Contributi alla patria, il nuovo fondo PonzInps
La legge di bilancio consente ai nuovi assunti di versare su base volontaria un 2 per cento aggiuntivo all'Inps. Per farne cosa, e come capitalizzarlo? Nel futuro c'è lo smantellamento del secondo pilastro.
Su Repubblica, un commento di Tito Boeri e Mario Padula richiama l’attenzione sulla misura, introdotta nella legge di bilancio di quest’anno, che prevede che i lavoratori assunti dal primo gennaio possano versare all’Inps fino al 2 per cento della propria retribuzione, a titolo di contribuzione aggiuntiva, con deduzione al 50 per cento di tali importi. La logica è nota: alimentare l’enorme rubinetto delle pensioni a ripartizione, sempre più aperto ma sempre meno alimentato dalla sorgente a monte, cioè dai contributi. Questo inaridimento deriva da motivi demografici. Siamo da tempo giunti al capolinea della pressione contributiva senza alimentare fughe verso il sommerso.
Contributi di fede
Peraltro, non è affatto garantito che tale alimentazione aggiuntiva sia segregata alla spesa previdenziale in senso stretto. L’Inps è un enorme lago con imponenti deflussi di natura assistenziale. Quindi nulla vieta che i liquidi di nuova immissione defluiscano in cassa integrazione straordinaria ed esborsi simili.
Ma il commento di Boeri e Padula verte su altri aspetti:
La norma non dice come verranno utilizzati questi contributi. In quale fondo verranno versati? Quale sarà il loro rendimento, a quale tasso saranno capitalizzati? Tutto viene demandato a un successivo decreto del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il ministero dell’Economia. Una decisione molto importante viene in questo modo delegata al governo, sottraendola al Parlamento, nel silenzio generale.
Questo paese è governato, pro futuro, a colpi di decreti interministeriali di attuazione: nulla di nuovo sotto il sole. L’idea della politica è quella di mettere l’Inps in grado di catturare risorse crescenti, per supplire alla dinamica demografica avversa. Da qui l’espediente, che carsicamente riaffiora, di far entrare l’Inps nella gestione del cosiddetto secondo pilastro previdenziale.
Che tuttavia deve essere a capitalizzazione, non a ripartizione. Altrimenti torniamo allo schema Ponzi e alla cattura di risorse da destinare nell’immediato a spesa corrente, quella per prestazioni sociali. Ma diventare gestori del risparmio non si improvvisa. L’Inps oggi si limita a intermediare i fondi, quindi dovrebbe creare una struttura gestionale ad hoc, con costi di impianto altissimi, oppure delegare gestori esterni. Per informazioni su come vanno a finire queste cose, quando l’acqua scarseggia e il fondo non galleggia, vedi alla voce FondInps.
Altro problema per la contribuzione volontaria aggiuntiva:
A quali tassi verrebbero poi capitalizzati i contributi aggiuntivi? In un fondo a capitalizzazione dovrebbero essere tassi di mercato e non tassi stabiliti per legge. Capitalizzare a tassi fissati per legge oppure a tassi di mercato con un minimo garantito dallo Stato rischia di aprire voragini nei conti dello Stato. Se il tasso fissato per legge o il minimo sono più alti dei tassi di mercato, si finisce per promettere più di quello che si può effettivamente dare.
E ancora:
Ci sono buone ragioni per ritenere che la regolamentazione cui sono soggetti i fondi pensione, in Italia come in Europa, non si applichi nel caso di un fondo istituito all’interno di un istituto di previdenza pubblico, come l’Inps, in analogia con quanto accade con le Casse Professionali, che infatti sono sprovviste di regolamentazione in materia di investimenti finanziari, al contrario dei fondi pensione. Ma allora come assicurare alla contribuzione aggiuntiva all’Inps lo stesso livello di tutela oggi garantita alla contribuzione ai fondi pensione? Qui entrano inevitabilmente in gioco questioni di governance. L’Inps è sottoposto alla vigilanza dei ministeri del Lavoro e dell’Economia ed è presumibile che le scelte circa l’autorità a guida del fondo siano eminentemente di natura politica, così come avviene nelle nomine per il Consiglio di Amministrazione dell’istituto.
Investire, e investiremo
Come suggeriscono gli autori del commento, pensate a un fondo Inps che destini i soldi raccolti ad aziende italiane, nel nome del Made in Italy, magari -appunto- con garanzia pubblica su un tasso-soglia pari a quello della rivalutazione del Tfr, come da cervellotica proposta già letta nel recente passato.
Addio diversificazione, quella cosa che impone di non mettere tutte le uova nello stesso paniere nazionale, con buona pace di chi, in questi anni, ha deciso che la diversificazione internazionale di portafoglio è atto di disfattismo.
Direi che può bastare, come galleria degli orrori. Attendiamo il decreto interministeriale, consapevoli che difficilmente questa contribuzione aggiuntiva sarà copiosa. Ma il problema resta: la demografia picchia sempre più duro, la politica non intende prenderne atto. E poi ci sono quelli che devono mantenere promesse demenziali, del tipo “aboliremo la legge Fornero” che di fatto vuol dire proprio “aboliremo la demografia” (vaste programme) e hanno aperto la prima breccia nella diga del secondo pilastro, che concorrerà alle uscite anticipate per tutti i contributivi puri.
Peccato che non tutti abbiano sotto mano un fondo pensione da spaccare in caso di emergenza. Solo i più fortunati. La mia impressione è che, all’aggravarsi della situazione demografica, si arriverà al “liberi tutti” e si darà l’assalto “cileno” al secondo pilastro, con allentamento delle modalità di prelievo. Un modo per divorarsi il futuro, ma permettere alla politica di dire che ha mantenuto le promesse.
Prima di chiudere, ricordo che l’attuale secondo pilastro consente di dedurre dal reddito complessivo annuo i contributi versati, con limite di 5.164,57 euro. I dieci milioni del vecchio conio. Ma, anche qui, questo tetto di deducibilità non è indicizzato all’inflazione, quindi è destinato a diventare sempre più misero col trascorrere del tempo. Ancora una volta, senza indicizzazione di scaglioni d’imposta e voci deducibili, vince solo lo stato treccartaro, quello che alimenta i sudditi di illusione monetaria.
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