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Crisi del debito: opportunità per superare i monopoli dei privati

Secondo principio di giustizia – parte seconda: "Le ineguaglianze sociali ed economiche devono essere combinate in modo da essere collegate a cariche e posizioni aperte a tutti in condizioni di equa eguaglianza di opportunità". (John Rawls)

A voler ancora una volta considerare la crisi del debito pubblico come una opportunità per correggere le discrasie del nostro sistema politico ed economico, un punto fondamentale da esaminare è quello dei monopoli di privati o, ampliando la prospettiva, di tutte le situazioni economiche che portano a posizioni di mercato dominanti ed a cartelli più o meno leciti.

Gli esempi li abbiamo tutti sotto gli occhi: dai tabaccaio, alle autolinee, ai trasporti marittimi verso le isole, alle forniture energetiche (Vito Ciancimino controllava, insieme ad altri maggiorenti poco cristiani ma molto democristiani, la società monopolista della distribuzione del gas di Palermo) e così via, è tutto un fiorire di soggetti che svolgono la loro attività al di fuori del libero mercato pur essendo dei privati. La differenza con chi tutti i giorni è soggetto a quella che Adam Smith ha chiamato la mano invisibile del libero mercato può essere meglio spiegata con una analogia. Si provi a paragonare un coniglio di allevamento con un coniglio di cacciagione. La differenza è abissale sia nel peso sia nel sapore. Il coniglio di cacciagione raramente supera i seicento grammi di peso, ma ha un sapore ottimo; il coniglio di allevamento raggiunge tranquillamente i due chili di peso, ma le sue carni non hanno la bontà del suo fratello di cacciagione. Il motivo di entrambe le cose è lo stesso: il coniglio di cacciagione, appena sveglio, se non vuole morire di fame, deve correre e darsi da fare per procurarsi da mangiare; quello di allevamento non se ne deve preoccupare perché qualcuno provvede a questo. L’analogia con soggetti che operano da imprenditori sul libero mercato e soggetti che operano in condizione di monopolio è davvero stringente.

Il monopolio, come pratica commerciale di esclusione, può degenerare facilmente in due ordini di ingiustizie. La prima è quello di costringere la controparte del monopolista a pagare il servizio ricevuto o il prodotto acquistato ad un prezzo ingiustamente elevato, con altrettanto ingiusti guadagni per il monopolista medesimo. È quello che sta accadendo attualmente nei trasporti marittimi verso gran parte delle isole; è quello che sta accadendo nella distribuzione dell’energia elettrica dopo la creazione di un improbabile libero mercato dell’energia; è quello che con ogni probabilità sarebbe accaduto nella distribuzione dell’acqua senza il referendum che ne ha bocciato la privatizzazione.

La seconda è, invece, verso gli altri soggetti interessati a svolgere il tipo di attività in questione e che si vedono preclusa questa possibilità, vedendosi costretti a cambiare il proprio piano di vita. Questo aspetto va ulteriormente ampliato con riferimento alla generalità dei rapporti sociali ed economici, che vedono tutti i monopolisti, tabaccai compresi, attingere un ruolo sociale di tutta preminenza sugli altri poveri mortali, costretti come i conigli di cacciagione a correre tutto il giorno per procurarsi i beni primari necessari per l’esistenza loro e delle loro famiglie, mentre il monopolista non ha questa necessità. Il secondo principio di giustizia di Rawls sopracitato ci dice che questo è errato.

Inutile dire che le lobby dei monopolisti sono sempre attive ed attente a tutela degli interessi economici dei loro membri. La crisi del debito pubblico potrebbe essere lo strumento da utilizzare per superare questa ben motivata forza di opposizione e per giungere ad una definizione normativa, oggi assente, dei meccanismi che devono presiedere a questo settore, dove non opera la mano invisibile del libero mercato. Il nostro Paese si è anche dotato di una Autority per la libera concorrenza, che certamente è in grado di guidare il complesso processo normativo necessario, pubblicamente rispondendo al cittadino dei concreti risultati del proprio operato.

Purtroppo tutto questo è un sogno perché l’attuale classe politica, piuttosto che pensare ad aggiustare le cose che non vanno nella malconcia macchina della nostra economia ed a metterla in condizione di ripartire dopo la stagnazione dovuta alla crisi dei derivati, si preoccupa solamente di procurare il carburante, ossia tanto, tantissimo pubblico denaro; e meno male che il referendum ha bloccato la formazione di monopoli di privati almeno nelle forniture di acqua.

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