unico che non esita a disinformare”.

Basta aggiungervi due sillabe, “te -le”, e l’analisi che il Presidente del Consiglio fa dell’informazione Italiana risulta mirabile per acutezza e sintesi; basta parlare di telegiornali, piuttosto che degli ininfluenti, o quasi, quotidiani, e tutto quel che Berlusconi ha detto diventa incontrovertibile: abbiamo, ormai, dei telegiornali che fanno sembrare quelli dell’era pentapartitica degli esempi di obiettività ed equilibrio.

Viviamo in un’epoca, forse di transizione attendendo il pieno sviluppo della rete, in cui i notiziari televisivi sono ancora il principale strumento d’informazione.

Thomas Jefferson, cui dobbiamo la celebre frase “meglio dei giornali senza governo che un governo senza giornali”, se fosse ancora vivo parlerebbe di telegiornali e ne rileverebbe il ruolo fondamentale nella formazione di quell’informata opinione che, in ogni democrazia che si rispetti, è espressa dai cittadini con il voto.

Questo è, in particolare, la situazione del nostro un paese.

Una larghissima parte dell’elettorato non legge giornali – siamo uno dei paesi OCSE in cui si vendono meno copie di quotidiani, una ogni 11 abitanti – e forma le proprie opinioni di voto esclusivamente in base commenti dei telegiornali; così hanno fatto, secondo i dati del CENSIS, il 69,3% degli elettori che hanno espresso il proprio voto alle ultime elezioni europee. Tale percentuale sale, tra i pensionati, che costituiscono circa il 30 per cento del corpo elettorale nel nostro anziano paese, al 78,7% e, tra le casalinghe, al 74,1%.

L’Italia, in cui il Presidente del consiglio controlla direttamente cinque telegiornali nazionali su sette, è dunque una democrazia “non Jeffersoniana”, ma, con tutto il rispetto per Barack Obama che usò quest’espressione parlando dell’Afghanistan attuale, questo vuole semplicemente dire che non è una vera democrazia.

Per trovare un modo in cui noi, comuni cittadini, possiamo reagire a questo stato di cose, non dobbiamo fare altro che rivolgerci allo stesso Presidente del Consiglio.

Dopo aver così francamente esposto i mali di cui soffre la nostra informazione, rea, tra le altre cose, di non aver dedicato la doverosa, inginocchiata, attenzione ai successi della sua missione diplomatica, da vero uomo del fare qual è, il nostro ha anche proposto una cura: uno sciopero dei lettori per ricordare ai giornalisti, ed ai loro editori, che devono svolgere appieno il proprio compito “di informare correttamente e di controllare il potere”.

Prendendo spunto da quest’idea, perché non cominciare, e subito, uno sciopero dei telespettatori e, soprattutto, dei consumatori?

Chi ritiene che telegiornali come quello diretto da Appelius Minzolini o quello presentato da Emilio Fede siano una lebbra per la nostra democrazia, per far sentire in modo forte e chiaro la propria voce, non ha che da evitare, accuratamente, di acquistare i prodotti delle aziende che utilizzano gli spazi pubblicitari immediatamente prima e dopo queste trasmissioni: tra il dentifricio che ha uno spot a ridosso del TG4 e qualunque altro, deve semplicemente acquistare l’altro.

Basterebbe una diminuzione delle vendite di pochissimi punti percentuali per indurre gli sponsor, che misurano con accuratezza l’efficacia delle proprie campagne pubblicitarie, a scappare a gambe levate dai telegiornali colpiti dallo sciopero dei telespettatori; ad isolare, come meritano, i focolai dell’infezione: nessuna azienda al mondo spenderebbe un solo centesimo per vendere anche solo l’un per cento in meno.

Non possiamo dare voce alle nostre opinioni; facciamo parlare per noi i nostri soldini: scommettete che, finalmente, verremo ascoltati?

Sono sicuro che nessuno tra gli elettori del Presidente del Consiglio avrà da ridire sulla liceità e sulla perfetta democraticità di un comportamento che, in fondo, è stato suggerito dal loro stesso beniamino.

 E’ proprio vero: “Per fortuna che Silvio c’è”.

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