• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Economia > Contributi previdenziali: il secondo pilastro del tempio delle (...)

Contributi previdenziali: il secondo pilastro del tempio delle illusioni

Che fare, quando i contributi previdenziali non bastano a pagare le pensioni correnti né quelle future, ma falcidiano il già misero netto in busta? Idea: nuovi prelievi da destinare alla previdenza integrativa.

Il sistema politico italiano torna periodicamente a tentare di quadrare un cerchio fatto di incapienza fiscale che deve fronteggiare la moltiplicazione di istanze di protezione, sociale e produttiva, in un contesto globale che diventa sempre più cupo.

Prendiamo il caso della previdenza: l’Italia, più di altri paesi, vive un dramma demografico che sta progressivamente prosciugando i flussi contributivi, che servono a pagare le pensioni. Certo, nel breve termine è possibile immaginare fasi di recupero anche sostanziale, legate ad esempio all’aumento di occupazione che si sta sperimentando un po’ ovunque, non solo da noi. Ma la traiettoria demografica prevale su tutto, nel lungo termine.

Una pressione contributiva sempre più pesante, che richiederebbe la crescita del valore aggiunto e che rappresenta un poderoso incentivo al sommerso o all’emerso parziale, ad esempio sotto forma di part-time involontario, come si dice con eufemistica espressione. Fenomeni che, a loro volta, minano il salvadanaio contributivo dei lavoratori, soprattutto quelli più giovani, caratterizzati da “carriere” irregolari.

Cercando contributi

Che fare, quindi? Da un lato, i massimalisti che invocano ormai esplicitamente una patrimoniale per finanziare il sistema. Scordando o fingendo di non capire che non si può tenere in piedi la continuità di un sistema contributivo a mezzo di redistribuzione sistematica. Dall’altro, le richieste di aumentare la contribuzione figurativa, quindi di aumentare la pressione fiscale, con tutto quello che ne conseguirebbe.

All’estremo opposto, la teorica soluzione a tutto: più crescita. Se solo fosse così semplice, questo truismo. Ma passiamo oltre. Che fare, quindi, per le carriere contributive discontinue e la minaccia (o promessa) di pensioni risibili? Ecco, all’improvviso, la fiammata di genio: potenziare il secondo pilastro, la contribuzione integrativa.

Come abbiamo fatto a non pensarci prima? Abbiamo il primo pilastro che sta tirando giù tutto l’edificio e la promessa di pensioni ridicole, ove mai ve ne saranno. Ma non è davvero un problema: basta dire ai lavoratori, soprattutto quelli giovani, che magari guadagnano quanto basta per pagare affitti e bollette e mettere qualcosa sotto i denti, che devono fare versamenti aggiuntivi alla previdenza integrativa.

Meglio se glielo facciamo dire da qualche illustre economista durante uno dei convegni di settore, che dite? “Cari ragazzi, voi siete un po’ distratti: se non investite parte del vostro stipendio nella previdenza integrativa, vi aspetta un gramo futuro. Coraggio, anche questa è educazione finanziaria. La prossima settimana, grande approfondimento in un prestigioso quotidiano nazionale. È il nostro investimento per il vostro futuro, non vi sentite grati?”

Ieri, intervenendo alla presentazione del Rendiconto dell’Inps, il leghista sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, ha detto che

Con questo contesto economico la formula è quella di dare forza e gambe al sistema pensionistico con il secondo pilastro. Il secondo pilastro è determinante per fare si che le future pensioni abbiano un sostegno economico davvero importante. Dobbiamo capire come potenziare e come dare forza a questo secondo pilastro.

Ecco, appunto. Sarà, ovviamente, importante la crescita occupazionale. Più stipendi, più contributi. Facile, no? Ma Durigon si ricorda anche di essere il grande sostenitore di Quota 41, quel nonsenso demografico col quale il suo partito conduce campagne elettorali da lustri. E quindi, ecco che parte il riflesso condizionato:

Possiamo dare una flessibilità in uscita che possa essere adeguata alla sostenibilità di cui abbiamo bisogno in questo Paese.

Basta buste arancioni

Che non è chiaro esattamente cosa c’entri con la crescita dell’occupazione, ma è l’ennesimo rigurgito della leggenda della staffetta generazionale. Che porta a meno ingressi rispetto alle uscite. Poi, ecco l’ulteriore lampo di genio:

Non dobbiamo far vedere più le buste arancioni, allontanavano i giovani dalla forma previdenziale. Bisogna fare un’informazione che faccia capire ai giovani come è importante costruirsi il proprio futuro pensionistico. Da parte del Governo ci sarà attenzione per una riforma che darà respiro e flessibilità al Paese.

Le buste arancioni, per chi non lo sapesse o ricordasse, sono quelle comunicazioni ai lavoratori, introdotte durante la presidenza Inps di Tito Boeri, in cui si specifica agli interessati quanto potranno verosimilmente attendersi di pensione, a legislazione corrente. Durigon non vuole che questo esperimento torni perché, secondo lui, sarebbe in pratica diseducativo e allontanerebbe i giovani dalla previdenza.

 

Vi confesso che non ne capisco il motivo: forse i giovani, vedendo questo grasso importo futuro, decidono che può bastare e abbondare, e da quel momento iniziano a votare per chiunque consentirà loro di mettere le mani il prima possibile su quel malloppo? Deve essere così, se le parole di Durigon sono state correttamente riportate.

Quindi, la strada è tracciata. Basta assistenzialismo e soldi per contributi figurativi a carico della fiscalità generale: costringiamo chi lavora a versare nel secondo pilastro, ed è fatta. Non arrivano alla fine del mese già oggi, figuriamoci se dovessero privarsi di altri soldi? Balle, è tutta suggestione di gente che non ha ancora compreso di quante risorse interiori dispone.

La finanza pubblica creativa non va in pensione

Poi, in caso, possiamo aiutarli con qualche decontribuzione, sempre a carico della fiscalità generale, meglio se in forma di deficit da scorporare, alla faccia di quegli odiosi burocrati di Bruxelles. E vi dirò di più: potremmo studiare anche la trasformazione dell’utilizzo di quel secondo pilastro. Non più a capitalizzazione, cioè legato a chi versa quei soldi, ma a ripartizione, per mostrare solidarietà verso i pensionati di oggi, inclusi quelli mandati in quiescenza prima del tempo, perché hanno progetti di vita da perseguire.

Si ma in questo modo le assicurazioni si incazzano, perché non possono gestire quel tesoro di secondo pilastro ed estrarre commissioni. Non c’è problema, al tempo penseremo anche a loro, magari rendendo obbligatorie nuove assicurazioni su danni e proprietà. E comunque, non scordate che su tutto resta la garanzia sovrana della nostra Nazione, come ben vi stanno spiegando da tempo alcuni problem solver di razza.

Bene, problema risolto. Sotto col prossimo convegno. Chi pensa al catering?

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità