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“Gli uomini di Dio” il film che richiama all’amore scopre un dimenticato bisogno di spiritualità

Il film dal titolo originale “Des hommes et des Dieux”, impropriamente tradotto in Italiano, stupisce, commuove, induce a riflettere sulla vanità ottusa dei nostri giorni.

La piccola comunità di frati cistercensi che vive in un villaggio algerino di montagna è l’esempio più convincente della possibilità di diverse etnie e religioni di convivere senza conflitti, animati dal bisogno di fraternità che è insito nel profondo dell’Uomo. Un vero miracolo reso possibile dalla straordinarietà dell’amore.

L’amore con cui i frati si dedicano alla piccola comunità musulmana che li circonda e ne vengono ricambiati, è speciale. Viene dal riconoscimento che Dio, sia musulmano o  cristiano o altro, è uno soltanto e unisce tutti in una pratica religiosa che va oltre le differenti liturgie. Qui, per gli otto frati del convento e per i musulmani che arrivano da loro per ricevere medicine e farsi curare, c’è un legame d’amore fraterno che viene direttamente dall’amore di Dio.

La vicenda è vera. E’ accaduta negli anni ’90. La strage che nel 1996 un gruppo di ribelli musulmani mai identificati compie sui nove frati, forse per timore del diffondersi di una dottrina che loro uomini di guerra non capiscono, è realmente accaduta.

Il film che a Cannes ha ricevuto il Premio della Giuria è un piccolo capolavoro, un richiamo alla “spiritualità” quasi irresistibile, perché è un invito a ritirarsi dai caotici frastuoni che ai nostri giorni ci bombardano e dai lustrini che anziché attrarre, sgomentano: per vacuità, sfrontatezza, menzogna.

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