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Corruzione e mafia S.p.A.

In una intervista all’Unità, il Ministro della Giustizia Severino ha annunciato il varo di un disegno di legge contro la corruzione. Sulla corruzione, ha promesso di rafforzare le pene e la prevenzione e poi di intervenire sulla prescrizione.

Un provvedimento importante non solo per il rispetto della legalità, non solo per la sua incidenza quantitativa, sull’economia 60 mil.di di euro, ma soprattutto perché la corruzione è uno dei passaggi attraverso cui la criminalità organizzata entra nella economia legale.

La mafia non è solo un fatto di pubblica sicurezza che si risolve con la lotta alla criminalità, la cattura dei latitanti. La mafia è un fatto economico, è la più grande azienda italiana, con 150 miliardi di fatturato, pari al 10% del PIL, 100 miliardi di utili, quella che ha più liquidità 65 midi. Un’azienda che non vive più ai margini della società legale, ma è perfettamente inserita nel tessuto industriale e finanziario del nostro Paese.

L’attività criminale rende disponibile una mole ingente di liquidità, che la mafia utilizza per gestire al meglio le aziende controllate, ma anche per comprare altre aziende. Un compito molto facilitato, in questa crisi finanziaria, per la presenza sul mercato di parecchie aziende a rischio di chiusura. L’azienda mafia si nasconde dietro finanziarie di comodo, e investe nello smaltimento dei rifiuti, nel ciclo delle costruzioni, nel gioco d’azzardo, nel settore sanitario, nell’autotrasporto, nella logistica, nei servizi di vigilanza, nei locali notturni.

Dunque vive e prospera in Italia, al sud come al nord, come al centro, una mafia dal volto pulito, che fa impresa, che scala in borsa società sottocapitalizzate, la mafia che presta i soldi alle imprese in difficoltà, che condiziona l’attività delle imprese legali, che fa da ammortizzatore sociale, che garantisce la pace sindacale tra società amiche o controllate. Del problema si sono occupati la Confcommercio con SOS impresa, Saviano, e da ultimo la Commissione antimafia, che al riguardo hanno lanciato un grido di allarme.

Dunque vive e prospera accanto ad un’attività estorsiva e di violenza, un’attività di gestione dell’economia dei territori controllati che vanno dal finanziamento delle iniziative imprenditoriali, all’affidamento di commesse, alla distribuzione degli appalti nelle opere pubbliche, alla garanzia della pace sindacale che scoraggia investimenti, sottrae risorse per investimenti, produce concorrenza sleale non controllabile e non sanzionabile. Ma in un’era che segna l’avvio della competizione sistemica, dei sistema paese, può l’Italia portarsi dietro una palla al piede di interi settori o territori inquinati dall’economia mafiosa?

Non esiste solo il costo dei tassi di interesse, esiste anche il costo della mafia S.p.A., non solo in termini di risorse per la lotta alla criminalità, ma anche in termini di risorse per l’inquinamento mafioso dell’economia italiana. Quanto ci costa la riduzione della base produttiva, la riduzione del PIL, la gestione mafiosa delle opere pubbliche in termini di ritardi nella realizzazione, di qualità delle costruzioni ecc...

L’ingresso della mafia nell’industria, l’attività estorsiva che sottrae liquidità e le difficoltà di accesso al credito, costringono le imprese a ricorrere allo strozzinaggio che le rovina e le costringe alla vendita del pacchetto di controllo, semmai agli stessi mafiosi che le hanno ricattate, perché questi sono tra i pochi ad avere liquidità.

Il condizionamento dell’ attività industriale


L’azienda mafia ha un fattore competitivo esclusivo, costituito dalla minaccia e dalla violenza, e un fattore competitivo concorrente costituito dalla corruzione. La minaccia è un fatto puramente penale, la corruzione ha aspetti amministrativi politici imprenditoriali. Con questi mezzi impone merci, manodopera e la stessa attività sindacale è a rischio quando i dirigenti sindacali vengono minacciati. In tal modo esercita, rispetto alle aziende oneste, un’enorme influenza nel comparto industriale, commerciale, finanziario, amministrativo. Facilitazioni per gli amici, restrizioni per i concorrenti, nella vendita dei prodotti, nei finanziamenti, nei rapporti con la PA, nella costruzione dei prodotti.

