Egitto, giro di vite sulle manifestazioni
Dice il deputato Abdel Fattah-Othman: “La polizia non ha potuto agire efficacemente contro le violenze che sono ricomparse con gli attacchi al palazzo presidenziale di Ittihadiyyah perché non c’è una legge che offre l’autorità per farlo”. Così il premier Qandil, in accordo col ministro della Giustizia Mekki, sta approntando un decreto che regolamenti il diritto di manifestare colpendo l’esplicito uso della violenza di strada messo in atto da componenti più o meno organizzate. Il disegno potrebbe venir presentato entro la fine della settimana al Consiglio della Shura, organo a maggioranza islamica, che in attesa d’una rielezione dell’Assemblea del Popolo è l’istituzione legislativa in carica.
Fra i 26 articoli proposti alcuni prevedono il possibile divieto delle manifestazioni - che dovranno essere comunque autorizzate in data, luogo e percorso - qualora fossero sospettate di mettere a rischio pace e sicurezza. Anche l’orario è circoscritto alla fascia diurna, dalle 7 alle 19 per le uscita in piazza e fino alle 23 per le riunioni. Di notte vige una sorta di coprifuoco non solo nelle province della rivolta. Viene poi garantito alla polizia il potere d’interrompere proteste che minacciano l’ordine pubblico.
L’operazione del governo cerca di assumere connotati di pubblico interesse preoccupandosi della stabilità del Paese in un momento in cui violenza, frazionamento e caos hanno preso la scena. Ma la nuova manovra ha il sapore di tarpare le ali al dissenso popolare e spiazzare la stessa opposizione che in tanti casi cavalca più che dirigere le proteste e poco o nulla riesce a controllare la piazza.
Prosegue, dunque, il gioco delle parti del mondo politico con l’aggiunta d’un coinvolgimento legale di polizia ed esercito rimasti fino a dicembre fuori dalla contesa, più che per un ruolo ‘super partes’ per far dimenticare i diciotto mesi di guida repressiva gestita dal Consiglio Supremo delle Forze Armate. Il compromesso sancito con la presidenza Mursi dai nuovi vertici militari rappresentati dal giovane generale Al-Sisi accanto alla benedizione statunitense stabilisce la nuova frontiera del controllo interno. Emblematico è il caso dell’ultima violenza di venerdì notte sull’uomo denudato e picchiato, il cinquantenne Hamada Saber.
Ignaro delle riprese televisive di Al-Hayat Channel costui in un primo momento davanti agli investigatori aveva negato d’essere stato pestato e umiliato dalle Forze dell’Ordine dicendo che erano stati i manifestanti a farlo. Quindi in un’intervista telefonica lanciata dalla stessa emittente aveva offerto la versione che tanti avevano potuto vedere ma allontanava il sospetto di aver subìto pressioni o torture poliziesche per quella testimonianza falsa. Forse voleva evitare quelle accuse che poi sono venute a galla comunque dimostrando una prostrazione emotiva. Lo raggiungevano le scuse del ministro dell’Interno Ibrahim che promette punizioni per i responsabili di un’azione assolutamente soggettiva e non preordinata (sic!).
Eppure il potere condizionante dell’abuso di potere è già elevatissimo. Ciò che potrebbe accadere con una sorta di legge di polizia pur giustificata da motivi di sicurezza è un ulteriore attentato all’incolumità fisica e psichica di tanti egiziani.
Lasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox