Amanda e Raffaele liberi. Il colpevole è il magistrato
Amanda è libera. E con lei anche Raffele Sollecito.
Le sentenze non si discutono, si accettano, si dice. Non in Italia comunque, dove anche quello che dice
Gli italiani, tra il boia e il morituro propendono sempre dalla parte del boia, qualsiasi sia la colpa del morituro. E sebbene non ci fossimo ancora riavuti dalla cantonata presa con Michele Misseri, non abbiamo esitato a ripeterci appena si è presentata un’occasione. Prova, questa, che se gli italiani fossero tutti giudici non ne azzeccherebbero una. Qualcuno potrebbe obiettare che spesso nemmeno i giudici l’azzeccano. È vero, ma almeno loro lo fanno con cognizione di causa. In effetti c’è la sottile ma diffusa idea che un processo, per quanto sia complesso e articolato, debba seguire un determinato corso, ma quale sia questo corso – il giusto corso – sta a noi singoli stabilirlo a seconda della parte per cui propendiamo. E laddove non coincida con quello reale, siamo legittimati a urlare la nostra vergogna.
La sentenza di Perugia getta certamente un’ombra sulla morte di Meredith. Ma ne getta una ancora più grande sull’Italia moralista e inquisitrice. Quell’Italia che non critica i politici sottratti dal voto dei colleghi alle inchieste dei magistrati perché scampati al corso naturale della giustizia, ma perché li ritiene, esplicitamente o implicitamente, già colpevoli. A ben vedere, non fa rabbia che i parlamentari godano di immunità o che non si esimano dal farne puntualmente ricorso. Fa rabbia il fatto che siano colpevoli. A priori e senza sentenza. Si badi, spesso è lecito credere che non siano innocenti, ed è assolutamente legittimo farsi un’opinione in merito.
Quello che dovrebbe però smuovere le coscienze non è la propria idea sulla colpevolezza di una persona, quanto l’uguaglianza nel trattamento di fronte alla legge. Lo stesso vale per Amanda e Raffaele. Chi ha urlato vergogna, si spera lo abbia fatto non perché fermamente convinto della colpevolezza dei due giovani, ma perché, dopo una così lunga vicenda processuale, aveva oramai bisogno di un colpevole, chiunque esso fosse. Di buone intenzioni, si sa, è lastricata la via dell’inferno, e per questo è lecito credere che i cori di protesta fossero tutti mossi dall’urgenza di assicurare giustizia alla povera Meredith. Ma non è ragionando con la pancia che si è reso un favore alla disgraziata.
Fino a prova contraria si è innocenti, questa è una regola che vale da sempre. E proprio perché vale da sempre, viene continuamente infranta. Ieri si è giocata una partita anomala. Non si doveva decidere se Amanda e Raffaele fossero colpevoli o innocenti. Si doveva decidere chi fosse il colpevole tra loro e la pubblica accusa. Chi era fuori dal tribunale era pronto a fischiare o gli imputati o i magistrati.
L’importante era avere qualcuno da fischiare, ed è toccato ai giudici, rei di non aver confermato la sentenza di primo grado emanata da un altro tribunale. In un’Italietta che si trascina ancora residui e sapori da Sant’Uffizio, fa sorridere che il suo primo ministro sia contestato proprio per il suo rapporto con la giustizia. Il vero guaio è che l’Italia e la legge non vanno proprio d’accordo. L’idea che i cittadini hanno delle regole non è meno aberrante di quella che ne ha chi li rappresenta politicamente.
Si dice che gli italiani debbano essere tutti uguali di fronte alla legge. Ma
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