Un condizionamento che investe le piccole e medie imprese, che subiscono circa 1300 reati al giorno, un milione gli imprenditori sono vittime di reati, ma molti altri sono collusi o perché non trovano collaborazione e aiuto nella società, o perché l’aiuto della mafia rappresenta una scorciatoia, una via più comoda per risolvere i problemi.

Mafia ammortizzatore sociale

La mafia non si limita a fornire lavoro ai propri adepti, a dare un mensile ai carcerati, a sostenere il reddito delle loro famiglie. Si preoccupa di trovare, presso aziende amiche, posti di lavoro ad amici e figli degli amici, ai raccomandati dai politici. Cosi come cura la loro carriera favorendone la promozione o impedendo un licenziamento o una sanzione disciplinare.

Un’attività che procura elettori per il voto di scambio, riconoscenza, amicizia e tutto ciò allarga la sua influenza e con essa il suo potere. Per questo la lotta alla mafia è una necessità sociale, ma anche economica. Per questo la lotta alla mafia è una necessità sociale, ma anche economica. Il contrasto alla Mafia S.p.A. Il contrasto alla mafia non si può limitare ai certificati antimafia delle imprese.

Certo sono necessari norme anticorruzione, il tribunale delle imprese, come preannunciato dal Ministro della Giustizia, ma i provvedimenti anti-mafia S.p.A. devono fondarsi, soprattutto sulla trasparenza e abbracciare, in tal senso, la revisione della normativa sul nero, processo costitutivo delle società, della disciplina degli appalti.

Per questo è prioritarià una normativa che consenta di individuare le imprese riconducibili alla mafia, quelle colluse per necessità e quelle colluse per comodo. In quest’ambito è essenziale ripristinare la normativa sul falso in bilancio per evitare l’occultamento di fondi neri e così anche l’attività di monitoraggio degli spostamenti dei pacchetti azionari, monitoraggio dei capitali scudati, degli appalti, dei cantieri. Confindustria ha proposto un bollino di qualità per le imprese che adottino codici anticorruzione denuncino e si oppongano al pizzo e rifiutino le scorciatoie offerte dalla criminalità che facilita l’accesso al credito.

Una proposta che è un pannicello caldo che premia i buoni ma non ostacola i cattivi e ha una dimensione troppo ristretta, settoriale rispetto ad un problema che ha portata generale. Non si tratta solo di facilitare il credito per le imprese antimafie, ma di sanzionare quelle in odore di mafia o di contiguità mafiosa, di impedire a queste la partecipazione ad appalti pubblici. Occorre costruire una politica economica dalla politica industriale alla politica del lavoro, dalla politica finanziaria alla politica fiscale che non prescinda dalle anomalie prodotte dall’inquinamento mafioso nelle attività legali.

L’accesso al credito non può essere valutato e disciplinato a prescindere dall’usura, dai condizionamenti criminali dell’impresa, dal lavoro nero e dai condizionamenti mafiosi del sindacato e dell’impresa. La definizione di una politica del lavoro non può fermarsi ai problemi del precariato, ma deve avere riguardo ai condizionamenti mafiosi del sindacato, specie nella legge sulla rappresentanza e delle imprese nelle assunzioni specie nella legge sul collocamento e sui contratti di lavoro.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.10) 18 febbraio 2012 16:40

    Non mi sembra che l’atuale Ministro Severino abbia le idee chiare per attivare una riforma sulla Giustizia ( se il buongiorno si vede dal mattino . . ) come la scarcerazione preventiva prima del fine pena dei condannati . . la Sua presunzione mi sembra un pò tropo ottimistica . . forse bisognerebbe portarla da uno Psicologo !

  • Di (---.---.---.107) 18 febbraio 2012 22:36

    ottima analisi, ma che lascia in ombra - come sullo sfondo - il ruolo della politica, che al contrario a me sembra centrale. Come la penetrazione mafiosa nell’economia legale altera il mercato e tende a formare tanti monopoli così la penetrazione nello Stato altera le regole democratiche e i principi costituzionali.

    Per penetrare nell’economia legale le mafie hanno bisogno della politica, Appalti, autorizzazioni, concessione e tutto ciò di cui i mafiosi hanno bisogno sono la controparte del sostegno elettorale che i clan forniscono ai politici, è questa relazione che va spezzata e il modo migliore per farlo è sviluppare la lotta alla corruzione oltre ovviamente a modificare il 416 ter del c.p.

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