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Buongiorno Iran, buongiorno Italia

Buongiorno. Buongiorno a tutti. Ho delle domande.

Quante volte abbiamo sentito parlare di regime di Teheran, in questi anni? Lo è o no, un regime? Bene. Negli ultimi giorni le ribellioni di strada represse in modi villani e le elezioni fortemente dubbie hanno fatto urlare allo scandalo. Aspetta: urlare, non proprio. Parlare di.

La dicitura regime è scomparsa, l’enfasi donata agli avvenimenti è però – giustamente – tanta. Il popolo insorto non si piegherà, il governo oppressore fa questo e fa quello. Altra: siamo sicuri che prima non lo fosse, un regime?

Volete forse farci credere che la dittatura sia stata conclamata, accertata e accettata dalle elezioni?

Volete forse darci a intendere che la libertà d’espressione sia stata minata gravemente solo con gli ultimi accadimenti? O si può propriamente parlare di regime da una bel po’, in Iran?

Dov’era la comunità internazionale che a mezzo media isolava la regione etichettandola come infausto regime (icastica la scena di Ahmadinejad che parla a una platea che lo sta abbandonando)?

E ora quelli italiani (soprattutto quelli italiani) vogliono forse somministrarci la favola bella della situazione irrimediabilmente precipitata?

O si sono forse dimenticati del fatto che ogni dittatura s’accompagna del voto popolare? E che il voto popolare è facilmente adulterabile (in ogni modo)?


Vorranno forse tralasciare, da bravi analisti, il fatto che il controllo dei mezzi di comunicazione, in Iran, sia stato – e da tempo – monopolizzato dal governo, sortendo i risultati CE-RE-BRA-LI che conosciamo?

In sostanza: vorranno forse indurci a pensare che a Teheran vige dittatura, che la dicitura REGIME si presenti incontrovertibile quando a scappare non è la libera espressione ma il morto?

Quando c’è il sangue, c’è la dittatura?

Quando c’è il colpevole, c’è l’intercettazione?

E’ per caso questa la logica inversa di governo e suoi apparati megafonici?

Dobbiamo posporre l’entrata fisica in “regime” per distoglierci dal pensiero della sua incombenza casalinga?

E come contestare. Inneggiare alla pronta scossa (D’Alema) non è che il più comodo degli assist: eversione! Eversione! Eversione! (sicuri che i lettori de Il Giornale, leggendone la prima pagina di oggi, sapessero cos’è un golpe?).

Ebbene. In qualche modo, non ci stupiamo, ora, del capovolgimento logico addotto al rapporto partito-governo/partito-opposizione, una convivenza scambievole, affettuosa quando non favoreggiante, binaria.

Non ci stupiamo, ancora, sulla fresca stretta di morsa che la libera informazione, pure da noi, la fa scappare. Finchè non ci sveglieremo, stavolta davvero stupiti, accorgendoci che a scapparci è stato il morto. Per darci, a caffè bevuto, un sospirante buongiorno.

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