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Dakota del Sud: il conquistato equilibrio tra americani e indiani

Quando si pensa agli Stati Uniti, si associano immagini della California, New York e, a volte, il jazz di New Orleans. Cosa c'è nel mezzo? Il famoso Midwest, of course. Composto dalla soprannominata Bible Belt (la cintura biblica), cioè il sud degli States, il Tennessee, dove si produce il Jack Daniels, ma non si può berlo per legge, il Colorado, casa dei dinosauri e il centro nord, dove vi è il semituristico South Dakota.

Circondato dal Dakota settentrionale e dagli stati del Nebraska, Wyoming e Minnesota, questo piccola stato (poco più di 800.000 abitanti) prende il nome dalla tribù dei Lakota, più conosciuti in Europa come Sioux. Infatti, una delle due più grandi città di questo stato si chiama Sioux Falls (le cascate dei Sioux). Perché l'ho definito “semituristico”?

Perché South Dakota sta per Monte Rushmore, le famose facce dei quattro presidenti: George Washington (il primo), Thomas Jefferson (il terzo, il quale firmò la dichiarazione d'indipendenza), Theodore Roosevelt (ventiseiesimo, inventore dei parchi nazionali) e Abraham Lincoln (sedicesimo, abolì la schiavitù). Tuttavia, con il massimo rispetto per questo memoriale, non credo sia la parte più interessante di ciò che circonda Rapid City, l'agglomerato urbano più grande dell'aerea.

La città stessa, seppure piccola, ha qualcosa da offrire al turista: il centro e la Wonderland Drive, “invasa” dai cervi, dà quel tocco di vera America alla propria escursione. Le vere attrazioni sono: Le Black Hills, le Badlands e il Crazy Horse Memorial. Le prime, chiamate “colline nere” a causa della fitta vegetazione, sono una anomalia all'interno delle Montagne Rocciose; l'unico punto d'erba.

Il monte dei Presidenti è al suo interno e, come quasi tutti i luoghi del Dakota, è un luogo sacro per i Nativi Americani. Inoltre, si possono osservare i rari bufali selvatici nel Custer Park, celeberrimo in passato per la famosa battaglia di Little Bighorn nel 1876, in cui perse la vita l'omonimo generale. Il periodo migliore per l'avvistamento è in maggio, ma se non si vuole rischiare di urtarli con l'auto, mentre sono in movimento, meglio in gennaio, quando sono più tranquilli e distesi per la stagione invernale.

Le badlands, invece, sono circa 244.000 acri di prateria di montagne erose, composte dall'accumulodi ceneri di un vulcano estinto. Attraversare questo fantastico scenario dà la sensazione di camminare sulla luna o cercare Wile CoyoteOra, la maggiore parte dell'aerea è compresa nella riserva indiana di Pine Ridge, dove risiede la tribù lakota degli Oglala. Purtroppo, questo luogo è anche famoso per il Massacro di Wounded Knee nel 1890; molti nativi vennero uccisi dai reggimenti statunitensi.

A ricordo di ciò, vicino al piccolo college della tribù, vi è un piccolo museo commemorativo. Interessante è l'uso della terminologia: quando lo scontro era vinto dai coloni, viene definito “battaglia”, quando i vincitori erano i nativi, l'appellativo cambia in “massacro”. Questa riserva è la contea più povera degli Stati Uniti, ma spezzo una lancia in loro favore.

Chi si ricorda il mio articolo del 2010 sulla riserva canadese dei Blood, in cui scrissi che i “bianchi” rimasero stupiti quando chiesi di visitare una riserva :”Perché? È pericoloso” sono poveri! Non fanno niente dalla mattina alla sera”. Il medesimo comportamento, forse più accentuato, l'ho ritrovato negli States. Ovviamente, sono stato più che felice nel contraddirli e non avere trovato, eccetto il lato economico, nessuna differenza con gli Indiani del Canada.

Al confine della riserva si trova il visitor center, in cui sono esposti quadri di artisti contemporanei della tribù, tra cui il toccante Cavallo di Martin Red Bear. Per bilanciare lo schiaffo morale degli americani, anche i nativi hanno il loro monumentoIl Crazy Horse Memorial. Per la precisione, lo avranno; è ancora in fase di sviluppo, dal 1948. La storia che avvolge il memorial è a dir poco romantica. Crazy Horse (Cavallo Pazzo) era uno dei più famosi capi della tribù Oglala, l'unico a non avere mai firmato i trattati con il governo statunitense.

Dopo avere visto il lungo lavoro per il Monte Rushmore, Henry Standing Bear, uno degli anziani nativi, chiese allo scultore Korczak, assistente per il monte Rushmore, di sviluppare un progetto analogo per omaggiare gli indiani d'America. E così, tutta la famiglia dell'artista venne coinvolta. Tuttora, i figli ci stanno lavorando. Solo la testa è completa, ma è perfetta, definita in ogni minimo dettaglio. Korczak credeva nella libera iniziativa, quindi niente finanziamenti pubblici per l'opera. Anche per questo, sta prendendo molti anni.

Nel progetto vi è il Capo Indiano seduto sul suo cavallo con il braccio destro teso, il quale indica le badlands. Durante una intervista, un giornalista del Times chiese allo scultore la ragione di quella particolare rappresentazione. E rispose: ”Quando gli indiani hanno perso i territori, un soldato chiese ironicamente a Crazy Horse: e adesso? Dove sono le tue terre?. Lui replicò: le mie terre sono dove sarà sepolta la mia gente. Non è una bellissima frase? Non è una bellissima frase?”. 

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