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Attenzione alle spinte iper-nazionalistiche

 

La Storia ci insegna, o meglio insegna a quei pochi che hanno il buon senso di studiarla, che in periodi di forte crisi economica c’è la possibilità che alcune nazioni spostino il proprio asse politico verso il Nazionalismo spinto, con tutte le possibili tragiche conseguenze che ne conseguono.

 

Una delle cause che portarono alla Prima Guerra Mondiale fu la crisi del 1906-1908 e la relativa spinta Nazionalista e Militarista che investì gli Imperi Centrali. Anche l’ascesa del Nazismo poté avvenire a causa della spaventosa crisi economica che schiacciò la Germania negli anni trenta devastando i normali rapporti istituzionali interni e lasciando ampio spazio di manovra alla propaganda di Adolf Hitler che solo nel 1923, in un periodo di relativa stabilità economica, era stato arrestato per otto mesi come sovversivo per il suo “patetico” tentativo di prendere il potere mentre solo un decennio dopo porterà la Germania ad imboccare la via del non ritorno.

Lascio al lettore il compito di ripercorrere gli altri e numerosi episodi del genere che, pur se meno eclatanti di quelli da me citati, ci portano ad avvalorare in maniera certa la relazione tra crisi economica e spinta al Nazionalismo militarizzato. Considerato che i veri effetti della crisi finanziaria che sta investendo tutto il mondo sviluppato o in via di sviluppo in questi mesi, si manifesteranno pesantemente nell’economia reale nel corso del 2009 c’è da chiedersi se non ci sia la reale possibilità che in alcuni Paesi si presentino le condizioni favorevoli al Nazionalismo estremo.

Pur se Stati Uniti, Unione Europea e Giappone sembrano sufficientemente coesi e favorevoli ad una soluzione concertata e condivisa dell’attuale emergenza economica non dobbiamo incorrere nell’errore di dimenticarci delle restanti nazioni soprattutto alla luce del fatto che Usa, Ue e Giappone rappresentano solo il 10% della popolazione mondiale.

È opportuno ed auspicabile che i Paesi più ricchi del pianeta non dimentichino in un “cantuccio” gli altri lasciandoli a se stessi se non si vorrà che la “disperazione” possa sfociare ancora una volta in tanto inutili quanto terrificanti conflitti armati, magari conflitti locali lontani dal Primo Mondo e dagli occhi dell’Occidente, ma non per questo meno tragici.  

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