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Antonio Padellaro a L’89: “Se si vota faremo selezione fra i candidati”

Insomma ho un blocchetto e questi dieci minuti scarsi per fare un paio di domande ad Antonio Padellaro. Meno che scarsi: “De Mauro (direttore di Internazionalenda) mi aspetta”, dice. A Ferrara, in un cinema, si appena concluso questo. Tutto bene, per caritadiddio, eppure rischiamo di mandare a memoria discorsi sentiti e sterili. Meglio capire un paio di cose sul Fatto, senza regali e col tempo alle caviglie. Qualche giudizio, qualche “dicono” che sento davvero dire, altri che invento, alcuni che sento davvero di chiedere, un po’ come viene. E allora partiamo dall’impatto visivo, perché è il primo approccio e perché il sottoscritto è uno di quelle lattine vuote che ancora bada all’esornativo, a cui piace la forma. Dicono: il Fatto è impaginato come una lettera minatoria (cit.).

“Come una lettera minatoria (ride, non l’ha mai sentita, nda)? Noi abbiamo fatto una ricerca di mercato pochi mesi dopo l’uscita del Fatto: piu del 90% di chi ha risposto – e sono quasi 20 mila persone – hanno detto che non volevano si toccasse nulla del giornale, e che se anche la grafica non era granché gli andava bene lo stesso. Ora, che cosa vuol dire? Significa che certamente può non piacere – e a molti non piace – ma che ormai si è identificata con il giornale. Avevo sentito dire che sembrava un giornale di una repubblica sovietica, caucasica, degli anni trenta. Questa mai. Miglioreremo qualcosa. Intanto funziona, ché magari la gente si affeziona anche ai brutti”.

- Dicono anche: morto politicamente Berlusconi al Fatto resta poco. Poniamo, domani ricambio generazionale: nasce una legislatura di giovani, leali e per bene, che non vi danno “lavoro”. Che sarebbe di voi?

“Beh, questa utopia mi sembra bella ma non la vedo all’orizzonte, forse se ne occuperanno quelli che verranno dopo di me, non credo che potrò affrontare questo problema, magari fosse così..”

- Boh, voliamo bassi: diciamo, a livello dei paesi stranieri..

“Allora credo che i giornali non dovrebbero vivere solo sulle disgrazie altrui: noi oggi, certamente, cerchiamo di vivere raccontando le disgrazie di un paese, ma evidentemente ci deve essere una grande energia civile, perché altrimenti noi potremmo fare il giornale più cattivo del mondo ma non lo comprerebbe nessuno. Il problema è che la gente lo compra, come compra altri giornali di opposizione, perché sente che il momento è decisivo per la storia democratica di questo paese. Credo che il giornale, nel momento in cui la situazione italiana tornasse alla normalità, troverebbe comunque i suoi spazi. E’ chiaro che andrebbe ristudiato, ripensato. Intanto aspettiamo che le cose cambino..”

- Restando sulla “linea”: dicono, “è semplicistico”. Altri ancora, alla prima lettura: “non capisco”, “non riseco a tenere il filo delle inchieste”. Come stanno le cose?

“Ogni giorno rispondo a una media di trenta messaggi, tra mail e lettere, ai quali dedico molto tempo perché non voglio perdermi un solo lettore né voglio che dica “non mi ha risposto”. Devo dire che le critiche che arrivano di solito non sono a quello che manca ma a quello che c’è: non piacciono certi interventi, certe prese di posizione, chi dice che il giornale potrebbe essere più preciso, occuparsi meglio di certi argomenti. Su questa che mi dici di lettere non ne ricevo. Quelle che arrivano mi dicono “non approvo quell’articolo”, “quel giornalista mi ha rotto le scatole”, cose così.

- Allora un po’ d’attualità. Pare si debba votare a marzo, malgrado le smentite a giorni alterni. Nel caso: sarebbe la prima vostra campagna elettorale “di legislatura”. Come sarà il Fatto di “campagna”?

“Non so. Non c’abbiamo ancora pensato. Non faremo certamente campagna per questo o quel partito, mi piacerebbe fare campagna per dei candidati, di vari partiti: fare una selezione di candidati per bene, accettabili, che fanno politica nella maniera giusta. Allora sì, quella porrebbe essere una funzione: indicare delle persone, soprattutto giovani, che possono dire qualcosa di nuovo. Ma non credo che prenderemo posizione per questo o quel partito”.

- Un’ultima cattiveria gratuita: che futuro ha il giornalismo cartaceo per quelle testate che non possono piazzare Marco Travaglio in prima pagina?

“Mm. Io penso che Marco Travaglio sia certamente un fuoriclasse. Ma a cercare bene credo si possano trovare giornalisti che possono crescere. Prendi Marco, l’ho avuto nel 2001 all’Unità. Ha cominciato la sua rubrica Bananas quando ancora non era molto conosciuto se non nel giro delle conferenze che teneva, e poi è cresciuto moltissimo. Penso che una cosa che i giornali potrebbero fare è scoprire nuovi Marco Travaglio, nuovi talenti che siano tali, che lo dimostrino, dimostrino la capacità di andare fuori dagli schemi, avere il coraggio anche di dire in faccia a certi personaggi quello che si meritano come fa Marco anche in televisione e sul suo blog. Avere non solo capacità ma anche coraggio. Non bastano solo uno o l’altro”.

Promessa mantenuta, nei limiti dei dieci minuti. De Mauro arriva piano da una bici, la appoggia ad uno di quei muri ferraresi, mattoni a vista. Mi fa “Bello, eh?”, probabilmente riferendosi al mio blocchetto, o non so cosa. Mi sfilo trasparente, con la sensazione che dell’ultima domanda, probabilmente, non è stata colta acidità (in luogo di una bonarietà fideistica probabilmente percepita, e che non è). Come a dire: vi comprano per leggere l’editoriale di Travaglio. Stop. Gratuito, come un po’ per il resto delle domande – poche, ma davvero di corsa – e l’altro po’ di migliaia venute in testa. La gran parte delle quali, ovviamente, dopo. Ma può essere che mi sbagli, e che Padellaro abbia capito il senso. Così non fosse, tutto sommato, glielo si può concedere. E poi magari ho un gran bel blocchetto.
U‘

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