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Dolor y gloria: il film di Pedro Almodóvar

“Un tempo forse non lontano qualcuno mi diceva t'amo” è la frase di una bellissima canzone, “Sognando” di Don Backy. In essa si parla della pazzia, nel film invece si tratta della stasi esistenziale di un regista 60enne (Antonio Banderas alias Salvador) che non riesce più a scrivere o sceneggiare alcun lavoro. 

E' affetto da ipocondria e malanni veri e immaginari, vive un tempo che non gli permette di agire e creare, di svogliatezza, lassismo, quasi una non vita. E' solo e ricco, accompagnato da una collaboratrice domestica (di colore, tanto per differenziarla dal padroncino) e da una specie di press-agent che si prende cura di lui, nelle iniziative mondano-lavorative e nell'animo. Qualcosa impara, a drogarsi per esempio, lo apprende per mezzo di un attore che ha diretto 32 anni prima e che rivede perché vengono invitati entrambi a parlare di quel film a un cineforum. Ed allora qualcosa lo fa risorgere: sono i suoi ricordi di bambino, di una mamma tanto dolce (Penelope Cruz), amorevole nell'abbracciarlo, a riprova che l'essere voluti bene – o il ricordo dell'esserlo stati – possono azionare le energie di un uomo in qualche fase problematica della vita, l'esser voluti bene dà sicurezza, benzina per agire, fiducia in sé. Quei ricordi gli sono serviti per riannodare i fili della sua vita, si è come ritrovato.

Fanno parte di quel tempo gli anni che passò con La Mala Educaciòn dei preti, per studiare allora si andava in seminario (esperienza comune a tanti, anche perciò ora mancano le vocazioni...). I preti gli facevano passare le classi pure senza studiare, era apprezzato per il suo canto. Così dice ora, il regista Salvador, che la geografia la apprese viaggiando poi col suo lavoro, l'anatomia pure, la imparò osservando i corpi degli attori e ci fa una grande rivelazione: da quell'incultura maturata da ragazzo scelse di diventare regista! Fu chiaro già allora però che il cinema era la sua vocazione, e amava leggere. Chiede alla mamma, in uno dei numerosi flash-back che ne mostrano l'infanzia, se secondo lei nel “pueblo” dove si sarebbero trasferiti avessero il cinema.

Un film altamente autobiografico, è la vita di Almodòvar, una vita come un film. Come in tutti i suoi film c'è il vissuto, le emozioni (qui abbastanza pacate), sono “carnali” di forme e colori umani, basta ripensare ai suoi titoli: Lègami, Tacchi a spillo, Carne tremula, La pelle che abito … Il film nel film, di 32 anni prima, si chiamava non a caso Sabor, fà pensare che egli abbia cercato e gustato il piacere, e bene ha fatto! Si vede qui, in Dolor y Gloria, il momento in cui ancora bambino gli nacque el primer deseo: svenne alla vista di un uomo nudo. Piccolo cameo da citare: nella colonna sonora è contenuta “Come sinfonia” di Mina, una canzone del 1961 in un film del 2019, tributo a qualcosa d'italiano!

 

 

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