• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > Criticomania, una malattia italica

Criticomania, una malattia italica

Anche il 2 giugno, anniversario della Repubblica, non sfugge alla vis polemica degli italiani.

Che siamo un popolo di polemisti incalliti credo che nessuno possa negarlo, sembra quasi che gli italiani sperino negli accidenti più svariati per dare sfogo al loro disperato desiderio di polemizzare, di criticare, di applicare quel "benaltrismo" viscerale che è l'anticamera del qualunquismo più becero. E' per esempio assodato che ogni italiano è un commissario tecnico di calcio e che la squadra migliore è ovviamente quella che pensa lui, così come tutti sono esperti di tutto e non esiste angolo dello scibile umano che sfugga a questa regola.

Ma non tutti seguono soltanto l'istinto, alcuni ci aggiungono il calcolo opportunistico. Prendiamo per esempio il sindaco di Roma Alemanno, da buon politico di lungo corso, ha annusato l'aria che tirava, ha fatto un semplice calcoletto di convenienza e ha deciso di non presenziare alla sfilata celebrativa del 66° anniversario della Repubblica Italiana. Una ricorrenza all'insegna della moderazione vista la concomitanza con i tristissimi eventi dell'Emilia Romagna, che non toglieva nulla a quel piangersi addosso che è un'altra delle peculiarità nostrane.

Giorgio Napolitano aveva già preannunciato una manifestazione all'insegna della sobrietà, niente sfilata dei sistemi d'arma, niente cavalleria e nessun sorvolo delle Frecce Tricolori, come dire il minimo sindacale per celebrare la ricorrenza della nascita della più giovane repubblica europea e forse anche per questo la più barcollante ed incerta. Che altro si voleva di più? Dov'era il mancato rispetto delle vittime del terremoto? Può essere tacciata di insulsa retorica quella che dovrebbe essere l'unica celebrazione che da un senso formale all'unità del paese? 

Evidentemente così hanno pensato in molti e così ha pensato Alemanno che tuttavia non è un cittadino qualsiasi ma il sindaco della capitale, evidentemente una carica ritenuta ad personam, a giudizio discrezionale. Così hanno pensato anche Bersani, Alfano e Di Pietro che a pochi mesi da una campagna elettorale in vista delle politiche 2013, devono aver intuito che era un segnale vantaggioso, in termini di percentuali di voto, il non andarci. Ci va giù decisamente pesante Antonio Di Pietro che definisce la festa "la sagra dello spreco" e si lancia nella reprimenda di turno " ... oggi mentre le famiglie delle vittime del terremoto piangono i loro cari e intere popolazioni stanno soffrendo, questa costosa parata è (sintetizzo) ... una vergogna ". Non sto a citare tutte le dichiarazioni dei residuati leghisti che queste critiche le hanno sempre fatte, a prescindere dai terremoti, e che pur percependo lauti compensi dallo Stato italiano, spesi, come si è visto, si ritengono cittadini della fantomatica "Padania". Cito solo Gianpaolo Vallardi, sindaco di Chiarano, comune in provincia di Treviso, nonché senatore della Lega che ha dichiarato "è macrabo festeggiare quando interi territori sono stati rasi al suolo". Macabro? Interi territori rasi al suolo? Semmai rasi al suolo capannoni costruiti al risparmio con travi appoggiate ai plinti come castelli di carta in barba al buonsenso e nel nome del dio danaro, ma perché non dirlo?

Capisco la tentazione di dar ragione a questi signori, nel nome dell'umana pietà e del risparmio di preziose risorse che in questo momento possono fare comodo, ma tutto questo non deve far perdere di vista l'insulsaggine di una presa di posizione che sa di retorico più della celebrazione e più fasullo di un soldo bucato perché proviene dai campioni mondiali dello spreco di risorse pubbliche, dai scialacquatori a gogò che non hanno fatto ancora un tubo, ma soltanto chiacchere, per riformare la spesa pubblica. Tutti hanno sulla bocca la "spending review" ma rimangono attaccati all'osso come la colla americana, il loro scranno è inchiodato al suolo con tasselli fischer.

Una sceneggiata di profonda contrizione strumentale perché finita la festa gabbato lo santo e tutto ritorna esattamente come prima, nessun sindaco si preoccuperà di far controllare il rispetto delle norme edilizie, si concederanno autorizzazioni anche là dove non devono essere concesse, tutto insomma procederà esattamente come prima e non crediate che anche la civilissima Emilia sia esente da fenomeni di questo genere.

Sono scene che si ripetono puntuali ad ogni circostanza tragica, con il loro seguito mediatico di polemiche, promesse giurate e spergiurate e poi tutto torna nella norma, nell'attendere fatalisticamente che a me non succeda. Siamo il paese di "Io speriamo che me la cavo" dove l'improvvisazione è la virtù nazionale.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares