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Da cavernicoli a cavaioli: cave, cemento e malaffare in Campania - Reportage

Un reportage in due puntate per documentare le cave, il cemento, il baratto di un territorio e la muta compiacenza in provincia di Caserta. (Prima parte)

L’abitudine prende il suo ritmo quando le idee divengono scontate. I paesaggi, che incrocio nei rientri nella mia terra d’origine, hanno in loro la violenza di una mancanza. I buchi intromessi nel cielo, gli squilibri visivi, l’area impolverata, i tagli a questi monti son cose ormai scontate per me. Queste montagne deturpate sono la cornice della provincia di Caserta, che, in immagini arcaiche, coccolavano la Reggia Vanvitelliana.  La rassicurante imponenza dei Monti Tifatini, tra il 700 e l’800, fu incastrata anche nei dipinti di Giovanni Battista Lusieri.  La sontuosità di questi monti s’è tramutata in un’agonizzante richiesta d’aiuto: il cemento e l’amore verso di esso. L’autodistruzione, il disinteresse ed i progetti per pochi. Le cave ed i loro impianti, negl’anni, hanno moltiplicato le loro attività, sostituendosi ai paesaggi, divenendo abitudine, condizione necessaria per una zona chiamata proprio Terra di Lavoro. E’ così? Tutto questo tutela o distrugge?

Le cave sono un fenomeno che buca gli orizzonti di paesaggi ormai dimenticati e da quest’estetica dei buchi si creano anche pertugi polmonari nella respirazione d’ignari od assuefatti abitanti del territorio martoriato. Quello che le foto mostrano è la resistenza dei monti nella provincia di Caserta. Sono quattrocentoquarantadue le cave in questa zona, che occupano settantacinque comuni sui centoquattro presenti. Il record non è solo inerente alle cave, ma anche a quello dei cementifici: in tutta la Regione Campania ce ne sono tre, nella Provincia di Caserta due sono le società impegnate: Cementir e Moccia (mal funzionanti; la commissione ambiente europea segnala il mancato abbattimento delle polveri emesse dai cementifici: alto il PM 10). Sconfinando ogni proroga e reinventandosi di volta in volta, tra i territori di Caserta e di Maddaloni, l’opificio Cementir da anni è presente nell’attività di estrazione, che, con la maschera di una crescita economica per il territorio, ha sconvolto l’ecosistema presente. I personaggi che incrementano queste attività, da ormai cinquanta anni, son supportati da grossi gruppi imprenditoriali, in grado di soddisfare l’economia e la silente convivenza fatta d’interessi poco votati alla tutela del futuro. La Cementir è parte del gruppo Caltagirone, grossa holding impegolata in reti d’interessi economici e politici. Il gruppo Caltagirone è anche editore del Mattino, maggior organo d’informazione campano, che difficilmente ha potuto analizzare la questione, creando una catena di solidarietà estesa anche al cementificio Moccia ed agli altri cavaioli.

Le attività, con la solita retorica dell’occupazione territoriale, si sono rivelate vere e proprie zavorre per il tanto sbandierato sviluppo economico. I disastri, oltre ogni tecnicismo speculativo, sono riscontrabili in qualsiasi percorso della provincia. Questi sono andati a squarciare l’ambiente paesaggistico e soprattutto la serenità della salute delle singole persone. Questo disastro è stato anche motivo di sabbie mobili economiche, che non hanno permesso sviluppo od investimenti, dato che le attività estrattive vanno ad inficiare sull’operato di alcuni progetti, che più in avanti andremo ad analizzare.

L’evidenza s’interpone alla quotidianità delle abitazioni a ridosso delle cave, che, nella loro attività estrattiva, hanno fatto esplodere mine, diventate polvere da respirare. Le polveri, delle montagne erose, i cittadini delle sventurate abitazioni o le ingoiano o le ritrovano su tetti, su parabrezza d’auto e su balconi.

Sminuire le potenzialità di un territorio sembra avere i contorni di un canto pietoso e commiserato, ma c’è da ricordare la forza paesaggistica dei Monti Tifatini, che, in progetti ormai abbandonati, erano destinati ad unirsi in un Parco Urbano, che sarebbe diventato patrimonio della Regione Campania, arrivando così a riqualificare anche cave ormai dismesse e lasciate sventrate. La perimetrazione per il Parco era stata fatta addirittura negl’anni sessanta, per bloccare ogni abuso rispetto al vincolo paesaggistico della zona. Tutto ciò è stato dimenticato dai sette comuni presenti nella cintura del parco ( Caserta, Casagiove, Capua, Castelmorrone, Caiazzo, Maddaloni, Valle di Maddaloni), che si son tirati indietro ogni qualvolta sarebbe stato utile perimetrare ed avanzare progetti in tal senso.

