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Brexit: la Gran Bretagna prende le distanze dall’Ue?

La Gran Bretagna ha sempre rifiutato la moneta unica ma è membro dell’Unione europea anche se una parte dell’opinione pubblica vede con crescente insofferenza le regole di Bruxelles. Con la fuoriuscita della Gran Bretagna dall'UE, molto probabilmente torneranno di attualità alcuni dossier che attualmente legano strettamente la Gran Bretagna ed i Paesi dell’Unione. Tra questi, la decisione non proprio felice adottata il 24 giugno 2007 dalla dirigenza nazionale italiana (primarie banche in testa) di consegnare nelle mani di Londra la Borsa valori nazionale con sede a Milano. 

Un giornale economico italiano nei giorni scorsi ha dato informazioni su una ricerca online condotta dal quotidiano inglese Guardian. Secondo tale indagine, centinaia di persone, sia cittadini dell'Europa continentale che vivono nel Regno Unito che britannici residenti in altri Paesi Ue, sono così preoccupati dell'impatto di una Brexit (Bretagna exit: uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea) che stanno facendo richiesta di un passaporto per avere una seconda nazionalità. 

Questo permetterebbe di non incorrere in tutta una serie di problemi, riguardanti ad esempio la residenza, i permessi di lavoro o la copertura sanitaria, nel caso i britannici scegliessero la via dell'uscita dall'UE col referendum che si terrà nel Regno Unito entro la fine del 2017. 

La notizia è una vera sorpresa! Deve essere verificata e avvalorata! Con le dovute precauzioni, prendo per buona la nota del quotidiano italiano per le conseguenti riflessioni.

Vuoi vedere che la Grecia, pur arrancando, supera l'ostacolo e si rimette in carreggiata mentre la Gran Bretagna, nonostante il legame a doppio filo con gli Stati Uniti rimane impantanata con i suoi propositi di gloriosa solitudine? 

A ben vedere in Gran Bretagna non risultano del tutto "digeriti" gli atteggiamenti conseguenti alla posizione di ex-potenza coloniale mondiale.

Il Governo di Londra, a furia di minacciare referendum a ripetizione per uscire dall'Unione Europea ha alimentato negli inglesi un sentimento di distacco e di pretesa autonomia che, di questi tempi, non aiuta a gestire al meglio i problemi politici e quelli dei necessari rapporti commerciali.

A quanto pare, tenersi fuori dal gruppo dell’Euro, salvaguardando la peculiarità della Lira sterlina come moneta nazionale, potrebbe dimostrarsi insufficiente per preservare il ruolo di “grande” nazione, capace di “viaggiare da sola” in un mondo che privilegia le grandi aggregazioni, per motivi di competitività, forza contrattuale e reciproca solidarietà. Il risultato dell’indagine sulla volontà dei doppi passaporti dei cittadini interessati ne è indiretta testimonianza. 


La piazza finanziaria di Londra è stata ed è tuttora punto di riferimento importante per gli operatori del settore a livello mondiale. E’ da vedere se la Gran Bretagna potrà conservare tale ruolo di attore comprimario dopo la fuoriuscita dall’Unione europea a seguito del ventilato referendum. 

Molto probabilmente torneranno di attualità alcuni dossier che attualmente legano strettamente la Gran Bretagna ed i Paesi dell’Unione europea. Tra questi, la decisione non proprio felice adottata il 24 giugno 2007 dalla dirigenza nazionale italiana (primarie banche in testa) di consegnare nelle mani di Londra la Borsa valori nazionale con sede a Milano. 

Farebbe quanto meno discutere la circostanza di avere affidato la proprietà e la gestione della Borsa valori italiana alla Borsa di Londra, capitale di una Nazione che mostra (o mostrerebbe) come fiore all’occhiello la propria autonomia monetaria - imperniata sulla sterlina - e la vittoriosa scelta referendaria di “tenersi alla larga” dalla stessa Unione europea.

La decisione adottata nel febbraio 2014 dalla Fiat - ora Fiat Chrysler Automobiles-FCA - di spostare su Londra la propria sede fiscale è stato un altro colpo difficile da dimenticare per l’Italia, per una questione di prestigio e per le conseguenze sui minori introiti tributari per il nostro Paese. 
Ma questa è un’altra storia che risente anche della superficialità e negligenza con le quali è stata gestita la politica industriale in Italia negli ultimi venti anni. 

Quanto sopra, ribadisco, in attesa di verificare la bontà della notizia commentata.

 

Foto: Dan Brady/Flickr

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