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Analfabetismo di ritorno in Italia: a chi giova e quando è cominciato

La lettera di 600 docenti scoperchia un solo aspetto del problema. Il pesce puzza dalla testa, ma anche la scuola primaria e secondaria non stanno meglio. Ecco a chi giova l'analfabetismo di ritorno in Italia e come ci siamo arrivati. 

Questa riflessione è nata di getto. E' che le riflessioni di questi giorni sul tema dell'incapacità di scrivere correttamente in italiano da parte degli studenti, universitari, scatenate dalla lettera di 600 docenti universitari, hanno risvegliato un interesse che ogni tanto riaffiora tra le pagine delle Volpi.

C'è una domanda in particolare che mi frulla nella testa: a chi giova l'analfabetismo di ritorno?

Insegnare è come curare con amore un campo. Lo si prepara durante la stagione fredda, si rivolta la terra in modo che altro venga alla luce, si segna con ferma delicatezza il solco in cui verrà posato il seme. Poi si protegge dal vento e dalle intemperie e lo si annaffia e nutre ulteriormente, se il terreno non è abbastanza ricco. Infine, la pazienza e la cura vengono ripagate: quel seme è germogliato ed è diventato un albero rigoglioso e forte, capace di restituire alla terra e frutti e fiori.

Cosa succederebbe se improvvisamente quel piccolo seme venisse schiacciato? 

Bulli, stalker e analfabeti

Terrificante semplificazione me ne rendo conto, ma forse efficace a descrivere ciò che si sta sommando nella narrazione di questi giorni. Qualche giorno fa la Prima Giornata contro il bullismo a scuola, poi la lettera/appello, scritta per denunciare l'incapacità degli studenti universitari di scrivere correttamente in italiano.

Dicono i docenti che gli studenti universitari compiono

"errori di grammatica, sintassi e lessico appena tollerabili in terza elementare"

e chiedono su questo un intervento urgente del Governo.

Non stento a crederlo. Ho frequentato l'Università e non ricordo che un paio di esami o lezioni in cui uno dei compiti fosse quello di preparare un testo scritto. Come se scrivere correttamente fosse un fatto scontato.

Per certi versi all'Università dovrebbe essere così, sempre che i livelli scolastici precedenti lo consentano. E invece...

Credo che non sia qualcosa di cui vantarsi non conoscere la grammatica. Denota una carenza di interesse per il linguaggio che regola i rapporti nella nostra comunità. Un codice, la lingua italiana, che cambia al cambiare dei tempi. Ma non certo nelle sue regole fondamentali. 

Appropriarsi di un linguaggio corretto garantisce la fluidità dei rapporti sociali.

Ma se manca la base di cui abbiamo parlato fino ad ora, che ne è delle relazioni?

Se non ci appropriamo del linguaggio, come possiamo comunicare?

Come facciamo a difenderci se non conosciamo?

Feci un viaggio in Giappone e pur non avendo problemi con le lingue straniere non capivo una parola di giapponese ed ero piuttosto lontana dal conoscere a fondo la sua cultura (limite che ho poi tentato in tutti i modi di recuperare al rientro, fatta eccezione per la lingua, non fa proprio per me!).

Volete che vi dica come mi sono sentita, senza capire ed essere capita? Un pesce fuor d'acqua.

E' possibile che questo stuolo di studenti, che un tempo avremmo chiamato "asinelli", subisca anch'esso lo stesso smarrimento? Dite che esagero?

Mi convinco sempre di più che la questione della cattiva scrittura sollevata dai docenti, non è che uno degli aspetti del problema. Così mi chiedo

Che ne è di tutto il resto?

Che ne è della capacità di espressione, di leggere un brano ad alta voce, di analizzare un contesto, di risolvere un problema di matematica o di indicare la motivazione per cui la terra gira?

Recentemente Rai 2 ha mandato in onda un programma che ha definito "esperimento sociale" e che ha il taglio del reality, "Il collegio", in cui 18 studenti, dai 14 ai 17 anni, sperimentano lo stile di un collegio anni '60. Un esperimento interessante che molti genitori dovrebbe vedere insieme ai propri figli, perché mi pare dia uno spaccato molto veritiero sullo stato della scuola oggi. E dei ragazzi che la frequentano.

La cosa che mi ha fatto sentire peggio, tra tanti strafalcioni?

Un ragazzo di 14 anni che incapace di leggere un brano ad alta voce. Niente di strano se si fosse trattato di un bambino ai primi approcci con la lettura alle scuole elementari, ma un adolescente...

Afferrare il pesce dalla testa

Per affrontare un problema occorre partire dal punto in cui si è generato, non dalla fine. E sentendo le discussioni di questi giorni sono un po' irritata, perché mi chiedo:

Ci accorgiamo solo ora che il sistema scolastico di ogni ordine e grado non è più all'altezza della civiltà che ci ostiniamo a credere di essere?

Ci hanno spiegato che la cultura generale è troppo 'generica' (il bisticcio è voluto) e dunque abbiamo ricevuto sollecitazioni a specializzarci. E quali sono i risultati? Che ci manca quella necessaria visione di insieme, ciò che potremmo ribattezzare cultura basilare e visione analitica.

