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Appalti, sotto la soglia la concorrenza non crepi

Una circolare del ministero delle Infrastrutture, subito prima del via libera Ue alle modifiche al PNRR, certifica l'ovvio: anche gli appalti sotto soglia comunitaria possono essere aperti a mercato e concorrenza. Una pezza a un codice scritto male?

di Luigi Oliveri

Egregio Titolare,

Come Ella ricorderà abbiamo già trattato del problema dell’idiosincrasia del Paese per la concorrenza.

Una “fobia” spesso agli onori della cronaca proprio per l’assenza di concorrenza per taxi, trasporto pubblico locale, balneari, concessioni stradali e continuando per elenchi lunghi, lunghissimi.

Ovviamente, l’intera normativa sugli appalti è a sua volta condizionata e permeata da questo atteggiamento contrario alla concorrenza, tanto che, come ricorderà, il Consiglio di stato, redattore principale del nuovo codice, addirittura si è spinto, nella relazione illustrativa, a parlare della “mitica” “demitizzazione” della concorrenza.

Come sempre, però, quando ci si spinge troppo oltre nella creazione di architetture normative ed interpretative cozzanti frontalmente con le regole di convivenza in un mercato comune di Nazioni, leggasi Unione Europea, i nodi ad un certo punto vengono al pettine. In modo anche clamoroso. Vediamo perché.

Il codice dei contratti attua le direttive Ue in materia, a loro volta attuative dei principi fondanti del Trattato, tra i quali, guarda caso, primeggia proprio la concorrenza.

LO SPARTIACQUE DEGLI APPALTI

Ora, il codice regola due distinti “ambiti”. Quello degli appalti di importo pari o superiore alle soglie considerate di rilievo comunitario (articolo 14 del d.lgs 36/2023), nel quale si applicano tutte le regole di dettaglio disposte dalle direttive UE e, in particolare, la selezione dei contraenti avviene in modo più aperto possibile a trasparenza, pubblicità e concorrenza. E quello degli appalti di importo inferiore alle soglie di rilievo comunitario.

Tale secondo ambito è trattato dagli articoli 48-52 del codice dei contratti, come “deroga” al regime ordinario, valevole per il “sopra soglia”.

Ora, da mesi è in corso un dibattito surreale. Mercé anche la discutibilissima “demitizzazione della concorrenza” suggerita dall’imprudente relazione illustrativa al codice, una larga gamma di interpreti e commentatori ha letto le disposizioni del codice dei contratti riguardanti il sotto soglia come se esse ponessero il divieto di applicare comunque procedure maggiormente aperte alla concorrenza, quali quelle “ordinarie”, obbligatorie per il sopra soglia.

Si tratta di una lettura radicale ed estrema. Il sistema degli appalti è sempre stato concepito come disciplina di competenza eurounitaria, nel quale è la stessa UE a dettare le regole mediante le direttive, lasciando quindi spazio di “personalizzazione” agli ordinamenti interni di ciascuno Stato e la possibilità di introdurre nel sotto soglia regole di semplificazione procedurale, connesse al minor valore degli appalti ed al connesso potenziale minor interesse per il mercato comune.

Ma, questo non significa che i principi del Trattato cessino di operare nell’ambito sotto soglia: semplicemente, la legislazione interna può permettere alle stazioni appaltanti di utilizzare modalità di selezione dei contraenti più agili e meno condizionate da concorrenza, pubblicità e trasparenza.

Infatti, il codice consente a piene mani di affidare direttamente, senza confronto alcuno, gli appalti ad un unico imprenditore; oppure, se il valore del contratto è superiore a 150.000 per opere pubbliche e 140.000 euro per forniture e servizi, e fino ai valori limite delle soglie comunitarie indicate dall’articolo 14 citato prima, limitarsi ad una selezione ristretta tra 5 o 10 imprenditori, scelti discrezionalmente dalla stazione appaltante.

