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Analisi del voto greco: occasione storica per la sinistra

“Il successo della sinistra è il caos” ripetono quasi tutti i giornali. Qualcuno, come Repubblica, tace addirittura nei titoli l’esistenza della crescita della sinistra, presentando come novità fondamentale delle elezioni il 6,7% raggiunto dai neonazisti, senza dire che questi recuperano solo parte dei tanti voti perduti da Nuova Democrazia e dal partito fascista moderato LAOS, che sparisce addirittura dal Parlamento.

Come tutti i voti di protesta ottenuti un po’ in tutta l’Europa dalla destra xenofoba, anche questi di Chryssi Avghi in Grecia vanno messi in conto prima di tutto ai governi che si sono fatti giustamente odiare per il loro ipocrita appoggio ai piani di austerità dei banchieri: governi di centrosinistra, come quello di Papandreu prima dell’esplosione della crisi, o bipartisan come quello attuale.

La sinistra di cui si parla poco o niente è invece cresciuta fino ad avvicinarsi complessivamente al 30%, anche senza tener conto di quel 13,5% che è rimasto al PASOK, di cui forse - dopo la severissima batosta - qualche pezzo potrebbe ritornare alle sue origini di sinistra e unirsi all’opposizione contro la banda che l’UE ha messo alla testa della Grecia. È questo il programma, tutt’altro che “estremista”, di Syriza, come ha spiegato chiaramente l’articolo di Sotiris Martalis, Grecia: la crisi politica, inserito sul mio sito alla vigilia del voto.

Avendo ottenuto il secondo posto con il 16,7 davanti ai socialisti del Pasok (13,2 per cento), il giovane leader di Syriza Alexis Tsipras potrebbe perfino tentare - nel caso di un fallimento di un governo proposto da Nuova Democrazia - di costituire lui stesso un governo di minoranza. Senza maggiori probabilità di successo ovviamente (anche se la Grecia contemporanea ha visto a volte alleanze trasversali incredibili), ma con la possibilità di arrivare a nuove elezioni da una posizione più forte, facendo conoscere a tutto il paese da una tribuna adeguata il proprio programma. La posta in gioco è raggiungere e riportare alle urne con una proposta convincente una parte di quel 40 % di elettori che non hanno voluto votare i partiti che hanno governato quest’anno, ma che ritenevano che i piccoli partiti non servissero a molto. Ovvio che lo pensassero: sono anni che in Grecia, come in Italia e in tutto il mondo, si ripete questa sciocchezza, con un martellamento propagandistico sul cosiddetto “voto utile”, e soprattutto con riforme elettorali che da anni sono concepite per penalizzare i partiti minori, col risultato di spingere quelli maggiori a raccogliere al loro interno forze eterogenee che esplodono poi alla prima occasione. Anche in questo, Italia e Grecia sono gemelle…

Il parlamento monocamerale greco appena eletto ha 300 seggi, così divisi: Nuova Democrazia (conservatori di destra) 18,85% - 108 - Syriza (“sinistra radicale”) 16,78% - 52 - Pasok (socialisti) 13,18% - 41 - Greci Independenti (destra nazionalista) 10,6% - 33 - KKE (comunisti stalinisti) 8,48% - 26 - Chryssi Avghi (neo-nazisti) 6,97% - 21 - Sinistra democratica (Dimar) 6,1% - 19. L’assegnazione dei seggi è ancora provvisoria, anche se non dovrebbe variare molto, dato che i risultati sono definitivi.

Nessuna soluzione è facile, e anche se il Pasok si suicidasse tornando a formare un governo con la destra, non avrebbe comunque una maggioranza solida. Il compito di Syriza è arduo ma non impossibile: prima di tutto deve conquistare a un programma comune la “sinistra democratica”, che dovrebbe aver verificato che il suo moderatismo non convince gli elettori più del “radicalismo” di Syriza. Non dovrebbe essere difficile, dato che anche Syriza non ha una posizione ultimatista contro l’Europa ma chiede solo di rifiutare le imposizioni e di annullare le misure imposte finora al governo, dato che è uscito bastonato dal voto. Più difficile realizzare un’intesa col KKE, che supplisce alla povertà programmatica con un tenace rifiuto di alleanze, dato che considera nemica ogni forza della sinistra, magari solo perché considera sterile e velleitaria la sua proposta di “ritiro dalla NATO , dall'Unione Europea e da tutte le organizzazioni internazionali imperialiste, al fine di creare rapporti reciprocamente vantaggiosi con altri Stati e popoli”, una proposta che sembra basata solo sulla nostalgia di un “socialismo reale” che non c’è più da un pezzo: quali sarebbe gli “altri Stati e popoli” con cui creare rapporti? Ma bisogna tentare comunque il rapporto col KKE, e mettere questo partito dogmatico (ma con una base militante e generosa) di fronte alle sue responsabilità, con una proposta di un programma minimo.

Ma il vero obiettivo da conquistare dovrebbe essere il Pasok: non tanto i 41 deputati eletti e i tanti dirigenti trombati che gli sono rimasti, ma il grosso dei suoi elettori del 2009 (quando aveva superato il 44% dei voti!). È evidente che la maggior parte degli astenuti di queste elezioni provengono dal Pasok: la politica antipopolare del governo Papademos ha disgustato tutti, ma era particolarmente ripugnante per i militanti socialisti. Per questo è importante una proposta di fronte unico, per mettere la direzione di questo partito con le spalle al muro.

Ci è stato detto intanto che ai “mercati” il risultato greco non piace: in realtà dopo qualche ore di calo, le borse si sono riprese: era solo l’ennesima balla propagandistica per far sentire colpevoli i greci e per terrorizzare chi in Europa guarda ad essi con simpatia. Finora ci avevano detto che l’Europa stava “salvando la Grecia”, e che noi dovevamo stare attenti a non finire come loro. Chissà se vedendo come sono preoccupati i nostri nemici dal voto greco, non venga l’idea che sarà proprio il suo esempio ad aiutarci? Se non sarà la Grecia a salvarci, certo è importante cercare una soluzione comune, per salvarci insieme. Altrimenti la macelleria sociale sperimentata in Grecia verrà riproposta totalmente anche da noi, dove d’altra parte è già iniziata.

D’altra parte due settimane fa avevano detto che le borse cadevano perché Hollande era uscito bene dal primo turno, e anche allora la balla era durata lo spazio di un mattino. Ma perché dovremmo attribuire un ruolo di arbitro ai “mercati”, cioè a chi gioca d’azzardo in una frazione di nanosecondo, guadagnando miliardi a spese dei gonzi che inseguono il sogno dell’arricchimento facile? Avendo ricavato tanto spolpando lavoratori e pensionati greci, possono anche essere preoccupati da questo voto, che potrebbe dare un “cattivo esempio” ad altre vittime predestinate in Europa. Ma che ci importa di quel che pensano quei parassiti?

 

P:S: Avevo nominato di sfuggita Hollande in Chi ha paura del voto greco?, e ho sentito qualche reazione negativa di chi si orienta solo su “la Repubblica” o su “l’Unità” (oggi tutta sbilanciata sulla grande vittoria in Francia per pagine e pagine, prima di dedicarne mezza alla Grecia). Mi permetto di ribadire: prima di esultare per la vittoria di Hollande, aspettiamo gli atti concreti del suo governo. Avevo già scritto qualcosa di simile al momento in cui in Italia al momento delle elezioni spagnole del 2004 erano in molti a gridare: “Viva Zapatero!”… Chissà se si ricordano di quanto tempo c’è voluto per una crudele verifica?


LEGGI: Grecia, difficile formare un governo, crolla la borsa. Rischio di nuove elezioni

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Sandro kensan (---.---.---.112) 7 maggio 2012 21:53
    Sandro kensan

    Benissimo ha vinto la sinistra. Però chiunque abbia vinto dovrebbe fare quel che deve essere fatto: farsi prestare i soldi oppure pagare i debiti. Se nessuno glieli presta allora significa che è giunto il momento di pagare i debiti, euro su euro.

    A me non interessa il fatto che i politici siano ladri, loro sono i greci e loro hanno votato i loro rappresentanti. Se il tempo dei prestiti è finito vuol dire che è iniziato quello del pagamento dei debiti.

    Se non vogliono pagare i debiti, possono farlo. Dal resto del mondo non vedranno più un euro per molti anni e se la dovranno cavare con la propria moneta (che all’estero varrà come la carta igienica).

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