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Crisi dei derivati e crisi dello Stato

La crisi finanziaria globale e la crisi delle Istituzioni del Paese hanno tante assonanze. Innanzitutto le notevoli dimensioni. La quantità di denaro bruciato dalla crisi finanziaria globale è semplicemente mostruosa e non sarà facile dimenticare il viso dell’ex Presidente George Bush mentre avverte il popolo americano che è in arrivo una burrasca tale da mettere in ginocchio “our entire economy”.

Quanto alla crisi del nostro Paese, oggi un’ampia percentuale di cittadini vota per formazioni autonomiste e non vi sono assolutamente le differenze linguistiche e culturali, che si hanno, ad esempio, nella Spagna per la Catalogna e per i Paesi Baschi: sono semplicemente cittadini che vogliono un Stato diverso, uno Stato che funzioni.

L’altra assonanza consiste nell’origine del fenomeno: entrambe le crisi derivano dal mancato rispetto del principio della responsabilità nella trasparenza. Il mercato finanziario globale della crisi è una sorta di Far West assolutamente privo di regole e le nostre Istituzioni agiscono spesso e volentieri senza rispetto alcuno della Pubblica Opinione e sono mosche bianche i soggetti appartenenti alla classe dirigente, che si sono assunti le responsabilità del proprio operato.

Ma qui finiscono le assonanze e si passa alle dissonanze. Sulla crisi dei derivati, il Ministro del Tesoro USA Tim Geithner ha già intrapreso la strada che porterà ad un mercato trasparente di questi prodotti finanziari e già compaiono sulla stampa le prime proposte degli economisti italiani, come ad esempio quella semplicissima di utilizzare anche per essi il circuito informatico dei Titoli di Stato.


Insomma, siamo sulla buona strada. Della crisi delle nostre Istituzioni, invece, sono ben pochi quelli che se ne preoccupano perché la classe politica, che dovrebbe farlo, è impegnata nella lotta per il potere fine a se stesso; la quale, come scriveva Leonardo Sciascia, ha fatto di quello nostro “un Paese dove non avevano più corso le idee, dove i principi – ancora proclamati e conclamati – venivano quotidianamente irrisi, dove le ideologie si riducevano in politica a pure denominazioni nel gioco delle parti che il potere si assegnava, dove soltanto il potere per il potere contava”.

Qualcuno prova a reagire, come ad esempio il Ministro Brunetta con le sue quindici pagine della legge n. 15/2009 e con le ulteriori cinquanta pagine del relativo Regolamento. Forse i cittadini preferirebbero una norma in tre soli articoli, brevi e concisi, senza tante chiacchiere, del tipo:

1. Le Unità della Pubblica Amministrazione consentono e facilitano ai cittadini la piena conoscenza della propria attività in ogni dettaglio, salvo i casi di riservo previsti dalla legge;

2. Gli Amministratori Pubblici ed i pubblici dipendenti, senza eccezione alcuna, possono essere sottoposti a procedimento disciplinare per fatti relativi all’attività svolta nel ruolo ricoperto;

3. Per le finalità dei precedenti articoli è creata una specifica Autorità a tutela dei cittadini (sulla falsariga di quella creata da Tim Geithner a tutela dei consumatori americani). Così facendo finirebbero le dissonanze fra le due crisi.

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