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Caso Sea Watch: nessuno lo dice, ma il Gip ha messo le manette a Salvini

A corto di argomenti sin dal primo momento, pennivendoli e velinari s'erano attaccati a un'immagine apparentemente convincente e indubbiamente efficace, diventata subito un mantra ripetuto ossessivamente:


"Immaginate di trovarvi per strada, in auto, davanti a una pattuglia ci carabinieri con la paletta alzata. Che fate? Procedete, investite l'auto, tentate d'ammazzare i militari?".
Sarebbe andata bene, se non fosse giunta la decisione di Alessandra Vella. Il Gip di Siracusa, che ha liberato Carola Rackete, ha messo nero su bianco parole molto chiare: il decreto sicurezza bis non è applicabile alle azioni di salvataggio, la capitana ha dovuto adempiere al dovere inderogabile di salvare vite umane in mare ed è stata costretta a sbarcare a Lampedusa perché i porti di Libia e Tunisia non sono sicuri.

La decisione non cancella affatto l'immagine strumentale costruita ad arte da servi sciocchi e zerbini di ogni prezzo; essa è anzi lì dove hanno voluta metterla i difensori delle cause perse. Dopo le parole dei Alessandra Vella, però si è ribaltata e ora si pone così:
"Immaginate un Ministro dell'Interno che impone alle forze dell'ordine di ignorare e violare una legge internazionale accettata e sottoscritta da un governo del suo Paese?".
Tradotta in termini grafici l'immagine ora mostra una strada, un posto di blocco e una pattuglia guidata da Salvini che tenta di ammanettare la Giustizia.

La cosa triste è che stavolta l'immagine non è inventata: rappresenta purtroppo la realtà di un Paese che affonda. Nel suo delirio quotidiano, infatti, Salvini sta tentando davvero di mettere in galera la giustizia repubblicana, sicché la libertà restituita alla capitana, non chiude il caso e non cancella il reato. Indica più semplicemente e a chiare lettere chi è il vero aggressore speronatore.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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