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Come le forze armate di Myanmar aggirano le sanzioni per ottenere carburante

Il 2023 è stato l’anno in cui gli attacchi aerei dell’esercito di Myanmar sono risultati più mortali.

Il più grave di tutti si è verificato l’11 aprile, quando un bombardamento ha centrato una riunione convocata per celebrare l’inaugurazione di un nuovo ufficio amministrativo nel villaggio di Pa Zyi Gyi, nella regione di Sagaing. Sono rimasti uccisi 100 civili, tra cui 35 bambini, oltre a 18 membri di gruppi armati di opposizione.

Il 27 giugno, nella stessa regione, in un attacco contro un monastero del villaggio di Nyaung Kone sono morti un monaco e altri nove civili.

Il 9 ottobre un attacco contro un campo per profughi interni situato nel villaggio di Mung Kai Hyke, nello stato di Kachin, ha ucciso almeno 28 civili, bambini inclusi, e ferito almeno altre 57 persone.

Infine, a dicembre, Amnesty International ha denunciato come crimini di guerra una serie di attacchi negli stati di Rakhine e di Shan, in quest’ultimo caso anche con l’uso di bombe a grappolo, vietate dal diritto internazionale.

Ma come è stato possibile tutto questo, alla luce delle sanzioni imposte da Unione europea, Usa, Regno Unito, Canada e Svizzera sulle forniture di carburanti a Myanmar?

Lo rivela oggi Amnesty International, in un’indagine resa nota alla vigilia del terzo anniversario del colpo di stato del 1° febbraio 2021.

Dopo un’interruzione delle forniture tra gennaio e marzo del 2023, grazie alle pressioni esercitate su aziende, stati e compagnie di navigazione, da aprile ad agosto sono arrivate in Myanmar almeno sei mercantili contenenti carburante. Tra settembre e novembre c’è stata una nuova pausa. A dicembre, tuttavia, è approdato un nuovo mercantile.

Le sette spedizioni del 2023, in aumento rispetto al 2021 e al 2022, hanno fornito all’aviazione di Myanmar almeno 67.000 tonnellate di carburante.

Tutti i mercantili avevano caricato il carburante da un deposito situato in Vietnam, situato al terminal Cai Mep nei pressi di Ho Chi Minh City, gestito dalla compagnia locale Hai Linh Co. Ltd.

Da quel terminale sono partite per sei volte il mercantile Huitong 78 battente bandiera cinese e una volta la nave Yida 8 battente bandiera liberiana.

La destinazione finale in Myanmar è stata l’ex terminale della Puma Energy nell’area portuale di Thilawa (nella foto, scattata dal satellite), nella zona di Rangon. Dal dicembre 2022, alla Puma Energy è subentrata una joint-venture tra la Shoon Energy Thilawa Terminal Co. Ltd. (già Asia Sun Aviation) e la MPE, di proprietà statale e controllata dall’esercito di Myanmar.

Dalla documentazione di viaggio e da quella delle dogane, Amnesty International ha potuto ricostruire in tre occasioni come il carburante fornito a Myanmar sia arrivato in Vietnam: in un caso, il carburante è stato caricato dal terminal di Huizhou della China National Offshore Oil Corporation, la terza azienda petrolifera cinese; in altri due, dal terminal indipendente di Pengerang, in Malesia, in parte di proprietà della Royal Vopak.

In almeno tre delle sette forniture arrivate in Myanmar via Vietnam, il commercio di carburante ha visto coinvolta la BB Energy (Asia) Pte. Ltd., la filiale singaporeana della compagnia privata BB Energy, che ha sede a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.

Non è chiaro se le aziende coinvolte sapessero che il carburante fornito al Vietnam era destinato all’esercito di Myanmar o se le loro azioni avrebbero violato le sanzioni internazionali. Ma, se applicassero sul serio la due diligence, potrebbero e dovrebbero sapere cosa accade lungo tutta la catena di valore dei loro prodotti.

L’unica compagnia che ha risposto alla richiesta di spiegazioni di Amnesty International è stata la malese Royal Vopak, che ha enfatizzato il suo rispetto per i diritti umani e ha negato di avere informazioni sul mercantile partito dal terminale di Pengerang, nonostante i dettagli forniti dall’organizzazione per i diritti umani.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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