E poiché la cultura è il fondamento su cui si costituisce una personalità autonoma, vivace intellettualmente e capace di fare le sue scelte, il deterioramento del sistema di istruzione rappresenta una minaccia per l'intera società, perché produce marionette, non persone. 

A chi giova una pletora di giovani che se ne stanno rinchiusi nelle loro stanzette a chattare con amici, altrettanto isolati?

A chi giova l'ipoteca sul futuro che stiamo contraendo, rendendo sempre di più la scuola un luogo della non-educazione? 

Io non credo che le difficoltà della scuola di oggi originino nelle scelte operate negli anni '70. Su questo concordo in pieno con quanto afferma Daniele Imperi nel suo post di ieri Allarme analfabetismo in Italia, post che ha ispirato definitivamente questa mia riflessione.

I problemi sono cominciati un po' dopo, a mio avviso.

Ve le ricordate le tre I che dovevano "cambiare" la scuola?

InformaticaIngleseImpresa. Era il 2008 e in corso l'ennesima campagna elettorale. In allora la scuola stava già cambiando: quella pubblica aveva perso la sua esclusività di rapporto con lo Stato e condivideva risorse con le scuole private, sebbene in modo molto meno sfacciato di oggi.

La scuola dei miei anni aveva come parole d'ordine la conoscenza, l'apprendimento, la matematica, la storia, la geografia, la grammatica, la filosofia, la storia, le scienze. Provate oggi a domandare chi è il Presidente della Repubblica o che cosa sono i Pm10, per stare su argomenti che sono tutti i giorni su giornali e televisioni. Provate e vedrete.

C'era una strategia dietro le tre I? Io dico di sì e le tracce si vedono. Ma cosa rimane di quella provocazione?

E' vero che gli italiani, studenti compresi, sono tra gli europei con il livello di conoscenza più basso di lingue straniere. Altro che inglese per tutti. Ma è altrettanto vero che la situazione non è molto cambiata.

Sembra che nemmeno con l'alfabetizzazione informatica sia andata molto meglio. Forse perché ha bisogno di quella matematica che si sta tentando di scansare, al punto che nessuno sa più fare una semplice divisione senza calcolatrice o telefonino (che molto opportunamente si sta sostituendo a molte funzioni che una volta svolgevamo da soli pensate alla memorizzazione dei numeri telefonici!).

Della sfida dell'informatica nelle scuole non ne so molto. Sono stata a Cuba molti anni fa e ho avuto l'occasione di visitare le classi di alunni delle medie, su ogni banco c'era un calcolatore elettronico fornito dalla scuola. Ne fui talmente affascinata che lo descrissi nel mio diario di viaggio.

Oggi i nostri ragazzi devono comperarsi persino la carta igienica, altro che computer!

Sorte migliore sembra averla avuta la terza I, quella di Impresa. I passi in avanti sono stati giganteschi. Al punto che i ragazzi oggi hanno l'opportunità di fare '"alternanza scuola/lavoro". Per dirla in parole povere, possono passare periodi anche corposi in sostituzione della didattica tradizionale nelle imprese con cui la scuola stipula convenzioni, per imparare un mestiere. Naturalmente, gratis.

Come se il lavoro non valesse nulla. 

Nemmeno quello degli insegnanti. 

Ecco perché l'analisi contenuta nella lettera dei 600 docenti è insufficiente. I problemi che si evidenziano all'Università nascono molto prima, dalla scuola materna in poi.

E' lì che si forma l'attitudine dei bambini all'apprendimento. Leggere libri insieme, scrivere per gioco o per amore, sono abitudini che i nostri ragazzi hanno perso e anche noi, in favore di altri intrattenimenti che guarda caso sono esattamente ciò che vogliono che consumiamo.

Analfabetismo di ritorno, ingrediente segreto della governabilità, della manipolazione delle menti e del mercato.

Sottomissione? 

Tutto ciò deve gridare più forte, deve essere ascoltato.

Un linguaggio corretto continua ad essere il modo migliore non solo per presentarsi ma per sentirsi parte attiva della società cui apparteniamo.

Riprendiamoci la scuola per capire che non ci siamo sbagliati quando dicevamo che la buona scuola così buona non era. Questo è ciò che dobbiamo fare.

Trovare un punto di incontro tra le generazioni

La generazione dei miei genitori ha condotto molte lotte per una scuola pubblica dignitosa e per tutti, democratica e selettiva, mai esclusiva e respingente. Non meritocratica ma giusta, il più possibile equa.

Una scuola in cui ci potevano andare tutti (anche una figlia di operai come me) perché i libri, anche se usati, erano forniti dallo Stato, quello con la S maiuscola.

Il doposcuola aiutava i genitori a svolgere il loro lavoro e a mantenere i ragazzi in un ambiente protetto ed educativo, una valida alternativa alla strada, ai videogiochi, al telefonino, strumento oggi onnipresente.

I miei genitori in particolare si sono dannati di lavoro e di straordinario per farci studiare e noi non abbiamo mai saltato un giorno di scuola senza giustificazione. Avevamo rispetto di quegli sforzi ma anche amore, prima di tutto per noi stesse.

Abbiamo usufruito di questi diritti quasi senza accorgercene ed ora la generazione che abbiamo davanti a noi sembra aver messo tutto questo da parte.

Bisognerebbe che si facessero sentire.

Spegnete i telefonini un momento e dialogate con i vostri figli. Voi, ragazzi, fate lo stesso. Discutete dei problemi che ci sono nel mondo della scuola, parlate.

La parola è l'antidoto più forte che abbiamo contro l'isolamento.

Imparare a leggere e a scrivere serve proprio a questo: a non impedirci mai di far sentire le nostre ragioni e le nostre idee.

E se non sentono, dobbiamo urlare più forte.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di gianfranco (---.---.---.210) 11 febbraio 2017 09:10

    vorrei aggiungere una cosa che spero sia parte integrante dell’argomento di questo articolo. io ho venticinque anni e non ho un diploma in quanto ritiratomi dagli studi parecchio tempo fa. voglio parlare dei professori, e per non fare di tutta l’erba un fascio specifico già da ora che non sto parlando di quelli con la P maiuscola che fanno di tutto per invogliarti allo studio.


    io mi ricordo di professori senza amore per il mestiere, noiosi e con un gap generazionale davvero notevole. persone che ti guardavano male quasi con un fare borghese per i motivi più insulsi. la scuola dovrebbe essere uno stimolo costante per il cervello del discente e non una sorta di luogo medievale dove emarginare il diverso, o dove la lezione di informatica è un dettato (dettato molto lento) da parte di una signora abbastanza anziana da saperne meno di me, che sono nato "ciappinando" prima sull’amiga e poi su un pc.

    "il ragazzo non si applica", ma il professore non si aggiorna, così come il sistema scolastico.

    ho sempre sentito frasi del tipo "imparare a memoria" o "prendere in giro il prof." argomentando il poco che sai in un discorsivo arrampicarsi sugli specchi, perché la materia non diventa interessante. o anche perché è impossibile che tutti riescano a seguire una lezione se venti alunni su venticinque pensano di essere in una giungla col benestare dei docenti, che volenti o nolenti riescono a seguire meglio poche persone (è ovvio che non voglio addossare la responsabilità di tutto ciò unicamente ai docenti, che spesso sono persone piene di sani principi che si ritrovano a combattere con l’orribile realtà scolastica che tutti conosciamo).

    un altro metodo per far perdere interesse e voglia anche a quei pochi che amavano studiare era "modificare i voti sul registro in base a regalini e cibarie"
    come nella peggiore puntata del becero "pomeriggio-5" le lezioni si trasformavano in un talk-show, dove il/la prof riceveva pasticcini o altri pensierini, accompagnati da storie di vite smielatamente patetica (mi sta nascendo un figlio, i miei genitori la salutano,bigliettini di auguri etc etc). non parlo delle condizioni fisiche delle scuole che ho frequentato perché ovviamente non dipendono dai professori, ma ovviamente influiscono sullo studente.... e questo era il liceo.

    adesso vorrei parlare dei docenti universitari.
    la mia ragazza si è da pochissimo laureata, e dato che non sono un troglodita che vive di tv ho voluto sempre seguirla e provare ad aiutarla, per quanto potessi, nel suo percorso di laurea. interessandomi, ascoltandola, e ripetendo insieme a lei la dove potevo. sono rimasto disgustato dal metodo utilizzato da alcuni professori. stesse problematiche della scuola superiore, ma qui spendi molti più soldi.
    una professoressa ammetteva solo i propri libri all’interno del programma, originali (non era abbastanza milionaria), altri prof. richiedevano obbligatoriamente la presenza in corsi dove non era necessaria, facendo circolare un illegale foglio delle presenze da far firmare lezione per lezione. altri hanno metodi di insegnamento risalenti al 1800, come i loro libri (e la loro data di nascita). altri bocciavano agli ultimi esami per fare intascare più soldi all’università o semplicemente perché avevi osato non abbassare la testa alla loro enorme puzza sotto il naso. sarò io cinico e pessimista ma questa grande "istruzione" io me la immagino sempre più vicina a quella dell’epoca dei signori e delle signorie.

    è vero che il pesce è marcio dalla testa, ma quando è marcio è marcio tutto.
    e questo era il mio pensiero, quello di un ragazzo che non è mai stato attirato in modo positivo dal sistema scolastico, che marinava la scuola e che preferiva farsi un’opinione e una cultura da autodidatta. i pochi Prof muniti di gonadi quadrate li ricorderò sempre e li porterò dentro con affetto eterno.(ps. ho dimenticato di nominare prof. e presidi che prendono soldi a nero mensilmente spacciandoli per tasse e approfittando dell’ignoranza della gente).
    ti ringrazio per l’articolo da te scritto perché mi ha dato lo spunto per questa mia riflessione. ti auguro una buona giornata.

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