Consente. Ma, alla luce del Trattato e della stessa Costituzione (articolo 97 e principi di buon andamento ed imparzialità), non certo obbliga. Enucleare un divieto all’utilizzo di procedure ordinarie, e quindi aperte alla concorrenza proprio non reggeva.

RIAFFERMARE L’OVVIO

Sta di fatto che in questo dibattito un po’ assurdo sulla concezione del sotto soglia come zona “franca” nella quale i principi del Trattato UE improvvisamente cesserebbero di esistere, il 20 novembre 2023 interviene il Ministero delle infrastrutture, con la circolare 289, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 23 novembre 2023. Cosa chiarisce la circolare? L’ovvio: nel sotto soglia i principi del Trattato e delle direttive, principalmente quello della concorrenza, non spariscono, ma restano naturalmente applicabili sicché nel sotto soglia le stazioni appaltanti possono certamente avvalersi delle procedure “ordinarie”, aperte maggiormente alla concorrenza.

Ora, Titolare, si dà il caso che il 24 novembre sul sito della Commissione Europea sia stata pubblicata la proposta della Commissione di modifica della decisione del 13 luglio 2021 relativa all’approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza dell’Italia. Si tratta dell’esito delle complesse negoziazioni finalizzate allee modifiche al Pnrr.

Cosa si legge nel punto 73quater Reform 1.10 dell’allegato? Che allo scopo di convenire tra UE e Italia alle condizioni per detta modifica è stata

Adottata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la circolare sugli appalti sotto soglia comunitaria. La circolare chiarisce che le amministrazioni aggiudicatrici possono utilizzare procedure aperte e ristrette per gli appalti sotto soglia UE.

Ora, Titolare, come sempre accade che al di là degli slogan e delle avventate interpretazioni, la realtà si fa sentire con passi tuonanti.

La circolare assume la veste di una sorta di “pezza” messa dal Governo ad un codice scritto male, tale da consentire interpretazioni anti concorrenziali e contrarie al diritto eurounitario non solo agli interpreti “neutrali”, ma anche a chi lo ha scritto, che poi è il Consiglio di Stato (per la gran parte). Non sfugga, quindi, l’alta probabilità che il consesso di Palazzo Spada possa poi essere portato a giudicare di possibili contenziosi applicando la teoria interpretativa enunciata nella relazione illustrativa.

Non sappiamo come siano andate le cose e come mai Italia e UE abbiano concordato, tra le molte modifiche al Pnrr, anche di intervenire con il chiarimento interpretativo al codice dei contratti riguardante il sotto soglia. Sappiamo, però, che l’Italia nel rapporto con l’Europa non è certo il “contraente” forte, quello che può dettare le regole.

Nulla esclude, dunque, che la UE abbia visto di cattivo occhio la possibilità di interpretare il codice come barriera all’estensione nel sotto soglia dei principi del Trattato e in particolare della concorrenza e che abbia condizionato, tra le altre condizioni, le modifiche al Pnrr ad un chiarimento in merito. Perché dovrebbe risultare chiaro: un Paese membro della UE non può affermare territori estranei del tutto ai principi fondanti del Trattato.

Quella dottrina che ha enunciato il teorema – dimostratamente infondato – del divieto di utilizzare le procedure ordinarie aperte al mercato anche nel sotto soglia non si rassegna e sta criticando la circolare.

IDIOSINCRASIA AL MERCATO

Ma, evidentemente, sfugge il vero problema. C’è poco da mettere al microscopio il contenuto della circolare, che evidenzia un chiarimento dell’ovvio, per altro su spinta, più o meno intensa, dell’Europa. Proprio perché si tratta di un chiarimento sulla portata dell’ordinamento europeo (e dell’articolo 97 della Costituzione), è assai poco rilevante, utile e centrato soffermarsi sul tema se sarebbe stato necessario, invece, modificare il codice con una legge. Basta una lettura delle norme del codice costituzionalmente orientata e rispettosa del Trattato, i cui principi si applicano in ogni caso, anche senza alcuna circolare.

Il vero problema è che tale è l’idiosincrasia contro il mercato e contro la concorrenza di cui soffrono le istituzioni di questo Paese, che perfino soggetti tecnici, oltre che politici, sono portati a scrivere le regole o a interpretarle in senso profondamente anti concorrenziale.

È abbastanza preoccupante che la UE, in modo più o meno ampio, debba intervenire perché si correggano storture normative o di interpretazione delle norme, così al far comprendere che la concorrenza non può essere né “demitizzata”, né subordinata all’impreciso e confusionario principio del “risultato” enunciato dal codice dei contratti, purtroppo letto da molti come lascia passare alla mano libera del poter fare tutto, anche compromettendo trasparenza, pubblicità, concorrenza, accountability.

Ancora chi insiste nell’insostenibile tesi della disapplicazione totale dei principi del trattato nel sottosoglia, persiste in sofismi interpretativi. Come ragionamenti ipotetici tipo “non è detto che una gara con 100 offerenti assicuri una concorrenza necessariamente più efficace rispetto a una gara con 10 offerenti”. Si tratta di chiavi interpretative appoggiate più o meno consapevolmente sul principio popperiano di falsificabilità, secondo cui una proposizione è scientifica se è falsificabile ed è scientifico tutto ciò che è falsificabile, per cui si riconosce come “vero” provvisoriamente tutto ciò che non viene smentito dai fatti.

Ma, il diritto non è una scienza esatta. Non cerca il vero scientifico, pone semplicemente delle regole, poste a dare comandi o anche a conoscere e ridurre quanto più possibile un rischio.

È assolutamente corretto ritenere che una gara con 100 offerenti non assicura una concorrenza “più efficace” di una con 10. Ma, è altrettanto incontrovertibile che la concorrenza è “apertura del mercato”. Una gara aperta a quanti operatori vogliano, di propria iniziativa, concorrere tra loro per ottenere la commessa è una gara di massima apertura; una modalità selettiva che chiuda il mercato, restringendolo a soli 10 concorrenti selezionati discrezionalmente, di per sé è una lesione al mercato (infatti, nell’ambito del sotto soglia a rimedio di questa lesione si applica il principio di “rotazione”).

ATTI DI FEDE NELLA STAZIONE APPALTANTE

E resta proprio atto di “fiducia”, applicando il relativo principio enunciato dal codice, se non di vera e propria “fede”, ritenere che la stazione appaltante sia realmente capace di chiamare esattamente quei 10 operatori economici che in modo più efficace di altri sappiano realizzare la prestazione. Un atto di fede che sottende rischi infinitamente maggiori, rispetto alle procedure aperte, di combine, condizionamenti, cordate o scelte degli operatori guidate da logiche del tutto estranee alla loro concreta capacità.

Certo, una procedura aperta resta egualmente esposta al rischio di reati di corruzione e turbativa d’asta.

Ma questi rischi sono inferiori o maggiori in un sistema nel quale è un oscuro funzionario a scegliere direttamente l’impresa con la quale la PA contratta? Non è davvero atto solo di fede ritenere che questo funzionario, il RUP (responsabile unico di progetto), da solo riesca a resistere alle pressioni del sindaco o dell’assessore che cercano di indurlo a chiamare l’imprenditore “grande elettore”, oppure ai condizionamenti di quell’imprenditore particolarmente forte nel territorio, oppure alla criminalità organizzata? Ma: vogliamo davvero scherzare nel ritenere che quel funzionario non possa perseguire l’interesse pubblico a che quei condizionamenti potenziali non si trasformino in un pregiudizio, provando, quando è il caso, anche nel sotto soglia ad utilizzare strumenti più concorrenziali, trasparenti, pubblici, aperti e controllabili?

Vogliamo davvero far finta di credere che alla Commissione UE potesse andar bene del tutto la formula secondo la quale per accelerare l’esecuzione del PNRR nel sotto soglia si azzerasse del tutto?

Questo articolo è stato pubblicato qui

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