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Big Data: nasconde la gravidanza on line e viene segnalata come pericolosa

Jane Vertesi insegna Sociologia a Princeton. Durante Theorizing the Web, una conferenza che si è tenuta la settimana scorsa a Brooklyn, ha raccontato un “esperimento” che ha fatto, usando la sua esperienza.

Lo riporta Mashable.

La sua storia aiuta a capire e spiegare l’uso dei Big Data: Jane ha infatti deciso, per tutta la durata della sua gravidanza, di nascondere le informazioni (tutti i dati) relativi alla sua condizione dalla Rete.

"La mia storia riguarda i Big Data, dall’inzio alla fine (…) da una prospettiva molto personale che mostra cosa vuol dire evitare che i tuoi dati vengano raccolti, tracciati e messi in un data base”.

Perché? Le donne incinta sono una merce rara e costosa per il mercato: fanno acquisti dovuti a un cambio di situazione e, soprattutto, sono disponibili a cambiare le loro abitudini di consumo, cosa che è molto rara e importante per chi si occupa di marketing (qui è spiegato un po’ meglio). 

In termini comunque strettamente legati al costo dell’informazione la Vertesi sostiene, che una persona (le sue informazioni) nella media vale 10 centesimi, mentre i dati di una donna incinta arrivano a 1,50 dollari. Secondo i calcoli fatti dal Financial Times, invece, il valore medio di un utente è 0,6 centesimi di dollaro: il giornale ha anche creato un calcolatore del valore dei dati personali (qui) che permette a ciascuno di fare una stima.

Come ha fatto Jane Vertesi a nascondere la sua gravidanza?

Per prima cosa ha fatto in modo che non ci fosse alcuna menzione della sua gravidanza sui social media, perché i nostri status, gli hastag, gli articoli e le pagine a cui mettiamo like sono un modo per raccogliere dati sulle nostre preferenze, sulle nostre abitudini e su cosa ci sta succedendo nella vita. Per questo Jane ha comunicato con la famiglia direttamente, usando la mail o il telefono, e ha chiesto espressamente loro di non fare menzione della sua gravidanza su Facebook. A uno zio che le ha postato i complimenti su Facebook ha dovuto togliere l’amicizia.

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In più ha iniziato a comprare in contanti – perché i dati delle carte di credito vengono utilizzati per le analisi di mercato – tutti i prodotti relativi alla sua gravidanza. Ha evitato anche di usare le carte di raccolta punti.

Per le cose che voleva invece comprare online ha creato un account su Amazon legato ad un altro indirizzo email e ha fatto spedire tutti gli acquisti a un altro indirizzo. Per pagare, inoltre, ha usato soltanto una Amazon Gift Card, che ricaricava in contanti.

E per navigare sul Web senza lasciare traccia ha usato Tor (un software che permette l'anonimato) in modo da evitare qualsiasi tipo di tracciabilità sul Web.

E il risultato? La sua gravidanza non è stata in alcun modo detectata, ma il suo comportamento “anomalo” ha fatto sì che venisse segnalata.

Per esempio il marito di Jane ha cercato di compare un passeggino con la Amazon Gift Card da Rite Aid (l’azienda farmaceutica e di prodotti per la persona), Amazon ha loro inviato un avviso nel quale rendeva noto il suo obbligo di segnalare alle autorità le transizioni sospette.

“Questo tipo di attività, quando sono numerose, sono esattamente quelle che fanno si che tu venga etichettato come un criminale, non come qualcuno che aspetta un bambino”, ha spiegato Jane.

 

Foto: IntelFreePress/Flickr

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