Case verdi e certificati bianchi
Tra le riforme contenute nel Piano strutturale di bilancio, c'è anche l'estensione ai privati della compravendita di certificati di risparmio energetico oggi usati dall'industria. Ci sono dubbi sulla sua realizzabilità pratica
Nel Piano strutturale di bilancio 2025-29 che il governo ha inviato alle camere, ci sono alcune cose interessanti nella sezione delle riforme, che è quella che dovrebbe consentire di ottenere l’estensione da quattro a sette anni dell’arco temporale per conseguire gli obiettivi della cosiddetta traiettoria tecnica stabilita dalla Commissione Ue. Perché la formula è “proroga contro riforme”, ricordate.
I ruderi della Nazione
Interessante la parte relativa alle misure per ridurre i consumi di energia primaria nel settore immobiliare residenziale. Leggiamo:
Come noto, la Direttiva sulla Prestazione Energetica degli Edifici (cd. Case Green) fissa un obiettivo vincolante per la riduzione del consumo medio di energia primaria dell’intero parco immobiliare residenziale, ovvero un risparmio di almeno il 16 per cento rispetto al 2020 entro il 2030, di cui il 55 per cento da conseguire nel 43 per cento degli edifici con prestazioni peggiori.
Tale obiettivo risulta particolarmente sfidante per l’Italia, il cui parco immobiliare è costituito per il 70 per cento da abitazioni con la peggiore prestazione energetica e per il 60 per cento da edifici costruiti prima dell’approvazione della legge sul risparmio energetico degli edifici (legge n. 373/1976). Nel corso degli anni, i consumi energetici sono migliorati: sulla base della media degli Attestati di Prestazione Energetica, essi sono diminuiti del 6,2 per cento tra il 2020 e il 2024.
Ora, a parte l’uso del termine “sfidante” come traduzione pedissequa di challenging (forse impegnativo è preferibile, ma transeat), apprendiamo che il parco immobiliare italiano è effettivamente giurassico, cosa che già sapevamo. Da qui derivavano i piagnistei soprattutto della destra in sede di approvazione della direttiva, e i continui riferimenti alla “unicità” del nostro patrimonio di ruderi. L’eccezionalismo italiano può assumere molte vesti lacere, come noto.
Privati come le imprese?
Che fare, quindi, per conseguire questo risparmio, mentre ancora c’è chi sogna modifiche alla direttiva nel corso di questa legislatura europea? Ecco l’idea italiana, nel capitolo delle riforme, grassetto mio:
In questa direzione, il Governo intende adottare una serie di nuove misure, che, senza produrre effetti sulla finanza pubblica, possono rimuovere barriere informative e amministrative e sostenere la decarbonizzazione innescando meccanismi virtuosi per gli investimenti privati. Esse sono volte a: i) creare un mercato per i certificati bianchi per il settore residenziale civile per incentivare gli interventi più efficienti e ridurre il ruolo delle detrazioni fiscali; ii) rendere pubblico, accessibile e integrato con il catasto l’archivio ‘Sistema Informativo sugli Attestati di Prestazione Energetica’; iii) facilitare interventi di risparmio energetico, mediante modifiche ai regolamenti condominiali.
Andiamo con ordine. Avrete notato l’obiettivo: senza produrre effetti sulla finanza pubblica. Poiché questi ultimi sono quelli delle detrazioni per ristrutturazioni, si presume che l’emissione di certificati bianchi abbia un ruolo sostitutivo delle medesime. Anche perché si profila una drastica stretta sulle agevolazioni, con l’ecobonus che potrebbe finire contingentato al famigerato click day, e le agevolazioni per ristrutturazioni generiche abbattute al 36 per cento con tetto di 48 mila euro.
Ma cosa sono i certificati bianchi? Come spiega il Gestore dei servizi energetici (GSE), sono titoli negoziabili che certificano il conseguimento di risparmi negli usi finali di energia, attraverso interventi e progetti di incremento dell’efficienza energetica. Un certificato equivale al risparmio di una Tonnellata Equivalente di Petrolio (TEP).
