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Cile ed Ecuador in stato di guerra civile ci insegnano da cosa nasce la ribellione popolare

In Ecuador i primi disordini sono scattati il 3 ottobre. A monte del motivo che ha fatto scatenare la popolazione c’è la nuova manovra economica del governo, che tra le altre pesanti misure contro la popolazione, prevedeva la cancellazione di importanti sussidi: quelli che permettono di mantenere basso il prezzo del gasolio.

 

 La manovra è la risposta alle richieste che il Fondo Monetario Internazionale ha posto all’Ecuador che, in cambio di un credito pari a 4,2 miliardi di euro – da utilizzare pe risollevare le sorti economiche del paese – ha varato una manovra finanziaria “lacrime e sangue”.

Le reazioni della popolazione non si sono fatte attendere, tanto che dopo pochi giorni dalle prime manifestazioni di piazza, il presidente Moreno ha deciso di proclamare lo stato d’emergenza.

In Ecuador la gente fa la fame, ma il mondo politico se ne frega e, anzi, pressa il popolo con nuove misure economiche che negano i diritti civili fondamentali.

Cambiamo nazione e approdiamo in Cile, dove le proteste popolari sono scattate la scorsa settimana, a causa della decisione, da parte del governo, di rincarare il prezzo del biglietto della Metro. Il Presidente cileno Pinera è stato costretto a cedere, ma sta accadendo qualcosa che va oltre: malgrado il cedimento in favore della popolazione, e la promessa di recedere dalla misura economica oltre che a procedere a un rimpasto di governo, le manifestazioni non si sono fermate. Perché? Perché la gente ha compreso che è stato valicato un limite, oltre il quale non è possibile andare.

In Cile era stato proclamato lo stato di coprifuoco - dalle 19:00 alle 06:00 – che il presidente ha dovuto sospendere. Permane lo stato di emergenza.

Ciò di cui non si parla abbastanza diffusamente: in Cile lo stato di repressione contro la popolazione ha raggiunto limiti inaccettabili, tanto che sono intervenute organizzazioni come Amnesty International per chiedere che cessino le violenze e gli abusi da parte della polizia, che ha ucciso 18 persone e ne ha arrestate altre 2.436.

Per reprimere le proteste viene utilizzata la tortura, lo stato di emergenza dichiarato dal governo permette di restringere il diritto civile a manifestare pacificamente, e rafforza il potere della polizia a usare maniere forti contro una popolazione non violenta, resa semmai ancor più arrabbiata dal tipo di contrattacco.

Le proteste continuano e lo slogan del popolo –cittadini di ogni età in rivolta da giorni - è “Il Cile si è svegliato”!

Perché racconto questi stralci di realtà che stanno accadendo lontano da noi? Primo: perché è importante comprendere cosa accade, oggi, in questo momento, nel mondo. Ed è importantissimo conoscere le ragione di queste proteste, e sapere anche come esse vengono tacitate dal potere governativo.

Prendiamo l’esempio del Cile: 30 anni dopo la terribile dittatura di Pinochet, la popolazione è stata lasciata a se stessa, le disuguaglianze sociali sono cresciute al punto da creare una forbice enorme tra la gran parte della popolazione e i pochi nuclei abbienti.

La gente è alla fame e in una situazione simile, persino l’acqua – elemento fondamentale alla vita umana - è stata privatizzata, aumentandone esageratamente il costo e negandone l'accesso. Anche le condizioni igienico-sanitarie sono terribili ormai. Se un governo decide di privatizzare l’acqua potabile, sta dichiarando guerra al suo popolo, costringendolo a trascinarsi in un’esistenza inaccettabile e priva dei diritti fondamentali. 

Di contro, politici e grandi imprenditori abusano di un potere ormai illimitato, cautelati da un’immunità pressoché totale. Forti coi più deboli, zerbini coi potenti, è il titolo di un mio recente editoriale, che parla però del sistema politico italiano.

Un popolo arriva a ribellarsi quando la misura è davvero colma. Quando ci si ostina a togliere a chi ha poco e ad avvantaggiare chi ha troppo. Quando la gente è alla fame.

Perché ho deciso di parlare di questo nel mio editoriale di oggi? Perché la situazione italiana non è dissimile da quella cilena o da quella ecuadoriana. Il livello di corruzione in politica, nel nostro paese, è fuori controllo. La pressione fiscale è abnorme. L’economia delle famiglie di classe media e bassa è costantemente minata.

Sapete cosa ci distingue da questi popoli in rivolta? La “fortuna” di avere ancora risparmi su cui poter – ancora – contare. Solo quello. Ed è la ragione per cui qui da noi nessuno ha intenzione di dire a chi di dovere: “Ora basta”! Al massimo, si leggono slogan del genere sui social network, dove qualcuno da anni si ostina ancora a scrivere “Gli italiani si sono svegliati”! ma non siamo in Ecuador e nemmeno in Cile, e rimangono slogan fissati sulla nullità di un mondo virtuale.

Se verrà il tempo della crisi reale, quella in cui le famiglie si troveranno senza denaro e a dover combattere davvero contro l’affronto della miseria, ottenuta da pochi potenti con l’inganno e la privazione dei diritti civili, allora ricordate questo articolo, anche se sarà tardi, quando scriverete sui vostri cartelli, prima di scendere in piazza, privati di ogni cosa: “L’Italia si è svegliata”! 

Foto: C64-92/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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