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Cari italiani illusi, pensate davvero Berlusconi sia finito?

Lo psicodramma della decadenza a scoppio ritardato di Berlusconi si è concluso con l'esito che tutti conosciamo. In Aula il diretto interessato non c'era, avendo preferito di interpretare la scena finale in piazza, in un tripudio di bandiere ingiallite dal peso di questi vent'anni. Al diavolo l'aula del Senato che ne sanciva la ignominiosa e (speriamo) definitiva uscita dal Palazzo, tanto per tener fede al suo personaggio e ribadire quanto sia profondo il suo (non) rispetto per le istituzioni.

Di fronte ad un pubblico anagraficamente non lontano dalla sua età e cerebralmente vicino alle specie ornitologiche che lo contornano (più che falchi e colombe, direi polli e oche starnazzanti), il sempiterno leader di Forza Italia ha sfoggiato greatest hits del suo consolidato repertorio: attacchi alla magistratura, accuse alla sinistra, proclami su un golpe in atto e immancabile promessa (ahimè) di andare avanti. 

Su quest'ultimo punto ha ragione: si può fare politica pur restando fuori dal Parlamento. Anzi, è singolare che, in un ordinamento politico costituzionalmente ingessato sulle procedure parlamentari, i leader delle tre principali formazioni politiche (Grillo, Renzi in quanto segretario del Pd in pectore e lo stesso Silvio) ne siano fuori. O forse è solo una delle tante anomalie tutte italiane, una di quelle contraddizioni che impediscono agli osservatori stranieri di capirci qualcosa quando si sforzano di cercare un senso ad un Paese, il nostro, che non ha senso neppure per i suoi cittadini.

Certo, Renzi e Grillo non sono Berlusconi. Loro non hanno bisogno di un seggio parlamentare perché non hanno 4 procedimenti giudiziari con cui fare i conti (dei 31 totali di cui Berlusconi è stato protagonista), e che presto o tardi potrebbero bussare alla sua porta nelle persone degli agenti incaricati di tradurlo in carcere nel caso in cui (come gira voce da tempo) qualche Procura decida di spiccare un ordine di arresto.

Berlusconi non è più parlamentare e tra un po' non sarà più nemmeno cavaliere, benché molti di noi continueranno a chiamarlo così più per inerzia che per la necessità giornalistica di ricercare un sinonimo. Adesso c'è chi esulta, gridando alla fine di un'era, alla liberazione. Più o meno gli stessi che per mille volte lo avevano dato per morto e che per mille e una ne hanno amaramente dovuto costatare la resurrezione, quelli che la sera delle sue dimissioni da Palazzo Chigi paragonarono l'evento al 25 aprile. Baldi giovani informati e informatizzati, ma che non sono altro che il sottoprodotto della società d'oggi, quella fondata sull'apparenza delle cose prescindendo da ogni riflessione sulle sostanza. Superficiali inconsapevoli. E in gran parte grillini.

Proprio sul MoVimento 5 Stelle, che del degrado culturale derivato dal berlusconismo è figlio e che da esso trae ispirazione quotidiana, è il caso di aprire una parentesi. Oggi cantano vittoria per un fatto, la decadenza, appunto, di cu non hanno alcun merito. Come giustamente riporta Il merdone quotidiano, blog specializzato nell'analisi del "grillismo":

Ma oggi è il giorno che i grillini hanno dedicato al trionfo: si è partiti pubblicando il frontespizio della relazione della giunta con gli autografi dei senatori pentastellati (da domani in vendita su amazon?), solo che quella relazione l’ha scritta Stefàno (SEL), per poi finire con il gesto catartico dei deputati che hanno sventolato striscione fuoi dai loro uffici [fuori uno]… gesto maturo, nel chiaro stile di chi ha fatto del turpiloquio Manifesto politico.

Ma è una vittoria epocale per i grillini, oggi hanno cacciato dal Parlamento il leader del partito che da qualche giorno siede al loro fianco in Parlamento, grazie all’applicazione di una legge che porta la firma di un Ministro del Governo Monti, votata con voto palese grazie ad un parlamentare PD. Il tutto mntre l’ incantevole [Crimi] ha rischiato di mandare tutto a carte 48 con un post su facebook quando la sessione di giunta era insediata (ed i suoi membri erano tenuti all’isolmento), onde poi darne la colpa al solito assistente (che poi è il portaborse), colpevole di eccesso di zelo. I rischi che si corrono a selezionarli dai curricula (prendendo per buono che almeno lui non abbia preferito ai curricula lo stato di famiglia, come le sue colleghe).

Ma Berlusconi non finisce oggi: lui è sempre lì, come rimangono le sue televisioni sono sempre lì e soprattutto le ragioni che lo hanno portato ad essere l'architrave dell'ultimo ventennio di politica italiana. Già, gli ultimi vent'anni. Quelli della Seconda Repubblica, nata con l'aura di rigenerazione e invece rivelatasi degenerazione della Prima. Vent'anni trascorsi a a parlare del niente e che Globalist sintetizza così:

il ventennio sciagurato che (forse) ci lasciamo alle spalle è un catalogo crepuscolare di fallimenti incrociati. La "rivoluzione liberale" promessa dal Berlusconi rampante era una clamorosa patacca, ma una patacca altrettanto clamorosa è stata la "legge sul conflitto di interessi" promessa per venti anni da una sinistra inconcludente, compromessa e spesso complice

Per anni la sinistra ha ripetuto come uno stormo di pappagalli che "Berlusconi va battuto alle urne", salvo poi non avere la più vaga idea su come riuscirci (dura la vita di chi non possiede una televisione, in un Paese dove l'80% degli elettori orienta le sue preferenze di voto sulla base dell'informazione che passa in tv...), o peggio ancora senza avere il talento o la forza di combinare nulla neppure quelle volte (1996 e 2006) in cui ci è riuscita davvero. Niente più di una scusa per perpetuare la presenza del "nemico" e compattare la propria base in base intorno all'odio contro di questi.

Perché la sinistra (o presunta tale, visto che il PD è un partito di centro che ora vuole scimmiottare il Partito Popolare Europeo, e che del vecchio PCI conserva solo struttura territoriale e rendite di posizione nelle Regioni rosse, nonché l'immenso patrimonio) è stata di fatto il miglior alleato di Berlusconi in questi anni.

Da un lato per la necessità di avere un nemico su cui puntare il dito, distraendo il dibattito pubblico e l'impegno politico da quelle tanto annunciate riforme, elettoralmente solleticanti ma in realtà politicamente impossibili, stante la vastità di categorie da scontentare e di interessi da colpire. Dall'altro, perché piaccia o no Mediaset è un pezzo dell'economia italiana, come lo sono l'Ilva e le altre grandi aziende. Pertanto, se da un lato ci si rassegna a che gli operai di Taranto muoiano di cancro per evitare che la chiusura delle acciaierie abbia conseguenze nefaste sul Pil, dall'altro si può anche accettare che un pregiudicato corrotto e affarista, ma detentore di un gruppo da miliardi di euro di fatturato (senza contare l'indotto) sia ritenuto un indefettibile interlocutore politico.

Nessuna persona dotata di senno potrebbe illudersi che ieri sia stata scritta la parola Fine. Non soltanto perché ha pur sempre le televisioni e il sostegno di quella parte d'Italia che vuoi per simpatia, lobotomia, teledipendenza, interessi personali, legami con la criminalità organizzata (sempre ghiotta di condoni e appalti) o incompatibilità ideologica con l'area di sinistra (ammesso che una sinistra esista ancora) continuerà a stare dalla parte del (futuro ex) Cavaliere. 

La verità, imperscrutabile per alcuni e sconveniente per tutti è che Berlusconi non finirà tanto presto perché non è solo una persona, bensì un sistema. Un cancro le cui metastasi sono diffuse in tutti i livelli della nostra pseudo società. Visto dall'alto, Berlusconi è un meccanismo di potere i cui ingranaggi sono oliati dall'affarismo e dalle corruttele; visto dal basso, è una categoria antropologica che meglio identifica l'italiano medio di oggi: apatico, ignorante, compiaciuto dei propri difetti, che legge poco e si informa ancora meno, insofferente alle regole e incline a confondere il concetto di libertà con la pretesa di fare un po' come c***o gli pare.

A corredo di quanto detto, riporto alcuni passaggi di uno dei pochi commenti di questi giorni che valga la pena di leggere e rileggere più volte. Lo ha scritto Barbara Spinelli su Repubblica il giorno prima del D-day in Senato, ed è una lucida descrizione della società italiana al crepuscolo della Seconda Repubblica:

È un sollievo sapere che non sarà più decisivo, in Parlamento e nel governo, ma il berlusconismo è sempre lì, e non sarà semplice disabituarsi a una droga che ha cattivato non solo politici e partiti, ma la società. Sylos Labini lo aveva detto, nell'ottobre 2004: "Non c'è un potere politico corrotto e una società civile sana". Fosse stata sana, la società avrebbe resistito subito all'ascesa del capopopolo, che fu invece irresistibile: "Siamo tutti immersi nella corruzione", avvertì Sylos. 

...

il berlusconismo continua, dopo la decadenza. Il che vuol dire: continua pure la battaglia di chi aspira a ricostruire, non solo stabilizzare la democrazia. Il ventennio dovrà essere finalmente giudicato: per come è nato, come ha potuto attecchire. Al pari di Mussolini non cadde dal cielo, non creò ma aggravò la crisi italiana. Nel '94 irruppe per corazzare la cultura di illegalità e corruzione della Dc, di Craxi, della P2, e debellare non già la Prima repubblica ma la rigenerazione (una sorta di Risorgimento, anche se trascurò la dipendenza del Pci dall'oro di Mosca) avviata a Milano da Mani Pulite, e poco prima a Palermo da Falcone e Borsellino. 

Il berlusconismo resta innanzitutto come dispositivo del presente. Anche decaduto, assegnato ai servizi sociali, il leader di Forza Italia disporrà di due armi insalubri e temibili: un apparato mediatico immutato, e gli enormi (Sylos li definiva mostruosi) mezzi finanziari. Tanto più mostruosi in tempi di magra. Assente in Senato, parlerà con video trasmessi a reti unificate. E in campagna elettorale avrà a fianco la destra di Alfano: nessuno da quelle parti ha i suoi mezzi, la sua maestria.

...

Ma ancora più fondamentale è l'eredità culturale e politica del ventennio: i suoi modi di pensare, d'agire, il mal du siècle che perdura. Senza uno spietato esame di coscienza non cesseranno d'intossicare l'Italia.

Il conflitto d'interessi in primis, e l'ibrido politica-affarismo: ambedue persistono, come modus vivendi della politica. La decadenza non li delegittima affatto. La famosa legge del '57 dichiara ineleggibili i titolari di importanti concessioni pubbliche (la Tv per esempio): marchiata di obsolescenza, cade nell'oblio. Sylos Labini sostenne che fu l'opposizione a inventare il trucco per aggirarla. Non fu smentito. L'onta non è lavata né pianta.

Altro lascito: la politica non distinta ma separata dalla morale, anzi contrapposta. È un'abitudine mentale ormai, un credo epidemico. Già Leopardi dice che gli italiani sono cinici proprio perché più astuti, smagati, meno romantici dei nordici. Non sono cambiati. Ci si aggrappa a Machiavelli, che disgiunse politica e morale. Ci si serve di lui, per dire che il fine giustifica i mezzi. Ma è un abuso che autorizza i peggiori nostri vizi

...

No, Berlusconi non l'abbiamo cancellato. Perché la società è guasta: "Siamo tutti immersi nella corruzione". Da un ventennio amorale, immorale, illegale, usciremo solo se guardando nello specchio vedremo noi stessi dietro il mostro.

Un pensiero che si riassume in una scomoda verità: parafrasando Giorgio Gabernon temo il Berlusconi in sé, ma il Berlusconi in me

Alla prossima resurrezione.

 

 

Foto: SEL/Flickr

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.169) 28 novembre 2013 17:08

    Un polpettone da sinistra radicale che nulla aggiunge alla comprensione della crisi italiana.

    E’ la sinistra radicale che ha bisogno di un Berlusconi per legittimare se stessa e il suo inconcludente estremismo verbale.

    Tranquillizzati Berlusconi è finito ! siamo al penultimo atto, che sarà seguito di qui a qualche mese (o forse un anno) dalla fuga ad Antigua o dal carcere.

    Sul berlusconismo faresti bene a studiarti un po’ meglio la storia italiana, ti accorgeresti che le caratteristiche salienti del berlusconismo altro non sono che delle costanti della storia politica italiana:

    - corruzione;

    - clientelismo;

    - rifiuto di accettare i controlli di legalità sull’operato dei politici (e sottocaste collegate)

    - rapporti con massonerie occulte e mafie

    - intrusione (truffaldina) della politica nell’apparato produttivo

    - ostilità della gran massa degli italiani verso il proprio Stato e il ceto politico che lo gestisce (altrimenti detta antipolitica).

    Questi problemi esistono dal 1861 e non dall’avvento di Berlusconi come sostiene Barbara Spinelli, che resta comunque degna di stima diversamente dai rivoluzionari da operetta che hanno appestato la sinistra italiana da oltre un secolo.

  • Di (---.---.---.184) 1 dicembre 2013 12:12

    Ghe pensi mi >

    Galliani, “offeso”, dichiara di lasciare “con o senza accordo” il Milan per “un grave danno alla reputazione” ricevuto da Barbara Berlusconi.
    E’ la comunicazione di una decisione tanto subitanea quanto irreversibile. Ma …

    Ma manca
    ancora la “cena” ad Arcore con il presidente Berlusconi.
    L’uomo del “ghe pensi mi”.

    Il giorno dopo tutto rientra.
    Galliani “è sereno dopo la cena” perché, afferma, “le parole del presidente sono sacre”.

    Tutti sono soddisfatti. Tifosi del Milan, ammiratori di Berlusconi ed inviati dei media.
    Altro che effetto “decadenza”!!
    E’ così che si alimenta il Consenso Surrogato di chi è sensibile alla fascinazione …

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