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Digiuni rituali e digiuni da crisi finanziaria

E’ da poco passato Carnevale, per tanti con tavole imbandite sino all’inverosimile e con l’obbligo di eccesso alimentare, e siamo entrati in Quaresima, periodo di moderazione secondo il rito cristiano cattolico.

Proprio così; Carnevale deriva dal latino carnem levare, ossia togliere (dalle mense) la carne, atteso che questo è stato da sempre l’obbligo di rinunzia alimentare prescritto dalla Chiesa di Roma nei periodi di astinenza quali la Quaresima.
 
Anche le altre religioni monoteiste rivelate, ossia l’Ebraismo e l’Islam, hanno i loro digiuni rituali; ad esempio durante il mese di Ramadan gli islamici devono osservare l’astinenza dal cibo e dalle bevande durante il giorno, sino al momento in cui, per il sopraggiungere dell’oscurità, l’occhio non distinguerà la differenza di colore fra un pezzo di stoffa bianco ed un pezzo di stoffa nera.
 
* * *
Nell’attuale società mondiale della globalizzazione si sono manifestate altre forme di digiuno, ed esattamente quelle da crisi finanziaria.
 
Mi sono trovato a colloquio con il gestore di un Centro per la Vita, un Istituto che sostiene, con tanto merito, l’infanzia povera e disagiata.

 
Mi ha detto che anche loro non arrivano più a fine mese, nel senso che prima dell’attuale crisi finanziaria non riuscivano quasi a distribuire tutte le disponibilità di pasta, oggi già alla terza settimana hanno finito la dotazione mensile.
 
I loro beneficiari sono per la maggior parte extra comunitari, nord africani di religione islamica (e questo è comprensibile, atteso il crollo delle nascite dei nativi), ma vi sono anche questi ultimi.
 
Forse dovremmo impegnarci tutti un poco di più su questo fronte, sia i soggetti privati sia quelli pubblici.
 
Benissimo, ad esempio, l’iniziativa ad opera del Governo della social card, che ha quanto meno individuato l’area del bisogno estremo, creata dall’attuale crisi finanziaria.
 
Ma, adesso, occorrerebbe fare di più: si potrebbero evitare spese superflue (ad esempio tagliando i bilanci di Camera e Senato, delle Regioni, delle Provincie, delle Comunità Montane, etc.), in modo da ricavare le risorse necessarie per aumentare la dotazione mensile delle social cards a cento euro.
Non dovrebbe essere difficile.

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