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Chet Baker: la caduta dell’angelo

Il 13 maggio del 1988 la scomparsa di Chet Baker. La musica, così come i lati oscuri del trombettista bello e dannato restano un'icona leggendaria del cool-jazz.
 

Quel 13 maggio, verso le 3 del mattino, Chet Baker sarebbe caduto, o forse si è buttato, dal secondo piano dell'hotel Prins Hendrik di Amsterdam. Da mesi il trombettista e cantante dal fascino maledettamente unico era diventato un cadavere ambulante. Nell'ultimo periodo la sua dose quotidiana di eroina era aumentata a sei grammi, senza dimenticare la cocaina che era solito mischiare in speedballs.

Chet stava percorrendo l'Europa da diversi mesi, esibendosi in concerti a volte miracolosi a volte disastrosi. Non aveva domicilio fisso, né conti in banca. I soldi della musica passavano direttamente attraverso la siringa.
Un vagare senza pace, come quello che aveva compiuto quasi vent'anni prima, rievocato all'inizio del film "Born to be blue", che mostra il carcere di Lucca in cui Chet trascorse 16 mesi nel 1960, in seguito all'arresto per l'assunzione di droga in una stazione di benzina a San Concordio

Ma chi era per davvero quel trombettista bianco che, per riprendere le parole dell'animatore americano Steve Allen, aveva cominciato come Dean Martin per finire come Charles Manson? Da dove venivano quel canto ferito e quel suono contagioso? 

Chet Hensey Baker Junior, nato nell'Oklahoma il 23 Dicembre 1929, non è mai stato quello che sembrava essere. Dopo una gioventù dozzinale, raggiunge improvvisamente il successo all'inizio degli anni cinquanta, a fianco di Charlie Parker e Gerry Mulligan. E' un musicista brillante, quasi autodidatta, che si lascia guidare dall'istinto e dalle orecchie. Il suo bell'aspetto ne farà presto la figura di punta del cool jazz nella West Cost, nell'immagine idealizzata di un playboy con la tromba.

Il suo suono sfavilla in ogni dove, tutte le ragazze gli vanno dietro e la consacrazione non tarderà ad arrivare: nel 1953 i lettori di Down Beat lo eleggeranno come miglior trombettista dell'anno, davanti a giganti come Louis Armstrong, Miles Davis e Dizzy Gillespie. D'altronde erano gli anni di My Funny Valentine, la sua interpretazione più famosa, realizzata nel 1952 con il pianista Gerry Mullingan. Chet resterà all'apice della scena musicale per quasi due anni. Poi verrà la caduta, tanto subitanea quanto vertiginosa. 
Ben presto, la sua musica sarà reputata troppo classica e il ragazzo troppo inconstante. Per di più, i musicisti neri troveranno scandaloso che Baker stia diventando più celebre di Clifford Brown o Miles Davis. Horace Silver si farà letteralmente beffe di quello che definisce un "jazz da omosessuali". Lo stesso Chet prenderà atto dei suoi limiti nel febbraio 1954, al Birdland di New York, quando la crème del jazz dell'East Coast incontrerà la crème della West Coast. A partire da quel momento, Chet comincerà a prendere contatto con l'eroina, seguendo le pratiche della maggior parte dei suoi confratelli. 

Secondo alcune testimonianze poco lusinghiere, raccolte nel libro "La lunga notte" pubblicato nel 2008 da James Gavin, nella sua intimità Baker era considerato come un tipo poco loquace, poco affidabile e piuttosto antipatico. In quegli anni vive quasi da clochard e inizia a farsi un po' di galera. Ma al cospetto del primo scivolone, la via d'uscita si rivelerà ben presto l'Europa, dove la sua personalità può ancora trovare un luogo d'espresione artistica. 


Sarà soprattutto l'Italia a salutare la sua nuova carriera, verso la fine degli anni cinquanta. "Da quelle parti adorano gli artisti tragici, quelli che fondono nell'autodistruzione" commenterà il suo ex compagno di band Gerry Mullingan, non celando un certo senso d'invidia. Ma la realtà è che da quelle parti cambierà poco o nulla per Chet: Palfium (analgesico morfinico), eroina, prigione, mancanza di soldi, tradimenti saranno difatti all'ordine del giorno. Tutte cose che lo avevano già profondamente toccato.

Baker toccherà ulteriormente il fondo alla fine degli anni sessanta, di ritorno negli Stati Uniti. Tra piccoli furti, lavoretti come benzinaio e dischi deludenti, l'angelo si fa spaccare la faccia da alcuni dealers a San Francisco e sarà costretto a portare una dentiera. Non proprio il massimo per chi suona la tromba. Il registro degli acuti gli diventa inaccessibile, deve pertanto scendere sulle note basse, suonando di una mezza ottava più sotto rispetto alla media dei trombettisti.

Malgrado ciò, Chet riuscirà comunque ad improvvisare a fil di labbra, con quel suono florido e dolce che resta la sua firma indelebile. Si tratta di un vero lavoro, quello che lo costringe a riassestare il suono della sua tromba. Quindi nel 1974 decide di ripartire alla volta dell'Europa, dove comincia a produrre la sua migliore musica di sempre, stando alle sue parole: una convinzione condivisa da non pochi

Certo, l'angelo ha ormai una faccia da spettro; la sua voce sensuale di ieri si è parzialmente esaurita, a dispetto del suo consumo settimanale di eroina, che secondo Gavin avrebbe potuto decimare un gregge. Ma mai come in questo periodo sia il suo suono che il suo canto avrebbero fatto prova di tanta sensibilità. "Per me, improvvisare è come raccontare una storia ad un bambino", dichiarerà Chet un giorno. "Non puoi mica riversargli una sfilza di parole che non capirebbe. Bisogna cominciare da una frase semplice, per poi svilupparla". 

In Europa, Chet Baker potrà comunque contare sul sostegno di alcuni fedeli, che lo aiutano ad attraversare le ore più buie: in particolare, i pianisti Enrico Pierannunzi e Michel Graillier, così come i contrabbassisti Niels-Henning Ørsted Pedersen e Riccardo Del Fra. Del resto, perfino le relazioni intime risultano complicate. Ruth Young, una delle sue amanti, dirà che "il solo mezzo per avere una vera relazione con lui passa attraverso la droga".

Alla luce delle più svariate congiunture, Chet avanza in maniera spettacolare verso l'ultimo tuffo d'angelo. La gente si fionda nei locali per assistere ai suoi concerti, con una curiosità irreprensibile. Eglal Farhi - proprietario del New Morning - uno dei più noti locali jazz di Parigi, constaterà che "il pubblico si sente come al circo, nel momento in cui si aspetta che il trapezista caschi a terra. Le persone vengono a fiumane quando suona Chet. Un pò come quando si andava ad ascoltare Judy Garland, satura d'alcol e strafatta di pillole." 

Così a 58 anni, ai piedi Prins Hendrik Hotel, Chet Baker tornerà ad essere un angelo, dopo una lunga e intensa notte; allegoria di una vita della quale il film Born to be Blue, realizzato dal regista canadese Robert Budreau, ha ripreso i momenti più significativi.

  • Qui sotto mi sono deliziato nel tentativo di riprodurre una parte di Summertime, una delle sue famose riproduzioni del 1955, con il pianista Gerald Gustin, il bassista Jimmy Bond e il batterista Nils-Bertil Dahlander. Summertime è stata composta vent'anni prima (nel 1935) dal compositore George Gershwin.
  • Nel secondo video, propongo un'intervista originale fatta da Raffaele Cascone nel 1980 e trasmessa sulla Rai.

    summertime

    ChetBaker
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