Cementificio Cementir

Naturalmente in questa indecisione ci si è infilata la programmaticità di una grossa società come Cementir, che ha continuato a sviluppare proposte di ampliamento, a dispetto di valutazioni contrarie della commissione VIA (valutazione impatto ambientale) del ministero dell’ambiente, ch’è composta da elementi politici e da tecnici. La parte composta dai tecnici è stata sovvertita, nel suo parere negativo, da un via libera che non presenta alcuna motivazione nella verbalizzazione. Volendo andare per gradi possiamo facilmente riscontrare la tenacia del gruppo Cementir. Nel Novembre del 2007 ha avanzato un’istanza al Genio Civile di Caserta per poter gestire un piano di recupero dell’area “Cava Vittoria”, presente nel comune di Maddaloni. Il progetto ha la solita finalità estrattiva, ma i punti di recupero presentano una veste che ha i contorni di una riqualificazione del contesto territoriale. La Cementir in questo progetto dimostra di voler ricomporre lo scenario ambientale, piantando essenze arboree ed arbustive, oltre che coltivare, per circa vent’anni, anche sul dorsale collinare di monte San Michele. Il dato certo è quello del materiale da estrarre: oltre nove milioni di metri cubi. Il sito in questione però è un E1 ovvero territorio di salvaguardia paesistica, sul quale quindi c’è il veto per ogni attività estrattiva, senza dimenticare il fatto che la zona è gravato da vincolo idrologico, da vincolo per riforestazione e bonifica montana, da vincolo per i soprassuoli percorsi da incendi avvenuti nel 2001 ed è a rischio alto di frana. La proposta della Cementir fu valutata nel Febbraio del 2009 dagli enti elencati di seguito, la seduta si è poi ripetuta nel Marzo del 2010:

Comune di Caserta; Comune di Maddaloni; Amministrazione Provinciale di Caserta (Tutela Territorio e Protezione Civile, Settore agricoltura foreste caccia e pesca); Regione Campania (Settore tutela dell’ambiente e disinquinamento); Autorità di bacino nord-occidentale della Campania; Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania; Sopraintendenza per i Beni Archeologici delle Province di Caserta e Benevento; Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Province di Caserta e Benevento.

La presidenza di questa commissione fu presieduta dall’ing. Nicola Di Benedetto, rappresentante del Genio Civile.

La proposta della Cementir, con abilità tecnica, è diventata opportunità di riqualificazione per la Cava Vittoria, adiacente al Monte San Michele, che verrebbe così adulata da coltivazione e recupero ambientale in ampliamento. La teoria naturalmente è la maschera per un estensione dell’attività estrattiva, che continuerebbe a produrre clinker (componente base per la produzione di cemento, che si ottiene per cotture delle materie prime quali il calcare e l’argilla). Inutili, agli occhi di questi tutori del lavoro, i vincoli idreologici a cui è sottoposta l’area e la minaccia incombente della frana, fenomeno ricorrente in queste zone, come in tutta la Penisola. La Cementir si nasconde dietro il concetto di coltivazione, che dovrebbe servire al recupero ambientale. Tuttavia non sarà trasformazione di colture, ma estensione di altre estrazioni di cemento, che avverranno ancora a ridosso di abitazioni e di strutture sanitarie. Le valutazioni negative, della commissione, in merito al progetto Cementir, sono state scavalcate dal via libera della commissione regionale della Campania. Di fatti si è concesso alla Cementir il programma di riqualificazione, che non è altro che un programma di ampliamento dell’estrazione, senza l’attuazione di alcuna bonifica.  La delibera è stata pubblicata sul BURC[1]il 3 Gennaio 2011. L’amministrazione comunale di Maddaloni, a sua volta, ha attuato una sorta di baratto con la Cementir: concesso il territorio in cambio di una compensazione economica che il gruppo concederà (accordo che in realtà ancora si deve raggiungere, seppur in dirittura d’arrivo). L’inquietudine è zampillante perché ad una decisione tanto importante non è stata legata alcuna spiegazione, andata a spiazzare un parere tecnico precedentemente espresso. La Sopraintendenza per i beni ambientali ed architettonici della Provincia di Caserta e di Benevento, in un primo momento ha osteggiato il progetto Cementir, poi, arrivata la delibera regionale a favore della società, ha taciuto, dimenticando quanto elaborato in precedenza.

