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Gheddafi e l’Italia: Il gioco delle parti

L’interessante ballo che un dittatore in turnée riesce a provocare nella classe politica, o presunta tale, in Italia.

E’ Sempre con sorpresa che i cittadini italiani guardano (o perlomeno dovrebbero) alla loro "classe politica". Perché, quando essa sembra aver detto tutto, quando sembra aver toccato il fondo, quando si è armata di pala per scavare anche quello, sa sempre stupire. "Stupefacente", in effetti, è un vocabolo non estraneo a Montecitorio, dove ben si ricordano le inchieste portate avanti dal programma "Le Iene" a questo riguardo. Oggetto odierno che lascia senza parole è la notizia del campeggio del "dittatore in tenda", Gheddafi. Sappiamo bene, infatti, quanto spesso negli incontri internazionali il Premier sia stato vicino a personaggi alquanto, diciamo, discutibili, da Vladimir Putin allo stesso Gheddafi. Quest’ultimo è giunto in Italia con le solite trovate definite, "folkloristiche", ma che di folkloristico hanno davvero poco. In quanto, se Mahmud Ahmadinejad lancia le sue folli invettive contro l’Occidente profetizzando una qualche invasione religiosa ad opera dell’Islam è un criminale, e via con i commenti tra le strade sulla pericolosità dei talebani, sul loro fondamentalismo, sui burqa e blateramenti affini.
 
Se è Gheddafi, compagnuccio del premier, ad annunciare l’Islamismo come futura religione dell’Europa, scoppia uno spettacolo che ha del grottesco, che non sfigurerebbe nel Satyricon di Petronio. Si ha, infatti, un curioso scambio delle parti (le meraviglie del nostro sistema politico), e chi aveva segnato in agenda di odiare il medio-oriente, ora improvvisamente si ritira nel silenzio, mentre chi durante la passeggiata mattutina comprava un bel mazzo di fiori per metterli nei nostri cannoni, ora si erge ad eroico baluardo in difesa della nostra cultura. Un vero miracolo italiano. E’ così che la xenofobia di strani effetti collaterali del nostro paese (Bossi, Tosi, Calderoli, Santanché) viene messa a tacere, ed essi si nascondono nel loro piccolo antro, o magari si danno alla coltura (attenzione, non alla cultura), mentre elementi, non bene ideologicamente definibili, all’interno del PD gridano alla provocazione. E così, tra salti e capriole circensi, un uomo che ha molto di cui rendere conto, specie al suo popolo, tiene lezioni sul Corano, secondo l’ottica di chi fa della religione un’arma. E così, chi dovrebbe dare lezioni di coerenza porta avanti la sua meditata scelta, qualcuno nell’incitare all’odio razziale contro tutto ciò che non si trova nella valle padana, o, al limite, in Italia (ma solo se non è un uomo onesto, quindi se non possiede denaro), qualcun altro, nel portare avanti il suo complesso programma politico, ossia dire “no” a qualsiasi affermazione di Silvio Berlusconi.

Siamo in buone mani.

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