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Catanzaro, città al collasso

Catanzaro, città al collasso

La città occulta. Quella in cui “i pesci della mafia ancora scorazzano nel mare della politica”. Catanzaro, capoluogo della Regione Calabria, vista da Gioacchino Genchi, rischia il “collasso”. Una soluzione inevitabile perché il problema non è la malattia ma “l’assenza degli anticorpi”. E quindi “l’organismo troverà da solo una soluzione”.
 
Il consulente della magistratura più famoso d’Italia arriva in ritardo, a causa del maltempo, alla presentazione del suo libro, scritto da Edoardo Montolli: “Il Caso Genchi. Storia di un uomo in balia dello Stato”. Giacca d’ordinanza e foulard attorno al collo. Piccolo di statura ma con due grossi occhi azzurri che conquistano la platea della sala rossa del Palazzo comunale. Ed è proprio guardandoli fissi che confida: “Analizzando bene il percorso delle vicende di questa città l’unica reazione seria l’ho vista fare ai tifosi del Catanzaro quando lo hanno sfiduciato. Questo è stato l’unico momento in cui in questa città qualcuno ha alzato la testa perché per il resto io ancora attendo che si faccia verità”. Non lo cita espressamente. Ma è palese il riferimento a Giancarlo Pittelli, avvocato penalista e parlamentare in forza Pdl, che è stato presidente del Catanzaro calcio per un certo periodo e al centro di numerose inchieste in cui è riuscito sempre a cavarsela. Un pesce lui? Forse.
 
Ma Catanzaro è tutta “occulta”. Dove le decisioni vengono prese non nei “luoghi istituzionali” ma nei salotti, spiega Luigi De Magistris ex pm, ora europarlamentare di Idv. Magistrati a braccetto con indagati. Magistrati, avvocati, appartenenti alle forze dell’ordine, che chiamavano Antonio Saladino, anchorman dell’inchiesta Why Not e del sistema “Saladino”, appunto, per far assumere i loro figli e nipoti. Non erano i politici ad individuare l’opera amministrativa da fare per la comunità, ma Saladino che la proponeva per gli stessi politici con famiglia al seguito. Un sistema che avrebbe fatto scuola. Che ha permeato la città di Catanzaro fino al midollo. La città è malata. Ce ne sono tante ad esserlo in tutta Italia. Ma il capoluogo della Calabria non ha sviluppato gli anticorpi. “Sono stati disattivati”, annota il consulente che si è occupato degli omicidi più efferati e dei reati più ricchi di soldi contro la Pubblica Amministrazione nella regione.
 
La città di Catanzaro non la conosceva. La prima volta per arrivare al Tribunale gli si è impallato anche il navigatore satellitare. “Tra ponti e sali e scendi - racconta – ho fatto un paio di volte il giro della città prima di raggiungere, finalmente, il Palazzo di Giustizia”. Ma poi ha imparato a conoscerla. E bene. Fino in fondo. E non ha risparmiato nessuno. Nemmeno Mariano Lombardi, ex capo della Procura, che “lo riempiva di complimenti”, per i suoi contatti con alcuni indagati eccellenti. Certo, da lui, che ha avuto il coraggio di sbattere la porta al suo migliore amico, Arnaldo la Barbera - capo della squadra mobile di Palermo, perché il “Gruppo Falcone- Borsellino”, di cui facevano parte entrambi, sarebbe stato promosso per meriti straordinari con la conditio della resa delle armi sull’indagine delle stragi – te lo puoi aspettare. Te lo devi.
 
E’ un tipo ottimista per natura, dice. E lo annuncia con “tristezza”, commenta. “Il vostro futuro lo vedo nero”. Sul piano della libertà. Dell’occupazione. Della ricchezza. "Anzi, dell’impoverimento”, si corregge.
 
Il collasso. Catanzaro arriverà al collasso. Un presagio funesto. Una soluzione che l’organismo troverà da solo.

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