Derubato un Policlinico a Caserta

Nelle righe passate abbiamo citato una commissione, che a dispetto di pareri tecnico-scientifici, ha permesso alla Cementir di continuare le proprie attività, seppur nel 2003 ne aveva programmato la delocalizzazione anche e soprattutto in virtù del nascente Policlinico, progetto anomalo perché gli investimenti in questi posti sono invisibili per i cittadini. La realizzazione del Policlinico universitario per ora registra un investimento di 40 milioni di euro ( pianificati 220 milioni di euro per completare la struttura, di cui ora si ha solo lo scheletro). La struttura è sorta a cinquecento metri dalle attività estrattive della Cementir, che un vecchio piano regionale aveva delocalizzato proprio in virtù dell’arioso piano di lavoro della struttura ospedaliera (per la Cementir il termine scadeva nel 2012, termine sovvertito, per la società Moccia il termine era nel 2010, data anch’essa sabotata). Neanche un progetto così ambizioso come quello del Policlinico ha indurito il pugno delle istituzioni contro le attività estrattive, che da anni sventolano la retorica dei posti di lavoro, dell’incremento dell’economia, possibili grazie all’offerta della loro produzione. Tutto questo si scontra e si sbriciola dinanzi all’enorme gamma di possibilità che un progetto come quello del policlinico potrebbe rilanciare. Stesso discorso per il parco urbano dei monti Tifatini, tutte possibilità di riconvertire quella poca forza lavoro che le cave e i cementifici offrono (tra cassa integrazione e riduzione di personale, si stimano un centinaio di lavoratori che usufruiscono dell’offerta lavorativa dei cementifici) nel terzo settore, andando anche ad incrementarla, perché i posti di lavoro, con i progetti citati, andrebbero ad aumentare per tutto il territorio. Ad oggi i lavori in cava sono per lo più automatizzati, quindi non richiedono grande mano d’opera.

I pochi restano vittoriosi, sottraendo, oltre il lavoro, anche il paesaggio magnifico che la natura offre, regalando così solo pessime condizioni di vita. Tutto questo però rientra in una questione penale, perché si arreca un danno erariale, dato che i soldi pubblici per la realizzazione del policlinico sono stati già spesi e l’incompatibilità delle due strutture (centro ospedaliero e cementificio) andrebbe ad arrecare un danno pubblico. Senza dimenticare tutte le costruzioni realizzate nella zona Saint Gobain della città di Caserta. Questi nuovi stabili sono stati giustificati in sostegno alla nuova creatura ospedaliera (chi scava le montagne poi confeziona il cemento ed è in grado di riproporsi come costruttore).

Cementir e l’idea d’incenerire rifiuti

La progettualità, accennata prima, non segue la monotematicità del cementificio e dell’estrazione. Il gruppo Cementir ha fiutato la possibilità di utilizzare i propri impianti come culla di altre combustioni: impianti CDR, inceneritori. I cementifici lavorano ad alte temperature, praticamente già di loro sono termovalorizzatori e quindi hanno chiesto l’autorizzazione integrata ambientale[2] (lasciapassare che si deve richiedere nel momento in cui s’inizia un’attività come quella del cementificio, ma non è stato mai fatto, quindi, come se iniziassero le loro attività da novelli, richiedono quest’autorizzazione, pur già operando da anni). Spulciando nella storia di questo territorio, ci si rende conto che le concessioni per il gruppo Cementir non sono un problema, già nel 2008 riuscì ad avere un’autorizzazione provinciale ad incenerire rifiuti, provvedimento sospeso grazie all’impegno dei comitati cittadini, che ora temono un nuovo colpaccio del gruppo Caltagirone. L’adeguamento per arrivare all’incenerimento ha un costo di novantamila euro, all’epoca della proposta, la Cementir richiese fondi pubblici, perché il tutto era d’interesse pubblico (aiuto alla piaga dei rifiuti in Campania).


Leggi la seconda parte del reportage à

Foto di Daniele De Gregorio

[1] Bollettino ufficiale Regione Campania

[2] Normativa comunitaria tesa a dichiarare il materiale smaltito, le emissioni in atmosfera, le modalità dello smaltimento delle acque reflue.

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