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Carlo Cafiero, lettera aperta nel giorno del suo 171° compleanno

Carlo Cafiero (Barletta, 1º settembre 1846 – Nocera Inferiore, 17 luglio 1892)

Poiché la ricchezza comune è disseminata su tutta la terra e appartiene di diritto a tutta l’umanità coloro che si trovano alla portata di questa ricchezza e sono in grado di utilizzarla, la utilizzeranno in comune (…)
Ma se un abitante di Pechino venisse in questo paese, avrebbe gli stessi diritti degli altri godrebbe di tutta la ricchezza del paese in comune con gli altri, cosi come avrebbe fatto a Pechino…” (C.C.)
 
Caro Carlo,
è ripensando a questa tua splendida riflessione che vorremmo sentirti vicino nel giorno del tuo 171 compleanno.
Malgrado i secoli che passano, ci sono verità che restano, come la luce della solidarietà degli uomini, che solo riconoscendo l’oppressione, possono al fianco degli oppressi, diventare uomini veri, giusti, per nulla avidi e pronti anzi a battersi come hai fatto tu per un mondo migliore dove le ricchezze o le si dividono equamente o le si distruggono.
 
Non era forse questa la morale di quella storia antica, che a raccontarla sembra una favola? La Rivolta del Matese, che hai condotto insieme a Malatesta nel disperato tentativo di schierarsi con loro, emarginati e sfruttati della società di allora, parlando al cuore della “propaganda del fatto”, agendo in nome dell’azione diretta..
Questo di quest’anno è un compleanno un po’ speciale per chi ti ama, perché ricorre il 140 anniversario da quella Rivolta in cui tu ed i tuoi compagni, con autodeterminazione ed imprudenza avete dato al mondo una grande prova di coraggio e sovversione, a tal punto di ribaltare il potere, occupare il municipio, strappare intere pagine di sopprusi legalizzati sulla povera gente. Quanto avete pagato per questo! E siamo qui a pagare ancora per ogni azione di giustizia e lotta sociale, una storia costellata di grida di emancipazione e grida di dolore e repressione!
 
Quest’anno dobbiamo raccontarti delle cose un po’ tristi Carlo, proprio due giorni fa si è verificato l’ennesimo episodio di quotidiano razzismo persino tra le mura della tua amata città, Barletta. Il contatto culturale apportato dalla globalizzazione, le migrazioni di chi fugge dalle dannate guerre, dalle devastazioni, dalla fame e dalle dittature, ha portato gente persino in questa confinata città.
Non puoi immaginare o forse sì, tu si che puoi farlo, il provincialismo e la paura che forse erano le stesse di allora, aggiunte all’ignoranza di oggi, dopo anni di fascismo e migrazioni vissute sulla pelle dei propri avi, quanta voglia di annientare l’altro si sta ciecamente diffondendo anche qui da noi. Abbiamo avuto a che fare con letture di analisi e strumentalizzazioni politiche subdole interamente fondate sulla piaga sociale del razzismo, capaci di fomentare odio per la paura più grande di diventare più poveri tra i poveri.
In tanti pensano che questa gente possa peggiorare le loro condizioni senza capire il vero motivo del peggioramento di queste, manco fossero davvero loro a rubargli le risorse, come dicono i media e chi detiene il potere.
Tu dal lontano del tuo passato, sei stato cosi lungimirante a credere nel fatto che la ricchezza se condivisa ed equamente distribuita, aumenta, divampa. Qui a divampare, adesso, è una forte ignoranza, una superficialità spaventosa di ragionamenti che invade tutta la nazione e le nazioni del mondo nell’epoca della post-globalizzazione.
 
L’altro ieri dei rifugiati hanno protestato recandosi alla caserma dei carabinieri della tua città, non hanno ancora i documenti e alloggiano in un centro dove si sentono prigionieri, perché abitare significa riconoscere come casa – la propria dimora, lì, gli manca tutto. Tu che hai amato tanto la libertà, non potresti non capire, riconoscere i loro motivi, e riconoscerli come fratelli. Eppure pensa che tanti tuoi compaesani di oggi si sono scandalizzati per le loro rivendicazioni, perché pensano che loro non possono scendere in strada e mostrarsi per quello che sono, uomini come tutti gli altri. Quello che dovrebbero fare è accontentarsi, secondo loro, del ruolo che gli danno coloro che si arricchiscono sulla loro pelle e che giustificano la precedenza dei propri diritti sugli altri nel nome del peso sociale del nazionalismo e privilegi di cittadinanza.
 
Molti che la pensano come noi la chiamano “guerra tra poveri” ben diverso era l l’esempio che ci hai lasciato tu di guerra con i poveri, gli sfruttati, i malfamati, e chi non lo è ma si batte al loro fianco, contro chi li sottomette.
 In questi giorni, questi uomini sono stati condannati, derisi, attaccati, portati in questura per comunicare il loro malessere al prefetto. Quanto siamo lontani dalla solidarietà sociale e dalla comprensione umana, Carlo, non vorremmo quasi raccontarti queste cose per non rattristarti ma non possiamo far finta di niente. Dobbiamo stare in guardia come hai fatto tu, che hai viaggiato in lungo e in largo per il mondo, per completare i tuoi studi e poi per realizzare i tuoi ideali, che sono anche i nostri.
Quante persone hai incontrato lungo la tua strada tanto da capire che lo straniero non esiste o se esiste lo siamo tutti, stranieri di questo mondo infame? Forse sono cose che si sanno da sempre, eppur si imparano giorno per giorno.
Vengono dall’Africa, dal Pakistan ma anche da ogni angolo di questa terra come noi, e come l’abitante di Pechino di cui scrivevi tu, in “Anarchia e Comunismo”.
 
Auguri Carlo, di Amore, Internazionalismo ed Anarchia! – 
Collettivo Libertario Rivoltiamo la Terra 
 
L'articolo originale è stato pubblicato qui

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