I certificati bianchi, in essere dal 2005, sono “il principale meccanismo di incentivazione dell’efficienza energetica nel settore industriale, delle infrastrutture a rete, dei servizi e dei trasporti, ma riguardano anche interventi realizzati nel settore civile e misure comportamentali”. Inoltre,
Il GSE riconosce un certificato per ogni TEP di risparmio conseguito grazie alla realizzazione dell’intervento di efficienza energetica. Su indicazione del GSE, i certificati vengono poi emessi dal Gestore dei Mercati Energetici (GME) su appositi conti.
I certificati bianchi possono essere scambiati e valorizzati sulla piattaforma di mercato gestita dal GME o attraverso contrattazioni bilaterali. A tal fine, tutti i soggetti ammessi al meccanismo sono inseriti nel Registro Elettronico dei Titoli di Efficienza Energetica del GME. Il valore economico dei titoli è definito nelle sessioni di scambio sul mercato.
Si tratterebbe quindi di estendere ai privati tale meccanismo. Chi realizza operazioni di recupero di efficienza energetica o acquista immobili nuovi ottiene i certificati. Dalla lettera della riforma, ciò avverrebbe senza fruire di agevolazioni fiscali. Che, come detto, sembrano destinate a diventare sempre più rare e selettive. In un secondo momento, il privato incasserebbe vendendo i certificati a chi deve mettersi in regola. Un po’ come Tesla che faceva soldi vendendo ai costruttori tradizionali i propri crediti energetici.
Sbilanci di mercato e costi pubblici
Ci sono dei però. Intanto, serve che ci sia un discreto numero di soggetti che realizzano interventi di efficientamento o comprano il nuovo, per produrre i crediti da vendere a chi vuole compensare il fatto di avere un immobile energeticamente inefficiente. Se i primi sono pochi e i secondi tanti, un meccanismo di puro mercato renderebbe i certificati molto costosi. A beneficio dei venditori, ovviamente.
A quel punto, se il compratore non ha i mezzi finanziari, dovrebbe essere lo Stato ancora una volta a intervenire, fornendogli i soldi per pagarli. Ma resta il punto: deve esserci un buon numero di venditori, altrimenti l’obiettivo della direttiva non viene centrato. Diciamo quindi che la misura servirebbe (forse) per ridurre il ruolo delle detrazioni fiscali, ma gli oneri per la finanza pubblica potrebbero non ridursi significativamente. Anche perché ristrutturare casa costa.
I certificati bianchi nascono quindi come alternativa alle detrazioni. Chi li riceverà, dopo aver anticipato l’intera spesa di ristrutturazione, assumerà il rischio di loro fluttuazioni di prezzo sul mercato secondario, favorevoli o sfavorevoli. Allo stesso modo, il prezzo del nuovo incorporerà teoricamente anche il valore del risparmio energetico cedibile sul mercato. Ma resta il punto centrale: come avanzare verso gli obiettivi quantitativi della direttiva Case Green, se la gente ha pochi soldi per ristrutturare o per comprare i certificati?
Quindi, pur se teoricamente ingegnosa, non sono sicuro che l’iniziativa possa realmente funzionare, anche riguardo all’obiettivo di non gravare sulle casse pubbliche, o che non sia solo l’ennesimo cassetto svuotato per mandare fumo e convincere Bruxelles a darci sette anni di aggiustamento anziché quattro (assieme ad altre riforme che analizzeremo). Dopo tutto, anche sollevarsi da terra tirandosi per le stringhe è energeticamente molto impegnativo. Anzi, scusate: sfidante.
E infatti, in una nota a pie’ di pagina, si può leggere:
A garanzia dell’equità e della sostenibilità sociale di tale misura, è in corso una riflessione sulla possibilità di introdurre meccanismi di premialità per gli interventi effettuati da famiglie in condizioni di povertà energetica.
Ad ogni modo, in quanto proprietario di un immobile di classe di efficienza energetica A, sono favorevolissimo all’iniziativa. Ma non tratterrò il respiro attendendo di poter vendere i miei certificati bianchi. Per tutto il resto, ci sono i prezzi di mercato. Voi pensate solo che queste ristrettezze finanziarie derivano dall’abiezione chiamata Superbonus, e non vi sentirete meglio.
Che altro? Ah, sì le altre riforme. Una cosa di questo tipo:
State seri, se potete.
Questo articolo è stato pubblicato quiCommenti all'articolo
Lasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox