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Alfie Evans, nuovo inconsapevole simbolo nella difesa della non-vita

Il terreno su cui ci si confronta, riguardo alla vicenda del piccolo Alfie, è ancora una volta quello del significato da attribuire alla vita. Cosa è vita?

 Uno stato di morte sospesa, in cui le funzioni biologiche di base vengono gestite da macchine e assistite da terapie farmacologiche, è vita? Da un punto di vista biologico forse sì, ma non essendo autonoma non può essere definita realmente tale. Perfino un simbionte dipende solo in parte da un altro organismo. Da un punto di vista etico potrebbe esserlo purché vi siano sufficienti probabilità di ritornare a uno stato di vita vera, con un minimo di possibilità di relazione. E pur sempre nei limiti di quanto disposto da chi di quella vita è il titolare.

Nel caso di Alfie, così come in quello di Charlie Gard di quasi un anno prima, si parla però di bambini piccolissimi che non hanno facoltà di esprimersi e per i quali, quindi, spetta ai genitori decidere. Ma fino a che punto? Certo non senza alcun limite, infatti in genere nei sistemi legislativi è prevista la possibilità che la magistratura intervenga a tutela dei minori e possa perfino privare i genitori, o chi per loro, della potestà legale se necessario. Il criterio attraverso cui i giudici decidono è naturalmente quello dell’interesse del minore, che è esattamente quello tenuto in conto dai giudici inglesi contro i genitori di Charlie prima e di Alfie adesso: hanno stabilito che quanto da loro richiesto è contrario all’interesse del minore. Che non può essere quello di essere mantenuto in uno stato di sospensione della morte senza che vi siano concrete possibilità di uscirne, prima o poi. Tutti i medici interpellati sono stati unanimi a riguardo: non esistono cure per Alfie.

Naturalmente anche per Alfie, così come per Charlie, è andata in scena la stessa commedia con il medesimo copione. Il papa interviene, il Vaticano si dice pronto ad accogliere il piccolo ricoverandolo al Bambin Gesù, il ministro Alfano, peraltro non facente più parte di un esecutivo nel pieno delle funzioni, veste i panni del ministro degli esteri della Santa Sede ingerendo, di fatto, negli affari interni di un Paese straniero qual è il Regno Unito. Perfino Salvini dice la sua, mettendo per un attimo da parte il suo nazionalismo, e rilancia l’hashtag #SaveAlfieEvans.

Nel caso di Alfie però l’armata clericale si è spinta ancora più in là. Sempre Alfano, di concerto con il suo collega agli interni Minniti, hanno deciso di concedere la cittadinanza italiana al piccolo pensando che ciò potesse facilitare l’eventuale trasferimento a Roma. O pensando che, pur dando per certo che sarebbe stato inutile come effettivamente è stato, ne valeva comunque la pena dal punto di vista mediatico. Trattandosi poi dello stesso Alfano che quando i bambini in questione erano quelli delle famiglie omogenitoriali si rifiutava di riconoscere loro perfino il diritto di avere due genitori, verrebbe quasi da ridere se non ci fosse di che piangere. Inoltre Tom Evans, il papà del piccolo, ha ottenuto di essere ricevuto a Roma da Bergoglio. Al termine dell’incontro lo stesso Evans ha detto, tra le altre cose: «Alfie è un figlio di Dio, e come tutti i figli di Dio, se deve morire, morirà nei tempi che Dio ha previsto per lui».

Il punto è che certamente non è stato Dio a prescrivere il respiratore senza il quale Alfie morirebbe di asfissia. Quella macchina non è stata messa sulla Terra nei sei giorni della creazione biblica, la ventilazione artificiale è stata messa a punto meno di un secolo fa e prima di allora qualunque persona incapace di respirare autonomamente moriva. Si fa presto a parlare di volere di Dio appel­lan­dosi allo stesso tempo ai pro­gressi della scienza, ma non bisogna dimenticare che sono persone di scienza anche quelle ascoltate dai giudici. E che sono state determinanti sull’esito del loro pronunciamento. Così come è scienza quella a cui si chiede aiuto per guarire.

Si è sempre in una posizione scomoda a criticare dei genitori che vorrebbero avere più tempo per il loro amato figlio; qualunque genitore, compreso il sottoscritto, non potrebbe che essere loro umanamente vicino. Vi sono in gioco affetti ed emozioni fortissime. Ma è proprio per questa ragione che determinate decisioni andrebbero prese seguendo i pareri non solo di chi è competente in materia, e che quindi ha maggior titolo per valutare cosa è meglio fare, ma anche di chi non è emotivamente coinvolto.

Massimo Maiurana

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.55) 28 aprile 2018 18:24

    Così è stato >

    Come per il piccolo Charlie anche per il povero Alfie la natura ha compiuto il suo triste decorso.

    L’aspetto più che discutibile è il forte clamore suscitato dalle schiere di sedicenti “difensori” della vita inclini a tentare ogni sorta di soluzione pur di procrastinare l’esito fatale. In pratica trattando tali sfortunati bimbi al pari di “amorevoli bambolotti” pronti solo da coccolare.

    SONO spesso gli stessi che assimilano a puro accanimento terapeutico il supporto di nutrizione e di ventilazione assistite per ragazzi o adulti ormai insensibili agli stimoli esterni.


    VERO è che i progressi della scienza medica sovente sono raccontati dai media a mo’ di scoperte occasionali e quasi fortuite.

    Come non mancano taluni sedicenti “esperti” che dei fatti focalizzano solo gli aspetti funzionali alle loro tesi, arrivando perfino alla speculazione.

    Da segnalare che Papa Francesco, nel Suo odierno intervento, ha richiamato più volte il concetto dell’umano soffrire.


    Ergo. Il dramma dei genitori merita sempre rispetto.

    Meglio però diffidare degli “Untori” della parola che …

  • Di pv21 (---.---.---.55) 29 aprile 2018 19:17

    Strafare >

    Cambiano le situazioni, ma non cambia la filosofia.

    Siamo già al terzo caso in Italia di coppie omosessuali iscritte formalmente come “genitori” di figli nati da rapporti estranei.

    TUTTO sulla base di documenti previsti e compilati in conformità al dettato legislativo di Paesi terzi.


    Nulla da eccepire sul fatto che, in tali Paesi, la richiesta di ricorrere alla banca del seme o all’utero “in affitto” presupponga un atto scritto di esplicito assenso da parte dei componenti la coppia omosessuale che così assumono individualmente (in anticipo) tutte le responsabilità della potestà genitoriale verso il nascituro.

    Tutt’altra cosa è assumere in ITALIA siffatto atto scritto come fonte “validante” l’iscrizione anagrafica a titolo di “genitori”.

    La nostra giurisprudenza prevede che, nel preminente interesse del minore, il convivente stabile possa ADOTTARE il figlio del partner. Adozione che può essere revocata soltanto con Sentenza di accertata “indegnità”.


    Ergo. Il VERO motivo di certe iscrizioni anagrafiche è porre le premesse per un futuro allargamento dell’istituto del matrimonio anche alle coppie omosessuali.

    Risultato che renderebbe altresì “usualeprofittare dei progressi della scienza medica anche per la nascita di figli concepiti e “migliorati” al di fuori del naturale rapporto sessuale.


    Guai a strafare!.

    Nessuno ha il potere di creare prototipi di nuove specie di Genere Eugenoma

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