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Abruzzo: "qui la ricostruzione non è mai cominciata"

Intervista a Carmine Basile, presidente Arci Abruzzo, sulla situazione nei comuni colpiti a quasi tre mesi dal terremoto.

A quasi tre mesi dal sisma a che punto è la ricostruzione?

Di ricostruzione non si può ancora parlare. Manca una stima completa dei danni e finora si è provveduto solo a mettere in sicurezza gli edifici di valore storico. Nelle abitazioni in cui il danno è stato lieve, sono i privati ad intervenire. La Protezione civile si sta infatti occupando del progetto Nuove case, cioè della costruzione di nuovi insediamenti abitativi.

Stanno cominciando adesso i lavori di scavo per consentire le gettate di cemento, ma è ovvio che è già molto tardi visto che qui ad ottobre le imprese non lavorano più perché le condizioni atmosferiche non lo consentono. Né si comincerà a lavorare seriamente prima della fine del G8, visto che tutti gli sforzi sono concentrati in quell’area. Probabilmente a fine settembre ci sarà la consegna simbolica di un piccolo nucleo di abitazioni, assolutamente insufficienti per far fronte al fabbisogno. E’ passato il progetto non della new town, perché le condizioni del territorio non l’avrebbero consentito, ma di tanti micro quartieri nuovi, adiacenti ai confini della città, nonostante l’opposizione della popolazione e degli Enti locali. Nel frattempo le scosse continuano. La gente non solo ha paura a rientrare nelle case anche se dichiarate agibili, ma mancano le infrastrutture che consentano di riprendere una vita normale. Nel centro storico l’acqua non arriva e in molte zone non c’è il gas, i negozi sono ancora tutti chiusi. Per fare la spesa ci sono due centri commerciali o i banchetti messi abusivamente per strada con merce a prezzi proibitivi. E tuttavia, i cittadini la cui casa è stata considerata agibile, non hanno più diritto ad accedere alla tendopoli, dove magari sono alloggiati parenti o amici, né ai pasti che lì vengono forniti. Se nel primo mese c’è stata abbondanza di tutto, oggi persino l’acqua viene razionata.

I cittadini e gli Enti locali sono coinvolti nelle scelte?

L’unico ente che viene almeno formalmente coinvolto è il Comune, che però è fortemente condizionato dalla mancanza di una sede e quindi consiglieri e funzionari lavorano in posti di fortuna. La Provincia è stata completamente esautorata, mentre la Regione continua a latitare. Per i cittadini organizzarsi è complicatissimo. Non solo sono sparpagliati tra i vari campi con grosse difficoltà a comunicare, visto che per accedervi è necessario il passed, i controlli sono rigidissimi, ma soprattutto ci sono migliaia di cittadini sparsi negli alberghi della costa, isolati da tutto. Esistono circa venti comitati coordinati tra di loro, che non sono nati nei campi, dove anzi hanno grande difficoltà ad entrare per organizzare anche una semplice assemblea. Nelle tendopoli l’unico contatto esterno è quasi sempre con gli esponenti della Protezione civile. Spesso è lo stesso Bertolaso che vi si reca per raccontare quali miracoli il Governo sta compiendo per loro ed i cittadini, privati della possibilità di confrontarsi con gli altri, gli affidano le loro speranze.

Quanta gente vive ancora nelle tendopoli e con quali sono i disagi anche psicologici ?

Secondo i dati della Protezione civile , nelle tende vivono ancora circa 23.000 persone. La maggior parte dei cittadini dei 49 comuni colpiti sono stati sfollati negli alberghi sulla costa. Lì vivono una condizione ancora più drammatica di chi è rimasto nelle tende: completamente sradicati dal loro territorio e dalla loro comunità, mal tollerati dagli albergatori che vedono ridursi i turisti, senza nessun contatto con chi è rimasto. Nelle tende sono rimasti soprattutto anziani, incapaci di adattarsi alla vita di un grande albergo, dove molti non hanno mai messo piede in tutta la loro vita. La depressione è un fenomeno diffuso. Prima del terremoto gli anziani potevano contare su una rete familiare protettiva ed accudente, che aveva sopperito alla mancanza di strutture a loro dedicate.

Oggi questa rete si è frantumata. Le loro giornate sono assolutamente vuote. Non sono stati organizzati momenti di socializzazione. La Protezione civile ha fatto arrivare da fuori psicologi che poco sanno di queste comunità, mentre i servizi sociali locali sono stati esautorati. Nei campi non è facile nemmeno il rapporto con i volontari, troppo spesso privi di competenze specifiche e di un’adeguata formazione. Il senso di distanza con gli sfollati è anche simbolicamente reso evidente dalla divisa che sono costretti ad indossare: il cittadino è riconoscibile grazie al pass, il volontario grazie alla divisa.

Come è stata accolta la decisione di tenere il G8 all’Aquila?

Per gli abitanti è una vera iattura. I disagi si stanno già moltiplicando e chi può se ne andrà. Gli altri resteranno confinati nelle tende, mentre i controlli sono diventati quasi ossessivi. Hanno chiesto che in questi giorni sia bloccata ogni attività, anche fuori dalle zone rosse, che qui sono due: quella a cui non si può accedere perché non è ancora stata messa in sicurezza e quella destinata al G8 (un’area di 5 km dal centro operativo). Si parla di divieto di usare automobili, di divieto di uscire dalle tende o dalle case se non per motivi documentati, insomma una specie di coprifuoco.

Quali sono le principali attività dell’Arci Abruzzo in questa emergenza?

Siamo impegnati soprattutto in due progetti: in collaborazione con Rai 3 abbiamo realizzato una biblioteca stabile ed una itinerante. Su un autobus fisso chiunque può prelevare il materiale che gli interessa, mentre un altro mezzo gira per i campi distribuendo libri e giochi per i bambini. Ci tengo a precisare che siamo gli unici volontari che sono riusciti ad essere esonerati dall’uso della divisa e questo conta nel rapporto con gli sfollati. L’altro progetto: Ricostruiamo insieme, è rivolto agli immigrati, Insieme alla Caritas formiamo servizi di informazione e supporto logistico a un pezzo di umanità che viveva nella provincia e che, irregolare, era letteralmente scomparso dalla mappa degli aiuti. Ma il grande problema a cui non riusciamo a rispondere data la limitatezza delle nostre forze è il vuoto culturale e di socializzazione. Non ci sono attività aggreganti, manca un programma di attività di animazione, i giovani finiscono per trovarsi la sera nei piazzali dei centri commerciali.

Tutto ciò la aumenta la sensazione di isolamento e la sfiducia. Nessuno qui riesce ad immaginarsi un futuro.

Commenti all'articolo

  • Di giorci (---.---.---.47) 6 luglio 2009 19:50

    Alla fiaccolata eravamo circa 4000. Si è svolta senza incidenti grazie alla responsabilità di tutti. La città e i comuni limitrofi sono DEVASTATI.
    Dalle informazioni addolcite diramate in questi tre mesi non si può avere la sensazione reale di quanto è successo. Alle 3.32 della notte scorsa in Piazza Duomo tra il buio dei palazzi ancora in piedi rispecchiati solo dalle fiaccole regnava un silenzio tombale interrotto solo da qualche megafono e da due cani randaggi che ignari scorrazzavano per la piazza.
    Durante l’attesa delle 3.32 una riflessione.
    Possibile che dopo una simile tragedia, invece di rispettare il dolore della popolazione colpita da lutti e dolori, ha prevalso la sfortunata idea di indire il G8 proprio nella zona che aveva bisogno oltre agli stanziamenti finora negati soprattutto di comprensione umana. Invece da mesi tutto l’impegno si è concentrato sul G8 tralasciando completamente la ricostruzione del centro storico (mai iniziata), lasciando a se stessa la gente dentro le tendopoli e negli alberghi della costa senza nessuna informazione su come si pensa di affrontare l’emergenza nei prossimi mesi / anni. Oltre alla distruzione quasi totale delle abitazioni l’intero tessuto socioeconomico è distrutto. Metà dei nostri concittadini sono esiliati sulla costa lontani dalle loro abitazioni , stressati e impauriti temono il ritorno . La scelta si sta rivelando sbagliata e irresponsabile.
    Solo per motivi di immagine personale si è scelta L’Aquila come sede del G8 smuovendo ben tre regioni con tre sedi differenti (Maddalena, L’Aquila e Roma) con dispendio enorme di fondi pubblici e di uomini che potevano essere benissimo impegnati nella ricostruzione dell’Aquila.
    Alla viglia del meeting con circa 60 scosse al giorno i Grandi della Terra non hanno idea di dove dirigesri. Solo un mago come Berlusconi poteva fare una simile frittata. 

  • Di Nino Federico (---.---.---.100) 7 luglio 2009 00:41

    Lavoro a Roma ed ho un collega abruzzese che fa il pendolare. Lui la pensa diversamente, noi spesso gli domandiamo, cerchiamo di sapere come stanno le cose e pare che tutto vada per il meglio.
    Noi che non siamo abruzzesi, che abbiamo avuto la fortuna di non essere lì quella tragica notte vorremmo sapere la verità. E’ doloroso non capire da quale parte stia il vero, ci basterebbe pure una via di mezzo per sapere che i nostri soldi non vengono sprecati ai danni di chi già ha perso tutto o addirittura i propri cari.
    Sarebbe bello avere anche su questo stesso sito una serie di testimonianze serie e senza influenze politiche per capire i nostri amici abruzzesi quanto dovranno ancora penare.
    Grazie

  • Di (---.---.---.22) 7 luglio 2009 10:46

    Sarebbe bello anche per noi aquilani che si divulgasse la verità. Non so chi sia il suo collega abruzzese, forse non è aquilano, forse non è uno sfollato che vive in tendopoli da tre mesi, forse non ha letto la legge con la quale il Governo finge di voler ricostruire un territorio.
    Di solidarietà ne abbiamo vista tanta, non ci è stato fatto mancare nulla di materiale, e di questo saremo eternamente grati agli italiani e ai volontari. Ciò che manca ora il futuro di una comunità. Un tessuto sociale che non potrà rinascere senza le risorse giuste, finalizzate ad una ricostruzione efficace, nel rispetto della composizione sociale, edilizia e patrimoniale del territorio.
    Il rischio serio che corre L’Aquila con tutte le sue 64 frazioni è che la popolazione, già dall’autunno, si riduca ad un terzo. Così come l’economia, già depressa prima. Così come il pregio culturale ed artistico di una delle più belle città d’arte d’Italia. 

  • Di paolo praolini (---.---.---.104) 11 luglio 2009 23:54

    Bella intervista.
    Portate qui le vs testimonianze, Agoravox è il portavoce degli aquilani.
    Vorrei sottolineare che se i soldi per la riparazione e la ricostruzione delle abitazioni fossero stati stanziati velocemente come per il G8 forse qualcosa in più sarebbe stato fatto.
    Ma gli Aquilani probabilmente sono di serie ’B’...


  • Di Fabio Pari (---.---.---.17) 28 luglio 2009 19:56

    Rimane sepolta nell’oblio è la situazione dei terremotati d’Abruzzo.

    Apprendo oggi dal cartaceo di Repubblica che il "piano casa" per il capoluogo abruzzese è una farsa ai limiti della decenza.
    Le abitazioni non bastano per tutte le tredicimila famiglie sfollate, delle quali troveranno una sistemazione solo quattromila. L’amministrazione comunale, per evitare spargimenti di sangue, ha dovuto quindi stilare una graduatoria d’ingresso.

    Una sorta di "CLASSIFICA DEI TERREMOTATI". Per ogni parente vittima del sisma guadagni 5 punti, se hai un figlio minorenne ne pigli 4, due se hai in famiglia un over 85, 1.5 per ogni componente lavoratore e/o iscritto all’Università.
    Perchè a questo punto non fare un reality con tanto di televoto?!

    C’è da dire che almeno l’Aquila ha beneficiato di passerelle mediatiche (come il G8) che, più o meno, hanno aiutato almeno in parte a "sistemare" il centro città. La stessa cosa non si può certo dire per paesi come Castelnuovo (articolo completo), dove il 95% delle abitazioni sono da abbattere e la città è ancora totalmente invasa dalle macerie come fosse ancora il 6 Aprile.

    E la vergogna ancora più grande è che chi (l’opposizione, ndr) dovrebbe denunciare queste cose fino allo sfinimento, senza perdere una sola occasione, invece non dice nulla. Nulla.

    http://fabiopari.blogspot.com/

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