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Bambini, anziani e disabili maltrattati: le cause e le proposte

Recentemente i mass media hanno riferito di diverse violenze perpetrate ai danni di bambini, anziani e disabili, quindi a persone fragili. Quanto avvenuto ha destato, giustamente, un diffuso stupore e un’altrettanto notevole indignazione.

Ma sarebbe necessario da un lato comprendere il più possibile le motivazioni alla base di tali violenze e dall’altro lato elaborare delle proposte efficaci per contrastarle.

Per quanto riguarda le cause, può essere utile riportare una parte delle dichiarazioni, pubblicate su Redattore Sociale da don Vinicio Albanesi, presidente della comunità di Capodarco.

Don Vinicio ha tra l’altro rilevato: “L’arroganza di chi sa che la persona offesa non può riferire ciò che soffre, perché non è in grado di raccontare. Da qui la ‘libertà’ di essere violenti. Solo dopo mesi infatti si scoprono le umiliazioni che bambini, anziani, disabili hanno subito. Né tutto viene sempre scoperto. Un’arroganza che ha radici profonde di chi si sente forte, superiore e soprattutto senza controlli. Una specie di ‘potenza frustrata’ che si scatena su quanti non possono reagire. Né si tratta di persone dall’equilibrio psichico instabile: sono persone invece solamente arroganti e crudeli. A ben riflettere questi comportamenti ricordano la ferocia di molti furti nelle case contro persone indifese o abitanti in case solitarie”.

Ha poi aggiunto don Vinicio: “La seconda radice è il disprezzo nei confronti di chi si assiste perché, alla fin fine, i destinatari dei servizi sono considerati senza stima e senza futuro. L’assistente disprezza lui stesso il lavoro che svolge, diventando oltre che persecutore vittima di un’occupazione che non ama e che probabilmente non ha scelto. Né la cosiddetta professionalità riesce a risollevare la ‘pochezza’ del lavoro svolto, perché spesso accettato in mancanza di meglio”.

E Albanesi così ha proseguito: “Accompagnare persone fragili esige un grande equilibrio e un’elevata preparazione professionale: ma non sono sufficienti. E’ necessario aver acquisito il rispetto della persona in qualsiasi condizione essa si trovi. Le difficoltà delle relazioni, la fatica delle intemperanze, la dissociazione non possono essere né annullate, né spiegate. Possono essere solo gestite: con rispetto e amore. Purtroppo la cultura dominante non aiuta questo processo: ogni giovane in cerca di occupazione chiede un posto chic, ben pagato, professionalmente esaltante: fare l’assistente non ha nessuna di queste caratteristiche. Né la risposta delle istituzioni riesce a garantire dignità, risorse, accompagnamento per dare qualità a chi non è in grado di gestire autonomamente la propria vita”.

E in questo modo ha terminato: “Una riflessione seria che non può fermarsi allo sdegno momentaneo che la cronaca nera suscita, ma che deve far riflettere sullo stile di vita corrente, rivedendo alcuni canoni di comportamento: l’arroganza e il disprezzo sono purtroppo alimentate e non combattute”.

Sempre in un articolo pubblicato su Redattore Sociale sono contenute alcune proposte evidenziate in questi giorni.

Innanzitutto l’introduzione di telecamere. E’ forse la reazione più “di pancia” e riflette, in un certo modo, il sentire più “popolare”. Ma è stata prevista anche da un disegno di legge, presentato alla Camera un anno e mezzo fa. La previsione, poi, di un’aggravante per reati commessi nelle strutture assistenziali.

E’ la proposta rilanciata dal ministro Beatrice Lorenzin durante la conferenza stampa sul caso di Grottaferrata.

In un disegno di legge presentato dalla stessa Lorenzin, fermo da due anni in Senato, si prevede infatti l’aggravante per chi commette reati all’interno delle strutture socio-sanitarie, aumentando di un terzo la pena per gli autori di gesti senza dubbio ripugnanti.

Strutture aperte alle famiglie e albo degli educatori professionali, sono le due idee lanciate da Roberto Speziale, presidente nazionale di Anffas, durante una trasmissione condotta da Gianluca Nicoletti.

Meno strutture, più domiciliarità e accanto a queste proposte, tutte piuttosto circoscritte e tese a migliorare, ma non a eliminare, le strutture esistenti, c’è la posizione radicale di chi invece – limitatamente alla disabilità – ritiene che siano le strutture stesse a dover essere superate, in favore di un sostegno alla domiciliarità che tuttora, in Italia, manca.

A mio avviso, per quanto riguarda le cause, mi sembra piuttosto interessante la considerazione conclusiva di don Vinicio Albanesi, la consapevolezza che l’arroganza e il disprezzo, attualmente, sono alimentate e non combattute, nel nostro Paese.

Considerazione che io condivido, anche se implica, in termini di interventi per contrastare quelle violenze, la necessità di cambiare dei comportamenti che sono piuttosto diffusi nell’ambito della società italiana.

E cambiare questi comportamenti non è né facile né realizzabile in tempi brevi. Ma ci si deve porre il problema, perché il problema esiste e non può essere trascurato. Relativamente alle proposte, alcune di esse sono in contrasto fra di loro.

Io credo che sia indispensabile, comunque, un riflessione approfondita sui contenuti di tale proposte, tutte comunque degne di attenzione, affinchè si attuino interventi concreti volti a combattere quelle violenze.

Stare fermi non si può, non è sufficiente, tutt’altro, stupirsi e indignarsi.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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