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Forconi, tir, benzina: Italia sull’orlo di una crisi di nervi

Dal sud, la protesta dei "Forconi" ha risalito lo stivale per manifestare contro i governanti. Si segnalano blocchi stradali in tutto il paese, nonostante la solita informazione compiacente minimizzi. Un cambio valutario maldigerito ha di fatto dimezzato il potere d'acquisto del popolo, che inizia a maldigerire gli eccessi europeisti. Categorie vessate che gridano il proprio malcontento, giungono allo scontro con le forze dell'ordine. La peggiore stagione di protesta degli ultimi trent'anni rischia di restituirci un paese demolito, diviso e senza una guida politico-ideologica di livello. E intanto la RAI ci regala l'"Isola"...

Non se lo aspettavano. Hanno provato ad insabbiare la protesta, a farli passare per una dozzina di camionisti disorganizzati in odor di mafia. Persino Bruno Vespa, l'altra sera nel salottino di regime tra un modellino ed un plastico, minimizzava, senza troppi argomenti a sostegno, l'ondata rivoluzionaria che pervade il paese. Prove tecniche di rivoluzione? Forse.

C'è un sentimento di sdegno che unisce gli italiani, da Livigno a Lampedusa. E' il sentimento di chi non riesce a tirare a fine mese da troppo tempo. Il sentimento di chi ha visto svalutare la madre Lira, sostituita da soldini di carta che costano il doppio e valgono la metà, ed anche quello di chi ha visto raddoppiare i prezzi "perché se prima lo vendevo a mille lire, adesso lo do via ad un euro". 

A dieci anni dall'introduzione della nuova moneta, i paesi con le economie più deboli o con una storica tradizione di malgoverno (Italia e Grecia su tutti), rischiano di essere fagocitati da un perverso sistema capitalista che privilegia la smaterializzazione delle ricchezze ed il primato della finanza sulla produzione.

Una "bancokrazia" di fatto, in cui l'accesso al credito è sempre più un miraggio ed ammesso soltanto a condizioni particolarmente onerose, con le conseguenze del caso. E' un popolo di poveri quello che inizia a ribellarsi contro uno stato oppressore che ispira la propria linea di condotta all'iniquità e alla distruzione di quel poco di stato sociale che avevamo. 

Pescatori, camionisti, studenti, tassisti: con buona pace di Confindustria Sicilia, che paventava infiltrazioni mafiose tra i manifestanti del movimento dei "Forconi", è buona parte della società civile a scendere in campo contro una classe dirigente composta da personaggi inadeguati, da Lombardo a Monti, passando per Berlusconi &co., senza tralasciare la Marcegaglia, Marchionne e chiunque minacci la sopravvivenza del popolo, un tempo sovrano.

La protesta è contro queste vecchie facce della politica, inutili in un'ottica di rinnovamento globale quale quello auspicato dai movimenti di protesta.

Gli scontri di Roma, che hanno visto la vergogna dello scontro tra forze dell'ordine e manifestanti, indicano inequivocabilmente una evoluzione degli eventi e del sentimento di rabbia che serpeggia tra i cittadini: le cronache locali sono piene di notizie che denotano un bisogno di scontro, sperimentabile anche quotidianamente per le strade di una qualunque città italiana. Oltre ad un po' di sana "Euroinsofferenza" che va riconosciuta ai pescatori picchiati davanti a Montecitorio, c'è tanta voglia di ritrovare la tranquillità perduta.

Di certo avrete notato i sempre maggiori fatti di "nera", legati a liti tra automobilisti o tra esercenti della ristorazione ed avventori. Nervi tesi e livelli bassi d'umore non giovano alla pace sociale che sarebbe indispensabile per condurre, uniti, una lotta che abbia una possibilità di successo. 

Dinnanzi ad un potere centrale, che punta a separare ed allontanare le componenti della società con l'utilizzo dei mass media compiacenti e l'avvelenamento dell'informazione, sarebbe servita una classe dirigente preparata e meno interessata ad escort, banche e festini.

Ma i partiti non hanno accettato l'invito, probabilmente perché disinteressati a tradurre in proposte, le proteste del popolo italiano. Mancano i capipopolo di livello culturale adeguato al momento storico e sociale che stiamo vivendo, ma forse, come disse un amico, non è indispensabile che a dirigere una rivolta ci sia qualcuno in giacca e cravatta.

L'importante è evitare di farsi anestetizzare dal regime, che offre sugli schermi "L'isola", esempio di decadentismo televisivo ed eutanasia delle carriere di coloro che vi prendono parte. 

Oggi più che mai, Palermo è come Milano, Asti come Messina. Nel segno della protesta, l'Italia è una sola. Indivisibile? Non secondo alcuni...

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