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Ddl Anticorruzione: una morte annunciata

 
L’Italia è infettata da un sistema corruttivo dove regna sovrano l’intreccio di politica e affari,e dove i beneficiari, a differenza di tangentopoli, sono le singole persone e non i partiti. 
 
La corruzione, secondo i calcoli della Corte dei conti, incide sul nostro bilancio per 60 miliardi.
 
Un peso particolarmente pesante, giacché interviene su di un paese in crisi,chiamato ora ad affrontare i costi di una manovra correttiva di 25 miliardi di euro. E allora si sprecano annunci e richieste per il varo immediato di un Ddl anticorruzione, presentato come la panacea di tutti i mali e strumento risolutivo della questione morale del paese.
 
Ma questo provvedimento rischia di morire prima di nascere.
Il disegno di legge tende a disboscare l’intreccio tra politica ed affari e ad imporre la trasparenza dell’attività politica.
 
Belle intenzioni ma poco praticabili nella situazione data, dove sussistono ed operano conflitti di interessi di soggetti politici a partire da quello del capo del governo, e dove sta per essere approvato un ddl sulle intercettazioni che pone un bavaglio alla stampa e ostacola il lavoro di indagini delle forze dell’ordine e dei magistrati.
 
Il conflitto d’interessi è il contrasto tra l’interesse pubblico e l’interesse privato conseguente alla convivenza nel medesimo soggetto di un’attività pubblica e di un’attività privata. Quando il padrone di una clinica diventa ministro alla sanità, il proprietario di una tv diventa ministro delle comunicazioni, si ha conflitto d’interessi.
Quale luogo migliore per quell’intreccio tra politica ed affari che pure si vuole districare?
 
Se nella corruzione l’intreccio è tra due soggetti diversi il politico e l’imprenditore, nel conflitto di interessi si realizza in un medesimo soggetto.
 
Come si fa combattere la corruzione se la confusione tra politica ed affari, non solo è consentita, ma è legittimata proprio dove essa è più forte?
 
E d’altra parte è difficile conciliare la trasparenza con una normativa sulle intercettazioni,che la ostacola e confina nel buio del segreto, i comportamenti illeciti dei soggetti e in particolare di quelli politici. Se fosse stata approvata questa legge non avremmo avuto conoscenza del caso Scajola e del caso Consorte.
 
Come si fa a combattere la corruzione se il fatto corruttivo non viene alla luce per il bavaglio alla stampa?
 
E allora se veramente si vuol combattere la corruzione, si deve partire dalla risoluzione del conflitto di interessi e da una profonda revisione della legge sulle intercettazioni.

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