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Crisi: i ricchi tedeschi, americani e francesi si propongono per pagare più tasse. E in Italia?

Di fronte allo spettro minaccioso della crisi che reca con sé - deficit di bilancio, prospettive di peggioramento del debito pubblico e attacchi di speculatori - è normale che i governi si apprestino a ricorrere ai ripari e chiedano a tutti i cittadini uno sforzo di solidarietà.

Un po' inconsueta appare invece che siano i cittadini stessi, in particolare quelli più ricchi, a chiedere un aumento delle loro tasse. Eppure sembra che sia proprio questa la tendenza e in quasi tutti i paesi “occidentali” su cui grava la scure della crisi, stanno nascendo gruppi e comitati di milionari, che si mobilitano per pagare di più o offrire il loro contributo.

 
Così sta avvenendo in Francia, in cui sedici milionari - per lo più uomini d’affari - hanno sottoscritto un appello pubblicato martedì sul Nouvel Observateur nel quale si chiede l'istituzione di un "contributo eccezionale che riguardi i più fortunati".
 
In questo caso fra i fortunati e prodighi richiedenti vi sono l'erede dell’impero l'Oreal Liliane Bettencourt, Frédéric Oudéa amministratore delegato di Société Générale, quello di Total, Christophe de Margerie e il presidente di Air France, Jean-Cyril Spinetta.
 
Un sogno che diventa realtà. Almeno per tutti coloro che leggendo le avventure di Paperino – e nelle loro vite – hanno sognato un Paperone più generoso.
 
Ma si registrano inziative simili anche nell’altro paese-pilastro della comunità europea, la Germania, in cui un gruppo di 51 milionari ha scritto al Cancelliere Angela Merkel proponendo di istituire una vera e propria tassa per ricchi corrispondente a ben il 10 per cento del loro reddito per consolidare il bilancio nazionale.
 
La tassa riguarderebbe circa l'1 per cento della popolazione totale tedesca, percentuale che la mette al primo posto per numero di tycoon nelle classifiche europee e allo stesso livello degli Stati Uniti, anche in termini di numeri assoluti.
 
Anche i paperoni d’oltreoceano comunque non sono rimasti a guardare: i milionari dello stato di New York giovedì scorso hanno redatto una lettera aperta ai legislatori federali riferendo di voler fare la loro parte per risollevare il bilancio dello Stato e, preoccupati dai tagli che l’amministrazione Obama ha dovuto apportare a voci di bilancio essenziali come l’istruzione e i servizi sociali, hanno incoraggiato il Governatore Andrew Cuomo di estendere la cosiddetta “millionaire's tax”. 
 
Con lo stesso intento anche il terzo uomo più ricco al mondo l’ormai ottantenne Warren Buffett, amministratore della Berkshire Hathaway una delle holding più grandi al mondo ha voluto usare una delle pagine del New York Times per avanzare la richiesta di aumento delle tasse.
 
Insomma sembra proprio che in America, nonostante la forte opposizione dei repubblicani di fronte al tentativo da parte di Obama e dei Democratici di evitare i tagli alla spesa pubblica e redistribuire più equamente lo sgravio fiscale, l’iniziativa - con una politica, vittima di equilibri bipolari sempre più precari - stia passando direttamente nelle mani del popolo.
 
Lo stesso si può dire anche della Germania di Angela Merkel recentemente criticata aspramente dalla coalizione di centro destra per aver pianificato una finanziaria volta ad affondare troppo nelle tasche del ceto medio, evitando di infierire sui redditi alti.
 
Premettendo che le promesse sono ben differenti dai fatti e che al momento di metter mano al proprio portafoglio si è spesso molto più restii che a parlare, come spiegare l'espandersi di questa mania di solidarietà?
 
Sicuramente la crisi fa paura a tutti e sono di certo pochi quelli che ne possono trarre vantaggio anche fra le grandi aziende, basta gettare un'occhiata alla caduta in borsa dei loro titoli azionari. Poi che guarda caso fra quei pochi possa esserci proprio il magnanimo sopracitato Warren Buffett, azionista di maggioranza con il 12,42% dell'agenzia di rating Moody’s, sono dettagli che fanno venire qualche sospetto di ipocrisia.
 
Volendo insistere però sul lato romantico della questione c’è forse la consapevolezza da parte di alcuni di aver largamente beneficiato di un modello capitalista che, in questo momento di difficoltà, è giusto forse che venga preservato.
 
E da noi in Italia?
 
Al momento non si registrano operazioni di questo genere.
 
In ambito politico, proprio qualche ora fa, a margine di un convegno al meeting di Rimini, il ministro per lo sviluppo economico, Paolo Romani, ha smentito l’ipotesi di un'introduzione di una patrimoniale – come invece fece il governo Amamto nel ’92, imponendo un prelievo forzoso del sei per mille su tutti i conti correnti bancari -, notizia positiva per i piccoli risparmiatori.
 
L'ultima manovra economica prevede poi anche il famoso aumento di tassazione sulle rendite finanziarie, che salirà dal 12,5% al 20%, sempre che non vi siano ulteriori cambiamenti in questo senso. 
 
A ogni modo qualche misura per far pagare i più ricchi in Italia c’è. Rimane al momento la tassa di successione, quasi abolita dal primo governo Berlusconi e reintrodotta dal governo Prodi, ma raccoglie cifre ben differenti da quelle che ad esempio si riscuotono in Francia con l’impote de solidarité sur la fortune, imposta sul capitale pagato da tutti coloro che detengono un patrimonio imponibile superiore agli ottocentomila euro.
 
Anche negli States, pur non esistendo nulla di simile, vengono ad oggi pagate forti imposte di successione e sul possesso di immobili.
 
La solidarietà nazionale a cui si fa spesso appello sembra proprio che in Italia stenti a manifestarsi. Se gli imprenditori più ricchi, pensano a scendere in politica e a riproporre la famigerata patrimoniale - vedi Montezemolo -, non sembra proprio che le ultime speranze degli italiani possano essere riposte in un governo robin-hood. 

Commenti all'articolo

  • Di Strangelove (---.---.---.124) 30 agosto 2011 23:49
    Strangelove

    Buona parte dei ricchi francesi risiede in Svizzera per non pagare nè patrimoniali nè tasse sulle rendite finanziarie.

    La stessa cosa accade anche in Italia e in Germania.

    Negli Stati Uniti alcuni stati sono dei veri e propri paradisi fiscali per le società finanziarie. Esenzioni fiscali che il democratico Warren Buffett utilizza a piene mani.

    Nessun miliardario che voglia rimanere tale paga quelle tasse che i governi impongono ai loro sudditi.

    Gli show di miliardari generosi vanno bene soltanto per convincere la gente comune a farsi tassare ancora di più. Tutto qui.

    E comunque l’autore non è informato. Montezemolo e Briatore (!!) con grande senso dell’umorismo hanno chiesto più tasse per i ricchi.

    Considerando come costoro siano ammanicati con i paradisi fiscali e considerando che costoro pagano meno di niente sui loro patrimoni all’erario italiano, potete scegliere se ridere o piangere di queste affermazioni.

    Al meno in Italia risparmiateci le pagliacciate di questo tipo.

     

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