"Donna" e "uomo": le parole sono importanti, negando la loro sostanza diventano inutili
Riflettendo sul significato e la sostanza delle parole, da un po' noto nel lessico comune italiano la progressiva scomparsa di due parole, importanti con il loro carico di significato umano, due parole che suonano ovvie. Evidentemente l'ovvietà non interroga dal momento che si tenta di pronunciarle il meno possibile come se si potessero infiammare all'improvviso in bocca. Pertanto queste parole sono il fondamento della convenzione internazionale dei diritti "dell'uomo", si tratta del sostantivo femminile "donna" e del sostantivo maschile "uomo" che caratterizzano la nostra umanità, rimpiazzate da "ragazzi" e "vecchi" nel linguaggio di tutti i giorni.
C'è qualcosa che non quadra, mi dico, dove sono finiti tutti gli altri? Per ritrovarmi ho dovuto ricorrere a qualche nozione di biologia elementare, beninteso grosso modo. Nei primi tre anni di vita del bambino vengono completate le principali fasi di crescita della funzione cerebrale, verso i sette anni il carattere, più o meno a sedici-diciotto anni la fine dell'adolescenza, per arrivare a vent'anni, l'inizio dell'età adulta. Fino a lì ci siamo, e non è tutto, già dopo i venticinque anni le cellule morte incominciano a diventare superiori a quelle che si rinnovano. Ma tranquilli lo fanno lentamente, e si può sperare nei soggetti sani di conservare una buona memoria fino alla fine della propria vita.
Ritornando a "ragazzi" e a "vecchi", ci vedo una discriminazione sottile. I primi non sono presi sul serio a causa dell'età, e si considera un fatto straordinario e innaturale quando portano a termine un qualsiasi ragionamento anche oltre ai trent'anni, come se dovessero essere messi sotto tutela, fino a quando non si sa. I secondi subiscono la stessa discriminazione nel non essere più considerati delle persone a parte intera già a partire dai sessanta, seppure avviene in maniera più soft, tutto dipende dalla situazione individuale che sono riusciti a creare nel corso della loro esistenza. Complici i media, la tv che tendono a "infantilizzare" il mondo adulto mantenendolo in una sorta di imbuto surreale, dove la mente deve essere l'ultima ad evolversi preferibilmente saltando dall'adolescenza alla vecchiaia, praticamente si crea un buco nero non ben definito. Malgrado ci siano 25 anni circa tra una generazione e l'altra, il cambio avviene ormai velocemente di anno in anno, non si comprende mai a quale "annata" vada il riferimento.
E' vitale dare pari opportunità ai giovani di fronte a quelli più grandi di età in quanto uomini dopo i vent'anni una riconoscenza se non per altro almeno biologica. Qualche tempo fa, andando a comprare il pane là dove vivo, la commessa si rivolse a un giovane di circa sedici anni, chiamandolo: Monsieur, sul momento l'ho trovato maledettamente bello! Gli stava dando dignità e rispetto come persona, perché non sapeva esattamente in quale fascia di età lo doveva inserire. Nella lingua francese è naturale attribuire ai giovani "jeune homme", "jeune femme", e non diventa offensivo quando ci si sente chiamare Monsieur, Madame, a qualsiasi età.
Per la donna semplificarla in "ragazza" o "vecchia" è ancora peggio da sopportare, più che per l'uomo. Rappresenta anche il non venire presa in considerazione come persona dotata di una storia e di una sua specificità nel presente, si parla tanto del futuro e ci si dimentica delle cose da affrontare "adesso". Sicuramente la crisi, il calo delle nascite, etc... manomettono le aspettative individuali. La "donna" come soggetto e figura rischia di scomparire se non si riappropria di una sua identità primordiale. La minaccia di una sua invisibilità, proviene da un nuovo controllo sociale esercitato su di lei affinché possa perdere il suo carattere profondamente umano. L'arrivo da qualche anno di una "donna tutta di plastica" eternamente giovane e magra nei programmi di intrattenimento, nelle serie televisive, e sui rotocalchi ma che non "pensa". Certamente, non è soltanto un problema italiano riguarda, chi più chi meno, tutto il mondo occidentale. L'età che va dai 35 anni ai 55 anni è quella maggiormente colpita, ha già dovuto subire il contagio degli anni ottanta con il fitness e le sue diete. Questa eterna giovinezza plastificata rischia di trasformarsi in un inferno alienante perché ci si sta abituando al bisturi e ai suoi derivati. A tal punto che in un ottica puramente futurista chi resisterà a questa terribile pressione e si troverà con tutte le incognite fisiche della sua età davanti, andrà dallo psichiatra chiedendo: sarei normale se rimanessi me stessa, dottore?
Lasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox