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Accordi UE: historia neglecta

La decisione presa da David Cameron di “isolare” il Regno Unito dalla UE rivela non solo due anime dell'opinione pubblica britannica, una europeista e l'altra nazionalista, ma anche due grandi atteggiamenti dell'Europa medesima. In questa crisi è tornata alla ribalta quella parte dell'Europa che ha dimenticato il perché l'Unione Europea esiste; ossia, in parte, impedire che l'Europa potesse continuare ad essere una perenne polveriera di conflitti. D'altro canto però, negli ultimi decenni, l'adesione delle politiche nazionali dei paesi membri al liberismo sfrenato, nonché la subordinazione di molti governi nazionali a poteri forti di grandi lobby nazionali e multinazionali dell'economia e della finanza - fatti che rischiano di far fallire quanto finora è stato creato, seppur con difetto - hanno dimostrato l'implicito tradimento delle aspettative dei padri fondatori; ergo, la gran parte degli abitanti della UE si sente tradita, nonché in pericolo - come gran parte degli inglesi ha dimostrato appoggiando Cameron - mettendo anche in discussione tutto quello che di buono finora è stato creato.

L'idea sovranazionale di Europa ha radici molto remote. Fu proprio Mazzini, in pieno periodo di rivolta di tutta l'Europa contro i restaurati poteri dell'Ancien Régime, a teorizzare un'organizzazione europea sovranazionale che s'impegnasse per la libertà di tutti i suoi popoli, sottoscrivendo in pieno l'idea che l'unione fa sempre la forza. Nondimeno questo nobile tentativo fallì. Mazzini anche in questo si era rivelato uno straordinario precursore dei tempi.

Successivamente di cose ne sono successe: l'Italia si è unita; molti popoli dell'Europa hanno ottenuto l'indipendenza e hanno sconfitto gli atavici e parassitari apparati monarchici; poi l'Europa ha conosciuto forse i peggiori periodi della sua storia, il colonialismo e le guerre mondiali, alimentati sempre, da un lato, da “ismi” di varia natura, tra i quali spiccavano i nazionalismi sfrenati e soprattutto quell'idea perniciosa di una “mentalità di prevaricazione” che pervadeva tutti i livelli della politica e della società europea nonché mondiale. Due guerre mondiali catastrofiche, la seconda peggiore della prima, con conseguente decolonizzazione hanno fatto superare la suddetta atavica mentalità e hanno spinto vari governi europei ad entrare in collaborazione per poi fondare una sorta di unione economica in fieri che smussasse alcune problematiche che in parte erano sempre state alla base di conflitti europei endemici fin dalla notte dei tempi. Ma c'era anche alla base una certa idea che l'Europa non sarebbe certamente sopravvissuta ad una terza guerra mondiale, questa volta con la minaccia atomica della sopravvenuta guerra fredda.

La CEE vide la sua nascita con i Trattati di Roma nel 1957. Da allora di strada ne è stata fatta, tuttavia, sono passati parecchi decenni, che hanno anche visto scomparire quella classe politica fautrice della CEE e che aveva conosciuto anche gli orrori della guerra. Il boom economico ha profondamente trasformato l'Europa, e nuove potenze hanno fatto la comparsa nella società mondiale, le Multinazionali. La globalizzazione e il crollo della “cortina di ferro” hanno completato la transizione facendo emergere anche il grosso potere sovranazionale di grandi lobby internazionali che hanno reso - a mio modesto parere - impossibile la creazione di una federazione europea "democratica", che avrebbe certamente ridimensionato il potere e l'ascendenza che le varie lobby esercitano sui governi delle loro nazioni madre a vantaggio di una democrazia diffusa e capillare che avrebbe danneggiato o distrutto le legacy delle multinazionali europee; e perciò l'Europa ha fatto grandi progressi solo economici, non però sociali e né politici.

La moneta unica è stata uno dei grandi traguardi economici che hanno favorito l'import e l'export insieme alla precedente abolizione delle frontiere; insieme queste due conquiste hanno garantito alle economie europee e mondiali di fare grandissimi profitti; in tutto ciò le multinazionali ci hanno sguazzato alla grande. Nondimeno, questa crisi ha mostrato i più grandi punti deboli della UE, ossia la mancanza di una banca centrale che batta moneta ed emetta titoli di Stato europei e la conseguente dipendenza da tutte le banche nazionali della zona Euro, nonché, soprattutto, la mancanza di politiche unitarie generali per la politica, per la finanza e per il fisco; il vero problema della unione monetaria è che ci sono troppi galli nel pollaio e che alcuni di questi, non solo non dovrebbero cantare, ma nel pollaio non sarebbero dovuti entrarci affatto.

Più di questo, bisogna tenere in considerazione due aspetti; per un verso molti stati della UE soffrono di un male comune, ossia esse sono economie capitalistiche che nella leadership politica in parte sono state superate o/e influenzate, come ho già detto, da poteri finanziari ed economici molto forti - anche con connessioni sovranazionali più o meno intense - che fanno il bello ed il cattivo tempo nelle politiche “particolari” della UE; per un altro ci sono paesi in cui ci sono forti sacche nazionalistiche che, via via che la memoria di passati eventi tragici si affievolisce con lo scorrere inesorabile del tempo, acquisiscono sempre più consenso nell'opinione pubblica. La Gran Bretagna di David Cameron, poi, forte della sua passata gloria economica dovuta alla memoria secolare del suo ex-impero coloniale in primis, dall'isolamento geografico in secundis, e da una moneta fortissima in tertiis, dimostra chiaramente che c'è sempre un Europetta titubante, pronta a condividere i profitti, ma riluttante ad accettare le perdite, specialmente quando le si chiede di incominciare a perdere un po' del proprio. In parte è comprensibile, in parte, forse, la cosa è molto più subdola di quanto David ci vuole far credere. Dulcis in fundo, la verità, forse, è che le lobby britanniche non vogliono che il Regno Unito faccia parte di una UE futura dove per loro la "pacchia" finirebbe, più di quanto potrebbe finire per le Multinazionali continentali.

In soldoni, se la UE fosse centralmente più forte, ci potrebbero essere due facce della stessa medaglia da comparare. Da un lato, l'influenza delle lobby continentali avrebbe certamente da perderci in una vera politica europea unitaria – e questo si vede - dominata da forze politiche elette da tutti i cittadini europei che potrebbero chiedere unioni fiscali o politiche fiscali unitarie per ridurre l'evasione fiscale oppure chiedere l'abolizione da tutta la zona Euro dei paradisi fiscali o delle società off-shore, cose alle quali ricorrono tutte le lobby d'Europa che sottraggono tasse ai loro Paesi di origine, ergo, PIL. Da un altro lato, anche la GB potrebbe avere il medesimo problema, ossia che le sue lobby vedrebbero le proprie attività di lucro regolamentate più che altrove. In Inghilterra, c'è tuttavia anche una forte opinione pubblica antieuropeista, come ho già evidenziato - anche grazie a percezioni negative che paesi UE come l'Italia di B. e la Grecia di Papandreu hanno saputo alimentare e trasmettere durante questa crisi.

Vedremo se il Regno Unito, che pensa ancora di essere all'altezza del tempo che fu, quando sfruttava alla grande le colonie del suo impero, potrà fare meglio senza l'Europa!

Nondimeno l'UE attuale continua ad avere seri problemi, ai quali i padri fondatori non avevano certamente pensato, ben più pesanti di quelli che emergono in superficie: per l'appunto le lobby economiche e finanziarie che controllano o influenzano i sistemi economici di intere nazioni UE e influenzano così il medesimo destino dell'Europa, sono ben più che una realtà, come l'insediamento del governo di Mario Monti ha già dimostrato e come il suo operato con molta probabilità confermerà. Vedremo cosa questi ennesimi accordi ci porteranno.

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