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Esplosione vulcano in Islanda. Volare nel blu dipinto di blu… ma solo cantando

Dopo 150 anni il vulcano islandese Eyjafjallajökul s’è risvegliato. Le prime immagini della lava incandescente tra i ghiacciai ci ha impressionato per la bellezza e per quel contrasto che sempre fa sognare e fa immaginare.

Caldo/freddo, fuoco/acqua, chiaro/scuro...

Esplosione vulcano in Islanda. Volare nel blu dipinto di blu… ma solo cantando

Poi non ci si è pensato più: hanno evacuato, tutto sommato, poche famiglie islandesi (la zona non è sovraffollata come le pendici del Vesuvio) e hanno incrementato l’attività turistica e dei vulcanologi.

Ma, come immaginavano gli antichi Greci, il vulcano è una fucina, è il regno d’un dio fabbro, Vulcano, appunto che, incessante, lavora le colate di fuoco, i metalli, tutto il magma primigenio che ribolle sotto i nostri piedi.

Sotto l’Etna, la mitologia greca rinchiuse addirittura il mostro Tifeo, il più temibile nemico di Giove.

Egli è lì a ribollire, nel magma incandescente, proprio sotto i nostri piedi.

Eppure questa volta non tremano i piedi, anzi, questa volta camminare è possibile, impossibile è volare.

L’Europa del Nord è bloccata, ma per un effetto domino tutto il mondo è fermo, il dio Vulcano che batte sull’incudine produce lapilli e lava e un fumo, fatto di cenere, bruciano i metalli e ciò di cui si compone il cuore della terra, ma anche il nostro vivere quotidiano. Salgono le ceneri, portate dai venti della primavera, viaggiano le ceneri del cuore della terra e finiscono per incontrare i nuovi arrivati: gli aerei. La cenere vince sull’aereo: l’aereo non può volare.

Il Nord Europa, fino quasi al Mediterraneo è bloccato: uomini, merci che si spostano da un capo all’altro della terra a una velocità inimmaginabile, a un’altezza vertiginosa per non precipitare semplicemente non si alzano in volo. La cenere vince.

Pare che l’ultimo risveglio del vulcano islandese sia durato un anno e mezzo.

Dopo tre giorni i danni economici del blocco aereo sono già enormi.

Prima la crisi economica e ora questo “provvidenziale” vulcano a insegnarci qualcosa.

A dirci qualcosa solo che noi lo si voglia ascoltare.

È la riscossa delle lentezza. E’ la possibilità di riflettere su cosa sia davvero viaggiare, muoversi, spostarsi. È la riscoperta del consumo di prodotti a chilometro zero. È un cielo che, almeno per un poco, non deve aspirare tutti gli scarichi degli aerei. È l’allenamento all’immaginazione di chi viaggia anche con la mente e si incontra con altri mondi per esempio grazie a un libro o anche grazie a internet. Il vulcano non ci farà tornare all’età della pietra. Il vulcano ci dà la possibilità di progettare un futuro diverso, il famoso e tanto vituperato “sviluppo sostenibile”, un futuro in cui si scambino idee e non merci; un futuro che custodisce le peculiarità di ognuno e non si faccia omologare dalla globalizzazione; un futuro in cui le mie radici, ben piantate nel mio territorio, mi facciano sentire così sicura, così serena da poter accogliere semi diversi senza la paura che attacchino il mio albero e lo facciano morire.

Tutto questo a me dice la nube del vulcano islandese. È un punto di vista eccentrico, forse, ma non isolato. E poi sognare di solito non inquina e nessuna nube può fermare l’immaginazione.

 

P.S. Con tante scuse per chi è rimasto a piedi e ha dovuto soffrire per concludere il suo viaggio, senza nemmeno potersela prendere con qualcuno: il vulcano di noi si fa un baffo, anzi uno sbuffo!

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