Egitto, rischia 25 anni per una maglietta contro la tortura
Quindici organizzazioni per i diritti umani, fra le quali Amnesty International, hanno chiesto congiuntamente alle autorità egiziane di liberare immediatamente e incondizionatamente Mahmoud Hussein, che rischia 25 anni di carcere solo per aver indossato una maglietta con una scritta contro la tortura.
Mahmoud Hussein si trova in detenzione arbitraria dall’agosto 2023. Da allora la sua salute mentale e fisica è gravemente peggiorata.
Era stato già arrestato nel 2014, quando aveva 18 anni, all’indomani delle manifestazioni pacifiche per il terzo anniversario della Rivoluzione del 25 gennaio 2011, perché indossava una maglietta con lo slogan “Una nazione senza tortura” e una sciarpa con il logo “Rivoluzione del 25 gennaio”. Aveva trascorso due anni in detenzione arbitraria preventiva per poi essere scarcerato su cauzione, nel 2016, a seguito di una mobilitazione globale. Nel 2018, tuttavia, era stato giudicato colpevole e condannato all’ergastolo in contumacia.
Mahmoud Hussein è stato nuovamente arrestato a un posto di blocco il 30 agosto 2023 e poi sottoposto a sparizione forzata per cinque giorni presso diverse strutture controllate dall’Agenzia per la sicurezza nazionale. Durante questo periodo, è stato interrogato con una benda sugli occhi e senza la presenza di un avvocato. Successivamente è stato trasferito nella prigione Badr 1, nota per le condizioni detentive disumane e per la mancata fornitura di cure mediche adeguate.
Le autorità carcerarie gli stanno negando le medicine prescritte per il suo disturbo da stress post-traumatico, scaturito dal suo primo arresto nel 2014: funzionari dell’Agenzia per la sicurezza nazionale lo sottoposero a torture e altri maltrattamenti tra cui percosse e scosse elettriche alle mani, alla schiena e ai testicoli, per costringerlo a firmare una “confessione”. Da allora ha subito due interventi chirurgici di sostituzione dell’anca, con l’obbligo di utilizzo delle stampelle. Inoltre, nel novembre 2023, è stato operato presso l’ospedale penitenziario per un ascesso anale, ma la famiglia ritiene che non stia ricevendo le cure post-operatorie necessarie.
Nel nuovo processo che dovrà affrontare, giacché nel primo era stato condannato in contumacia, Mahmoud Hussein è accusato di appartenenza a un gruppo “terroristico” e coinvolgimento in azioni violente. Queste accuse derivano dall’esercizio dei suoi diritti fondamentali alla libertà di espressione e di riunione pacifica, diritti che già avevano costituito la base del suo primo arresto nel gennaio 2014.
Il processo, la cui seconda udienza è fissata al 23 aprile, si tiene nuovamente presso il Tribunale d’emergenza per la sicurezza dello stato, le cui procedure sono intrinsecamente ingiuste, anche perché le sentenze non sono soggette ad appello, ma solo a ratifica da parte del presidente.
Secondo le organizzazioni egiziane per i diritti umani – l’Istituto del Cairo per gli studi sui diritti umani, il Comitato per la giustizia, il Centro El Nadeem, il Fronte egiziano per i diritti umani, la Fondazione Sinai per i diritti umani – nel 2023 almeno 251 imputati sono stati coinvolti in nuovi casi, mentre nel 2022 lo stesso è stato per altre 620 persone.
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