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Aspetto e ri-sessualizzazione

Con questo articolo cercherò di trattare un argomento attuale, un tema che è presente nella vita sociale di tutti i giorni, ma il cui significato e importanza viene preso spesso in maniera superficiale, scontata, quando non bollato e stigmatizzato da considerazioni categoriche: il Genere, inteso in senso non solamente biologico, ma relativo a comportamenti di natura sociale. 

Quindi l’appartenenza al sesso dal punto di vista culturale.
Un argomento troppo complesso, del quale posso prendere in considerazione gli aspetti più semplici da trattare.

Ma, come premessa, è utile considerare l’interesse per la straordinaria contraddittorietà delle costruzioni di genere nei media odierni, dove espressioni come "potere femminile" si affiancano a resoconti di livelli quasi epidemici di anoressia e dismorfismo corporeo, cioè quel disturbo mentale nel quale si trascorre molto tempo e si investe molta energia, preoccupandosi del proprio aspetto e detestandolo, sebbene questo sia normale.

Se facciamo un giro sui profili di Facebook i selfie che si pubblicano, cambiandoli ogni settimana, proprio perché non ci si accontenta mai del proprio aspetto, rappresentano forse il 90% delle immagini di un profilo personale.

Rapporti di stupri da tabloid sono inseriti guancia a guancia con la pubblicità di club di lap-dance e linee telefoniche di sesso; le riviste per ragazzi dichiarano finita la "guerra del sesso", mentre si ripristinano i concorsi di bellezza e si sostengono nuove, ironiche modalità di sessismo; e c’è, addirittura, un “panico morale” dell'impatto sugli uomini per le nuove immagini idealizzate del corpo maschile, mentre la risessualizzazione dei corpi delle donne, nello spazio pubblico, passa praticamente inosservata. 
“Risessualizzazione”, grammaticalmente, significa qualcosa come una sorta di correzione della sessualizzazione. Ma, prima di tutto, cos’è la sessualizzazione?

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Esattamente un meccanismo psicologico di difesa.

Consiste, cioè, in un meccanismo di difesa utilizzato molto spesso, sia dagli uomini che dalle donne, per evitare la presa di consapevolezza di stati dell’Io, di emozioni e vissuti, come fonte di angoscia e di sofferenza.
Questo meccanismo di difesa, comunque, è inconscio, cioè la persona non è cosciente di utilizzare il sesso come una strategia di difesa.

Le attività e le fantasie sessuali possono essere usate, quindi, come difesa per padroneggiare l’angoscia, per recuperare l’autostima, per sottrarsi ad una sensazione di noia e morte interiore, o alla fatica di trovare un senso nella propria vita… cioè un mezzo per sentirsi psicologicamente vivi.
In pratica l’individuo può sessualizzare qualunque esperienza, con l’intento, inconscio, di convertire la paura e la sofferenza, o qualsiasi altro spiacevole vissuto, in eccitazione.

Di sessualizzazione – o qualcosa del genere – ne parlò già Freud “secondo cui la libido è sottesa a qualsiasi azione umana, come motivazione primaria. Oggi, in questo termine, è presente una commistione di linguaggi, dove la psicologia ha prestato termini ad altre discipline e aspetti socioculturali.

La risessualizzazione, quindi, è un argomento importante nel movimento femminista: la constatazione che le donne, le donne vere, stiano scomparendo dall’immagine pubblica, dalla tv, e che siano state sostituite da una rappresentazione grottesca, volgare e umiliante, sotto l’egida di Berlusconi, che su queste rappresentazioni ha fondato i suoi imperi mediatico e politico.


La cancellazione dell'identità delle donne sta avvenendo sotto lo sguardo di tutti, ma senza che vi sia un’adeguata reazione, nemmeno da parte delle donne stesse.

Cos'è il buon sesso? È una domanda complicata con cui le femministe hanno lottato per decenni. 
Dal de-stigmatizzare il sesso prematrimoniale, all'abbracciare la cultura dell’accoppiamento senza vincoli degli ultimi decenni, il femminismo si è spesso concentrato sulla conquista delle libertà sessuali per le donne. 

Ma alcune femministe si sono chieste se quelle vittorie abbiano avuto conseguenze non intenzionali, come la svalutazione dell'intimità emotiva nelle relazioni. 
Quindi: che tipo di liberazione sessuale rende effettivamente le donne più libere? E come dobbiamo reimpostare le nostre norme culturali per arrivarci?

Ovunque, a quanto pare, le idee femministe sono diventate una sorta di buon senso, eppure il femminismo non è mai stato così amaramente ripudiato.

La visione tradizionale di una donna, come casalinga o lavoratrice di basso rango (afferma David Gauntlett, uno sociologo inglese e un teorico dei media) è stata eliminata dal quadro tradizionale, dalle icone esuberanti e di successo del cosiddetto "potere femminile"
I media, sostiene, offrono il femminismo popolare, che è come "un remix radiofonico di una canzone, con i pezzi più eccitanti campionati, e alcune delle cose irrilevanti, tralasciate".

A questo quadro paradossale e complesso, si aggiunge un'altra questione: come i media, anche le relazioni di genere e le idee femministe stanno cambiando, mutano continuamente.
Non esiste una prospettiva femminista stabile e immutabile.

Piuttosto, le idee femministe si trasformano costantemente in risposta a diverse critiche, a gruppi elettorali nuovi (vedi l’orientamento di governi autocrati come l’Ungheria di Orbàn o l’influenza della chiesa cristiana in Polonia) oppure in risposta alle giovani generazioni, alle nuove idee teoriche e all'esperienza di vari tipi di lotta.

Non esiste, quindi, un unico femminismo, ma molti, diversi femminismi. Se le rappresentazioni di “genere” da parte dei media sono cambiate, anche le idee femministe utilizzate per capirle e criticarle sono cambiate.

Allo stesso modo, il concetto di “genere” cambia continuamente, creando una nomenclatura fitta, e a volte non immediatamente comprensibile, come il termine non-binario, cisgender, transgender, eccetera…

In effetti, ci viene spesso detto che le democrazie occidentali stanno vivendo a dir poco un "terremoto di genere", è vero, le trasformazioni in corso sono profonde.

Ciascuno di noi può avere, naturalmente, le proprie opinioni su questo argomento, la cui estrinsecazione nella società, sembra causare un vero e proprio terremoto alla visione tradizionale, ma dobbiamo comunque tener presente che mai, come oggi, l’evoluzione (o magari, per alcuni, l’involuzione) della società globale sta mutando vorticosamente.
Ne dobbiamo però prendere atto e iniziare a conviverci, così come conviviamo con le nostre abitudini quotidiane, altrimenti si rischia di soccombere alla manipolazione ideologica di certe realtà primordialiste ed essenzialiste che sono tornate alla base di discorsi e dibattiti intorno all’identità culturale, all’etnicità, alla nazionalità.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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