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Crisi Finanziaria: Prodi parla dell’Irlanda ma il peggio deve ancora venire

Evidentemente non pago della profezia di marzo (rileggetela attentamente), Romano Prodi si rimette il mantello del mago Otelma anche per l’Irlanda. L’ex premier non vede “una espansione a catena” della crisi dall’Irlanda agli altri Paesi dell’area euro. L’ex presidente della Commissione Ue lo ha detto oggi in una intervista a Radio Popolare.

Prodi ha sottolineato la diversità tra la crisi greca e quella irlandese:

“In Grecia i governi che si sono succeduti ne hanno combinate di tutti i colori: hanno accumulato un debito enorme e lo hanno nascosto sotto il tappeto; l’Irlanda invece ha un bilancio pubblico in ordine ma le banche ne hanno fatte di tutti i colori: hanno gonfiato il portafoglio di titoli speculativi, quando poi la bolla si è sgonfiata sono andate in crisi. Il governo ha dato garanzie alle banche. Quindi la crisi irlandese è la crisi delle banche irlandesi, che poi sta colpendo tutto il sistema bancario”

Premesso che i “titoli speculativi”, nel crack irlandese, li vede solo Prodi (si trattava di banali mutui, ma erogati per l’intero controvalore dell’immobile), il problema resta la sostituzione del debito sovrano a quello del settore privato, e l’effetto contagio che da esso deriva. L’Irlanda ha fatto un errore fornendo garanzie alle banche? Bene, ma in tal caso l’errore lo hanno fatto in tanti, Regno Unito incluso. E non crediate che la libera fluttuazione della sterlina possa essere decisiva: temiamo possa servire solo a prendere tempo.

Prodi pensa che fornire garanzie alle banche sia stato frutto di dabbenaggine governativa, ma non possiamo credere che egli sia così ottuso da ignorare le terrificanti pressioni subite dai governi per salvare banche ed altri investitori (tipicamente i fondi pensione), data l’interconnessione sistemica. Occorre che qui ci capiamo: non basta dire “lasciate fallire le banche”, occorre essere consapevoli di cosa vuol dire far saltare un istituto di credito, che peraltro non salterebbe da solo. Se qualcuno pensa che avere disoccupazione al 20-25 per cento a seguito del crollo del sistema bancario sia politicamente e socialmente gestibile, lo dica forte e chiaro. Come diceva qualcuno, “se perde il posto il mio vicino è recessione, se lo perdo io è depressione”.

Il fatto è che, al punto in cui siamo arrivati, non esiste nessuna vera alternativa. O meglio, esiste una alternativa tra un disastro ed una catastrofe. Sarebbe già molto scaricare sugli obbligazionisti subordinati parte del peso della crisi, come si è iniziato a fare in Irlanda, e come verrà fatto in altri paesi europei, tra non molto. Eppure, anche così potrebbe non bastare.

Alla domanda se avesse messo in conto una possibile crisi quando nacque la moneta unica, Prodi ha risposto:

“Io l’avevo messa in conto: dissi che il patto di stabilità è stupido, in una intervista che mi è costata tantissimo. Ora dicono ‘Prodi aveva ragione’; questo perché si erano dati solo dei parametri numerici senza dare strumenti alle autorità europee di intervenire in caso di scostamenti. Ma erano stati Germania e Francia che si erano rifiutati di seguire l’appello della Commissione europea. Ma non si può avere una unione monetaria senza un minimo di coordinamento delle politiche economiche”

Qui Prodi ha ragione, parlando per astratto. A parte il coordinamento macroeconomico, servivano azioni anticicliche locali ma soprattutto una forte vigilanza amministrativa sul sistema bancario, dal primo livello (nazionale) fino al coordinamento di area per le banche transfrontaliere e sistemicamente rilevanti. Non c’è stato nulla del genere. L’euro è un’unione monetaria, non economica, e le unioni monetarie prima o poi finiscono ad alta velocità contro un muro di cemento armato.

La solidarietà europea, è stato poi chiesto a Prodi, reggerà ancora?

“La cifra messa in atto è grossa, certamente per i paesi di cui si parla resiste. In caso di catena nessuno resiste, nemmeno la moneta più forte. Ma io non vedo una espansione a catena”

Cominciamo col dire che il Fondo Europeo di Stabilizzazione Finanziaria (EFSF) è oggi incapiente per salvare la Spagna, figuratevi l’Italia. Ed oggi i credit default swap su Germania e Francia (i due soccorritori che metteranno mano più di chiunque altro al portafoglio) si stanno allargando. L’impressione è che, dopo essere passati da una fase di trasferimento del debito dal settore privato al settore pubblico, a livello nazionale, ora siamo entrati nella traslazione a livello sovranazionale, avendo come capolinea i sovrani più forti di Eurolandia.

Come se ne esce? Non lo sappiamo. Certamente occorre prepararsi a momenti davvero molto, molto difficili.

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