• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > Crisi. La vita di tre uomini

Crisi. La vita di tre uomini

Una vita di tutti i giorni...

La mattina mi alzo alle tre , appena il sole è al di sopra dell’orizzonte. Insieme ai miei compagni facciamo a gara a contenderci il secchio d’acqua per pulirci gli occhi e le mani. Poi ci aspetta il camion che ci porterà nel campo dei pomodori. E’ lo stesso che a sera ci riporterà qui nella tenda.

Il sole ed il caldo non mi spaventa. Laggiù nel mio Paese, dal quale sono fuggito, in Nigeria, il caldo è già torrido alle prime ore dell’alba. E’ per questo che sono "abbronzato" come dicono qui in questo Paese, in cui mi sono rifugiato.

Qui sto bene. Mangio un po’ di pane e qualche pomodoro che conservo fra quelli che raccolgo; bevo acqua che ci portano durante le ore di raccolta, in un recipiente di terra cotta "u’ vummile" come lo chiamano da queste parti.

A fine settimana mi danno dieci euro che conservo e mando alla mia famiglia che è rimasta nel mio Paese. Dicono che c’è la crisi. Che la crisi è mondiale. Io non so cosa sia questa crisi. Forse, mi dicono, che quando c’è la crisi si sta male ma nel mio Paese la crisi c’è sempre stata. Qui sto bene. Almeno mangio, bevo ed aiuto la mia famiglia. Ogni tanto di notte dobbiamo scappare perché arrivano quelli con la testa rasata. Dicono che siamo sporchi negri e che dobbiamo tornare nel nostro Paese. Se ritornassi nel mio Paese, morirei. Li c’è la crisi perenne.
Morto a diciotto anni.

Una vita di tutti i giorni...


Ancora un’altra mattinata mi aspetta. L’aria condizionata della camera da letto ha pompato per tutta la notte, ma la temperatura è sempre rimasta sui venti gradi. Oggi mi aspetta una giornata infernale. Dovrò decidere, insieme al Consiglio d’amministrazione, se chiudere la fabbrica di conserve o resistere ancora un altro anno. La raccolta dei pomodori, quest’anno è andata male. E’ vero che abbiamo pagato poco il raccolto sulla pianta, ma è anche vero che il prodotto non è granchè. E poi la crisi. Cristo la crisi!

I creditori che non mi danno tregua. E poi i finanzieri. E’ vero che adesso con il condono potrò far ritornare i capitali, e mettere a tacere quell’inchiesta sui soldi che ho messo a Montecarlo. Beh, per adesso faccio colazione, e poi ci penserò. Al massimo metto tutti in cassa integrazone, licenzio i precari e poi, a limite, chiedo l’amministrazione controllata, vado ai laghi e mi riposo un po’. Quest’anno nemmeno un giorno di ferie mi son preso! La crisi. Che stress! Potessi fare il lavoratore dipendente. Non avrei certo di queste preoccupazioni!

Una vita di tutti i giorni...

Oggi son proprio stanco. Nemmeno un attimo di tregua, ho avuto. Tutta la notte davanti al forno. La direzione ha deciso di aumentare la produzione perché c’è la crisi ed allora ci dobbiamo dar da fare. I compagni, in assemblea, han tentato di resistere all’aumento dei ritmi. Hanno anche detto che non è giusto che dobbiamo lavorare 12 ore anche nel turno di notte, e non essere pagati per lo straordinario.

Ma quelli del sindacato hanno detto che c’è la crisi. Che siamo tutti nella stessa barca, che i tempi son duri e che, o è così oppure ci aspetta la cassa integrazione a zero ore e poi la mobilità o il licenziamento. Abbiamo fatto quattro conti e col mutuo da pagare, i bimbi a scuola, mia suocera a carico, come faccio con 800 euro al mese? Ho quarantadue anni. Dove vado? Però almeno i compagni del sindacato son stati bravi a strappare alla direzione di farci riconoscere un bonus di 100 euro. Fuori busta paga. In nero. Si capisce.C’è la crisi.
 
E c’è crisi anche per il signor Mauro. Tu pensa che lui è stato sempre in fabbrica con noi, insieme a noi. E’ proprio un brav’uomo. E’ proprio come noi. Viene dalla gavetta, lui. Tu pensa che ha fatto l’operaio come noi. Lui ci capisce. Però son proprio fortunato. Ho un lavoro, a tempo indeterminato e di questi tempi è un privilegio. Mangio tutti i giorni pasta e pomodoro. Certo. A me piace. L’ultima volta che siamo andati in pizzeria, mi ricordo che ero fidanzato con mia moglie. Ora invece, in pizzeria non vado più. Mi accontento di veder la televisione con la mia famiglia. Quando i turni me lo permettono.

Tre vite di tutti i giorni. Tre realtà differenti, ed inconciliabili. Ognuno con i suoi sogni, le sue speranze, la sua dimensione di realtà. Tre vite. Niente gli accomuna. Solo il loro essere uomini e la crisi.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares