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Caos banche: l’origine della tempesta

 

Che la crisi di questi anni sia più o meno grave di quella del 1929 poco importa. Le dimensioni della liquidità bruciata fanno pensare si tratti di un evento ancor più grave, anche se la ricaduta sulle popolazioni questa volta risulta in parte amortizzata da stati sociali molto più avanzati rispetto a quelli disponibili ottantaquattro anni fa. Quello che fa rabbia è osservare come le paure e le facili fosche previsioni, espresse dai no-global alla fine degli anni Novanta, si stiano una per una verificando. E la certezza a questo punto è che continueremo ancora, per molto tempo, a trovare nuove magagne e pagarle a caro prezzo per la progressiva introduzione di nuove deregulations, riduzione dei diritti e compressione del welfare.

E' di questi giorni l'affaire di quattro piccole banche italiane coinvolte in un dissesto che sembra ricadere pesantemente su propri piccoli risparmiatori. Negli ultimi anni la potente Germania ha dovuto soccorrere con circa 250 miliardi il proprio sistema bancario indigesto di titoli tossici. L'Italia, nello stesso periodo, ha prestato a banche europee e nazionali oltre 60 miliardi per contribuire al loro salvataggio. Fino ad oggi le norme hanno permesso soccorsi e nazionalizzazioni attraverso i suddetti prestiti ricavati dalla fiscalità generale e quindi ricaduti sull'intera collettività. Le quattro banche italiane sono ora invece gestite nel fallimento attraverso le nuove regole, dette BAIL IN, che tendono a scaricare il costo del salvataggio soltanto sugli azionisti, gli obbligazionisti, i correntisti con depositi superiori ai 100.000 euro e l'intero circuito bancario nazionale. 

Solo due anni fa l'Italia era stata scossa dal caso MPS, colosso nazionale andato in perdita di oltre 15 miliardi investiti in titoli rischiosi poi diventati cartaccia. Ma come è possibile che grandi banche nazionali ed estere possano aver letteralmente scommesso col denaro dei propri correntisti ed azionisti? E come mai oggi scopriamo che anche piccole banche popolari hanno aperto voragini per aver giocato grandi cifre in investimenti molto aggressivi? Si è persino arrivati a coinvolgere minuscoli risparmiatori in investimenti molto rischiosi sottoscritti all'insaputa del pericolo e camuffati da servizi sicuri per la loro bassa redditività. 

E' necessario ricordare che la storia di questi fallimenti è spesso molto simile. Piccole e grandi banche sono andate in sofferenza per la difficoltà di recuperare parte dei crediti erogati, talvolta incautamente, ad imprese travolte dalla crisi; hanno allora aumentato la loro esposizione nella speculazione finanziaria, nel tentativo di recuperare le perdite con la compravendita di titoli molto remunerativi, ma terribilmente pericolosi. La politica si affanna ad indicare possibili responsabili e a scaricare sugli organi di controllo le colpe del disastro, ma in realtà i responsabili morali e materiali della tempesta sono già noti ed hanno nome e cognome. Due di questi sono Bill Clinton e Mario Draghi.

Nel 1933 il presidente Roosvelt aggredì, appena eletto, la crisi che divorava il mondo occidentale con poche, semplici ed etiche leggi. Una di queste fu annunciata nella primavera del 1933 e varata il 16 giugno successivo. E' la legge Glass-Steagal, nota in USA come Glass-Steagal Act. I due estensori del dispositivo, che eseguirono le direttive di Roosvelt e dettero il nome al testo, crearono l'impedimento giuridico perché una banca utilizzasse il risparmio raccolto per giocarselo in speculazioni finanziarie. Le banche di credito non avrebbero più potuto giocare con la finanza, ma avrebbero avuto l'obbligo di utilizzare i risparmi dei correntisti solo e soltanto per fare credito a privati ed aziende, iniettando così il risparmio stesso esclusivamente nell'economia reale e minimizzando il rischio di perdite.

Per le speculazioni finanziarie sarebbero state invece necessarie apposite banche di investimento istituite con la finalità di tentare grossi guadagni finanziari, investendo in maniera speculativa il denaro dei propri clienti questa volta investitori e non risparmiatori. La legge era così buona che un po' per volta fu adottata da molti paesi, il nostro lo fece nel 1936. Questa norma costituisce un elementare tutela di principio e di etica sul modo di gestire il denaro ed i risparmi delle persone, creando un diritto universale un po' come quello promosso dalla creazione della previdenza sociale; ma esattamente come i vari diritti sociali tutelati dal welfare, la nobile idea di Roosvelt è stata messa sotto attacco dagli artefici della globalizzazione.

Nel 1999 Clinton finalmente cedette alle richieste più che decennali dei banchieri americani e cancellò le regole di Roosvelt. Da allora siamo tornati quindi alla situazione del 29 consentendo la nascita e la diffusione capillare dei mostri finanziari moderni noti col generico nome di "derivato". Derivati per tutti e a tutti sembra essere l'idea del nuovo Gramm-Leach-Bliley Act firmato da Clinton; e quasi sempre all'insaputa dei risparmiatori. In Italia, ovviamente, si è corsi a ripetere il misfatto con la legge Draghi che, sempre nel 1999, abolì la glass-steagal italiana del 1936.

Eccoli qua i colpevoli; non serviranno le inchieste della magistratura e non conforta sapere che i sostenitori di queste follie, come il nostro Mario Draghi, sono oggi ai vertici di grandi istituzioni bancarie del pianeta e non hanno alcuna intenzione di ristabilire quelle regole incautamente soppresse.  

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